Il cannocchiale del tenente Dumont

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Come gli scrittori liguri, da Francesco Biamonti a Giuseppe Conte, la passione di Marino Magliani per il mare e il paesaggio si fonde in queste pagine con gli ingredienti a lui più congeniali: suspense e tensione, con l’abilità di far rivivere una storia nel suo gioco narrativo.

Marino Magliani ha trascorso gran parte della sua vita in Sud America e in Spagna per poi fermarsi in Olanda, dove attualmente vive. Ma quella striscia di terra, compressa dal mare e dai monti che è la Liguria continua a portarla nel cuore e nella mente ed è sempre in cima ai suoi pensieri. Per questa ragione nei suoi libri non può fare a meno di parlarne.

In un suggestivo scenario storico, descritto con pittoresca minuzia in ogni particolare, nell’estate del 1800, tre soldati napoleonici, esausti e stanchi della guerra, si lasciano alle spalle la campagna d’Egitto, un vero inferno che hanno reso meno brutale e violento grazie alla scoperta di una nuova e piacevole droga che allevierà l’esistenza dura di quel periodo: l’ascisc.

L’uso di questa sostanza, che aiuterà a sconfiggere la malinconia e la sofferenza, si affaccia nel continente europeo e lo si deve alle truppe napoleoniche.

Marino Magliani lo racconta con maestria attraverso i suoi personaggi che sembrano aver trovato un antidoto al loro tremendo malessere.

Travolti dalla battaglia di Marengo, in Piemonte, una battaglia che sembrava vinta e che poi segnò un’inaspettata sconfitta, decidono di disertare e si danno alla fuga.

Inizia per loro una vita alla macchia, latitanti e ricercati. Sulle loro tracce si mettono gli emissari del dottor Zomer, un medico olandese che ha dato alla luce, orchestrando con grande abilità, un particolare esperimento sanitario per indagare sugli effetti che produce la nuova sostanza,

Smarriti e rapiti da un bellissimo paesaggio ligure, affascinante e per certi aspetti visionario, si muove una vita avventurosa con i sentimenti sempre in bilico, in una terra che pullula di spie, e uniformi ormai tutte dalla parte avversa e nemiche, ecco che Lemoine, capitano erudito e di raffinata intelligenza, Dumont, con il grado di tenente e grande sognatore, e Urruti, rude soldato basco, incontrano sulla loro strada amori contrastanti e grandi rimpianti.

Scivolando verso questa perdizione cercheranno con un po’ di fatica di scrollarsi di dosso la storia, quella con la esse maiuscola, quella che li ha portati fino lì.

Nella loro piccola, drammatica esistenza, questi personaggi sono costretti a vedere la grande tragedia della guerra sotto angolature diverse, ma si trovano marchiati per sempre e relegati nel lato d’ombra della vita.

La fuga è anche l’illusione di un riscatto che loro inseguono come il punto dell’orizzonte e più sembrano avvicinarsi più il punto si allontana. L’orizzonte dove sognare un altrove per ricominciare da capo, dove raggiungere quella libertà che si è persa durante il cammino.

Ma la vita li segue ovunque. Ovunque tesse la sua rete di rapporti umani, riproponendo invariati i suoi dilemmi e i suoi problemi. In quell’altrove si rischia veramente di ritrovare quel sé stessi da cui si voleva fuggire.

Marino Magliani costruisce con affascinante maestria e abilità questa vicenda ambientata nell’inizio di due secoli fa, esattamente nel 1800, combinando la fonte storica con il sapore del romanzo mainstream

I paesaggi si fronteggiano in un intercalare ininterrotto, quello abbacinato e stordito con l’incanto sul Mar Ligure e la piana piemontese di Marengo che ha conosciuto il passaggio dell’esercito napoleonico. Due terre vicine, che hanno un punto di tangenza nei confini, anch’essi incerti, che si rivelano man mano che si svolge la vicenda.

Una storia che abbraccia intensamente il senso della realtà che è un tratto caratterizzante di queste pagine perché si realizzano all’interno paesaggi rurali dimenticati da Dio a paesaggi di una bellezza incantevole. Come in un romanzo d’avventura vecchio stampo.

Anche in questo caso Marino Magliani conferma il suo talento nel saper ambientare una storia in luoghi particolarmente favorevoli a rappresentare le vicende raccontate.

È l’evolversi di una storia che è anche un tango, con quel ritmo che si spezza improvvisamente e poi riprende e porta con sé quella miscela di passione e di avventura.

Il cannocchiale del tenente Dumont è un romanzo orchestrato con il grande respiro delle narrazioni tradizionali e tutta la sapienza del romanzo contemporaneo capace di catturare il dramma di quasi un secolo in un intreccio di storia collettiva e destini individuali.

Giorgio Bona

Scrittore – Collaboratore redazione di Lavoro e Salute

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