Il capitalismo con il grillismo. Il pifferaio magico
Il grillismo straripa, l’idealità si diffonde come principio, come filosofia di vita adatta a curare un malato terminale: il ceto medio. Quello che fa classifica, quello che conta, quello che morirà di crepacuore. E’ molto semplice attaccare il grillismo, basta parlare di Soros e del suo cavallo di Troia, della banche per il piccolo e medio credito a disposizione, delle amicizie influenti, dei padri fascisti, dei finti comici o finti politici, della Raggi e i suoi gorgheggi, ecc ecc. Come se gli altri partiti fossero immuni da colpe. Queste note di colore, seppur doverose, condividono uno stadio e si dividono in due tifoserie, sto con Grillo, da una parte; sto contro Grillo dall’altra. Certo, il panorama politico non presenta dei fenomeni da tenere sul petto, quindi pare doveroso sceglierli. Il m5s non parte da un’ideologia, incorpora le presunte condizioni sociali e presenta le nozioni, come un maestro che corregge i compiti. Per parlare di grillismo, sarebbe opportuno citare anche i Modernisti, i famosi Mod, una sottocultura abbracciata negli anni 50/ 60 dai giovani inglesi. Il Modernismo consacrava la sintesi, la semplificazione del dissenso, non più la lettura attenta degli eventi, la passione per un tipo di letteratura o musica, ma la massificazione, la standardizzazione. Nacque per l’esigenza dei giovani inglesi di ribellarsi ai padri e al potere costituito. La subcultura esplose all’improvviso, tutti si sentivano parte integrante, ma la ribellione si fermò alle pasticche. Il seguito è una storia di rivoluzionari con giacca e cravatta, magari un po’ sfasati, ma profondamente riverenti al capitalismo.
Dalle mie parti, vengono chiamate “li carte falze”, le carte false. Vanno e vengono sapendo d’esser false. Credo sia inutile spiegare quanto i Modernisti fossero figliocci benedetti del qualunquismo, altra indulgenza a favore del privilegio. La storia si rifà viva, quando i commensali siedono tutti a tavola, infatti è proprio l’odio verso la casta a legittimarla; in realtà vive per diventare casta. Il grillismo finge di cambiare lo stato di fatto, affossando gli ideali, sintetizzando quel che va spiegato, ingerito e compreso. Il m5s muove i fili, tende la mano e la ritrae, combatte i nomi altisonanti del sistema, poco importa si tratti di Renzi, Berlusconi o altri fantocci, non combatte un sistema. Il Modernismo dei giorni nostri s’arpiona dentro i discorsi sterili, limitando le scorribande nel deserto in cui manipola le menti deboli, quindi non va sottovalutato. Il m5s si promette di cambiare, giocando con carte nuove, ma sempre nello stesso gioco. La loro ambizione di cambiare, correggere, aggiustare il capitalismo potrebbe essere l’ultimo capitolo di questa squallida storia, comunque pericolosa. Far credere che il m5s possa invertire la rotta, contrastare le multinazionali è già un bel biglietto da visita, se poi è un comico a dare le indicazioni, allora possiamo fare a meno di dormire. Il sistema non si combatte cambiando i vestiti, il nome, il colore dei capelli, ma con la predisposizione a coesistere e lottare dal basso, per colpire i punti nevralgici del potere, come potrebbe essere la borsa, tanto per fare un esempio e allacciarmi a Lenin. Ah, già Lenin! lui non era un comico. La dirigenza del m5s è composta dai figli dello stesso inganno, la protesta che s’accoda alle condizioni del padrone, un diversivo senza colore. Adepti della nuova democrazia diretta e orchestrata dal sistematico opportunismo, sono i nuovi talenti formati e promossi dal capitalismo, i protagonisti del “molto rumore per nulla”, del facile entusiasmo intorno a una piccola variazione di programma, spacciata per rivolta. Il grillismo somiglia in maniera spudorata all’antipartito descritto da Gramsci, anche lui non era un comico. Il capitalismo non va riformulato, riadattato, corretto, accomodato, sistemato, risistemato o riparato, il capitalismo va abbattuto. Non badate a chi vi dice “ormai è tardi”, perché quello è il punto dove vogliono farvi arrivare, a dire che adesso non c’è più nulla da fare, lasciandovi nella speranza divina. Semmai è il capitalismo a dover chinare il capo, perché ha distrutto la poesia del mondo, i sogni degli uomini e delle donne, ha sottratto l’affettività credendo di poterla sostituire con l’agio, il privilegio, il benessere fittizio. Il capitalismo è un cancro da estirpare.
Antonio Recanatini
Poeta, scrittore.
Collaboratore redazionale del periodico Lavoro e Salute
Articolo pubblicato sul numero cartaceo di maggio di Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org
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