Il caldo estremo e i diritti negati per i lavoratori migranti nei cantieri della Cop28
Un report dell’organizzazione londinese FairSquare denuncia le pericolose condizioni di lavoro a Dubai nei cantieri della già contestata Conferenza sul clima, in violazione anche delle norme nazionali. Temperature estreme e misure di prevenzione inadeguate minacciano la salute e la sicurezza dei lavoratori
“Ovviamente ho mal di testa e mi sento stordito. Capita a tutti con questo caldo. Penso che questo clima non sia adatto agli esseri umani. Ma va bene; abbiamo un lavoro, possiamo provvedere alle nostre famiglie, veniamo pagati in tempo. Di che cos’altro abbiamo bisogno?”.
È inizio settembre 2023 quando un lavoratore del cantiere di Expo City a Dubai rilascia questa dichiarazione ai membri di FairSquare, un gruppo di ricerca e difesa dei diritti umani di base a Londra. Secondo le informazioni raccolte, almeno una ventina di operai del cantiere avrebbero infatti svolto lavori pesanti all’aperto in condizioni di caldo estremo, con potenziali rischi per la loro salute. Un pericolo percepito e dichiarato anche dagli stessi lavoratori: “Credo che un giorno sverrò. Una volta sono svenuto mentre lavoravo al sito nel 2021, prima dell’inizio dell’Expo, ma solo una volta. Questa volta non mi è ancora capitato”; e ancora: “Pensavo di morire ogni secondo che passavamo all’aperto”.
Il sito di Expo City a Dubai è attualmente in fase di allestimento per ospitare il più importante evento annuale sul clima, la 28esima Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (Cop28) che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre 2023. L’uomo stava lavorando al Dubai exhibition and convention centre, dove si svolgeranno le due settimane di negoziati. FairSquare ha raccolto prove e testimonianze di dieci lavoratori nel documento intitolato This Weather isn’t for Humans, pubblicato il 20 ottobre. L’organizzazione ha denunciato le condizioni di lavoro cui sono sottoposti gli operai, costretti a fare lavori faticosi all’aperto che comprendono lo spostamento di oggetti pesanti e di grandi dimensioni e operare su impalcature indossando imbracature, con temperature che sono arrivate fino a 42 gradi a Dubai nei primi giorni di settembre. Dalle informazioni raccolte, inoltre, il lavoro degli operai si è svolto durante le ore più calde del giorno in violazione di una norma nazionale, il cosiddetto “divieto di mezzogiorno”, che stabilisce, per il periodo che va dal 15 giugno fino al 15 settembre, il divieto di lavoro all’aperto in tutti gli Emirati Arabi Uniti tra le 12.30 e le 15. FairSquare dichiara di aver raccolto prove video di quanto denuncia relative a due giorni distinti dell’inizio di settembre. Chiamati a commentare i risultati della ricerca di FairSquare, i portavoce della Cop28 hanno risposto di non essere a conoscenza di violazioni dell’orario estivo di lavoro sul cantiere della conferenza di quest’anno, ribadendo che Cop28 ed Expo City Dubai dispongono di solide politiche e procedure per garantire il benessere dei lavoratori. Secondo i ricercatori, però, quanto messo in atto non sarebbe adeguato.
Un precedente report realizzato da Vital Signs Partnership, una coalizione di organizzazioni per i diritti umani di cui fa parte anche FairSquare, aveva indagato le conseguenze sulla salute delle temperature estreme sui lavoratori migranti negli Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo, che comprende Arabia Saudita, Oman, Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti. Pubblicato a giugno 2023, il documento intitolato Killer heat ha evidenziato come i lavoratori nei Paese del Golfo sono esposti a temperature pericolose per lunghi periodi dell’anno. E proprio gli stranieri costituiscono circa il 90% della forza lavoro del settore privato degli Emirati Arabi Uniti e comprendono circa 600mila lavoratori del settore edile. Svolgono quasi tutti i lavori manuali nel Paese e hanno avuto un ruolo centrale nei preparativi della Cop28. Si tratta di cittadini provenienti da Paesi dell’Asia meridionale e sudorientale e dall’Africa.
Nelle zone del Golfo le temperature estreme non sono fatti rari legati a eventi climatici come le ondate di calore, ma sono presenti dai tre ai cinque mesi all’anno. Per tale motivo, come detto, in questi Paesi sono presenti divieti di lavoro in determinate ore del giorno durante i mesi estivi. Per gli Emirati il divieto copre circa 232 ore all’anno, la metà del Kuwait (460) e il 40% delle ore previste in Qatar (circa 588).
Il caldo estremo e costante sottopone il corpo a stress con conseguenze per la salute altrettanto gravi e paragonabili a quelle provocate da picchi improvvisi durante le ondate di calore. Lo stress da calore può provocare esaurimento (abbondante sudorazione, debolezza, cute pallida e fredda, polso debole), crampi (spasmi dolorosi alle gambe e all’addome, sudorazione), eruzioni cutanee e colpi di calore. Questo in particolare si verifica quando il corpo non riesce più a raffreddarsi o a sudare a sufficienza per evitare che la temperatura interna raggiunga livelli pericolosi che possono causare l’interruzione del funzionamento di organi vitali, portando alla morte. I sono particolarmente a rischio, data la natura fisicamente impegnativa del lavoro, la lunga esposizione al sole e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale che riducono l’efficienza della sudorazione nel disperdere il calore. Inoltre le elevate temperature possono aumentare il rischio di infortuni perché riducono l’attenzione del lavoratore.
I ricercatori definiscono le misure di prevenzione, adottate per i lavoratori di Expo City, rudimentali e arbitrarie, non basate su conoscenze scientifiche. “Purtroppo le normative sul caldo sono in ritardo quasi ovunque. Ma i Paesi del Golfo sono un caso particolare, visti i livelli estremi di calore che si registrano”, spiega ad Altreconomia Barrak Alahmad, epidemiologo e ricercatore del dipartimento di Salute ambientale dell’Università di Harvard che ha collaborato con FairSquare alla realizzazione dei report. Negli Emirati Arabi Uniti, in particolare, si verificano tra i 100 e i 150 giorni in cui la temperatura massima giornaliera supera i 40 gradi. Questi numeri sono alti anche se paragonati a quelli di altre regioni molto calde, come l’India: a New Delhi, per esempio, la media annuale è di 24 giorni.
Secondo FairSquare i governi dei Paesi del Golfo dovrebbero adottare un approccio di prevenzione basato sul rischio, invece che sul calendario, per limitare l’esposizione dei lavoratori alle alte temperature. Alahmad è d’accordo: “Significa che gli operai devono interrompere il lavoro in base a misure effettive sul campo. Per calcolare il rischio, bisogna tenere conto di una serie di fattori: come la temperatura, l’umidità, la velocità del vento, la capacità di adattarsi alle variazioni del clima, il carico di lavoro fisico, l’abbigliamento e così via”, continua il ricercatore. Per i ricercatori è importante bilanciare i tempi di lavoro e di riposo. Per esempio gli operai devono avere a disposizione dieci minuti di pausa programmata all’ombra ogni 50 minuti di lavoro, essere incoraggiati a bere tra i 750 millilitri e il litro di acqua ogni ora, essere dotati di indumenti traspiranti e adeguatamente informati sugli effetti dello stress da calore. Importante anche la presenza di aree di riposo climatizzate e ombreggiate da utilizzare durante le pause programmate.
Diverse ricerche, giornalistiche e scientifiche, sulle condizioni di lavoro dovute al caldo nei Paesi del Golfo sono state condotte negli scorsi anni, ad esempio in occasione della Coppa del mondo di calcio in Qatar nel 2022. Emerge come i lavoratori migranti nel settore delle costruzioni siano a rischio di malattie, infortuni e decessi legati al lavoro. Esiste anche un problema di mancanza di dati pubblici sui lavoratori migranti e in particolare di quelli sui decessi che, in tutta la regione, non riportano cause correlate allo stress da caldo.
Tutti questi fattori presi insieme, afferma FairSquare, sollevano ulteriori dubbi sulla credibilità degli Emirati Arabi Uniti, fortemente sotto pressione fin dalla designazione come sede della conferenza e per la decisione di nominare alla presidenza della Cop28 Sultan Ahmed Al Jaber, dirigente dell’Abu Dhabi national oil co (Adnoc), la compagnia petrolifera nazionale.
Giovanna Borrelli
2/11/2023 https://altreconomia.it/
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