Il contadino invisibile la strenna di Natale della Signora Ministro dell’agricoltura Bellanova
“Oste è buono il vino? Certo!” –
(a.o. dicembre 2020) –
Faccio parte di quelli che da moltissimi anni parlano
dell’invisibilità dei contadini, più in generale, dei lavoratori della
terra, in questo grande paese agricolo. Con l’attuale ministro questa
definizione perde di valore. Le sue dichiarazioni e, peggio, gli atti
amministrativi che propone sembra proprio che abbiano lo scopo di
rendere visibili gli invisibili. Di andarli a cercare per colpirli. Nel
peggiore dei modi, impedendo loro di mantenere quel poco di autonomia e
dignità che sono riusciti a conservare nel corso dell’ultimo mezzo
secolo, frutto di battaglie spesso silenziose, “invisibili” ai più,
solitarie o collettive, con qualche raro supporto della politica, più
eccezioni che giustificano la regola, dovute all’intelligenza e
sensibilità di alcuni politici, nel Parlamento o fuori.
Possiamo prendere alcuni degli ultimissimi atti del MIPAF, come la
convenzione tra AGEA e le organizzazioni professionali agricole o i 4
decreti legge sparati in rapidità e silenziosamente in Parlamento per
stravolgere le leggi nazionali ed europee che regolano il mercato delle
sementi.
E’ tempo di semina, il tempo – dopo le piogge – permette di tornare nei
campi. Cominceremo, quindi, dalle sementi. Dati alla mano, quelli che è
possibile trovare, ci mostrano un mercato globale dominato da 6 imprese
multinazionali, la prima con una cifra d’affari oltre i 12 miliardi di
dollari, la sesta con una più modesta del valore di 1, 4 miliardi di
dollari. Poi c’è un gruppo più numeroso di imprese che viaggiano tra il
miliardo di dollari ed i 100 milioni di dollari. Quelle più piccole non
contano un granché, comunque, sotto i 10 milioni di dollari non vengono
neanche censite nei dati globali.
In Italia, nel settore delle sementi agricole e orticole, le
microimprese rappresentano più della metà del numero totale di aziende
sementiere (53%); un terzo sono piccole; 12% media e 1,5% grande. Nel
settore dei materiali di moltiplicazione della frutta e della vite,
quasi tutte le aziende sono microimprese. Il volume d’affari TOTALE è di
circa 700 milioni, che non è poco per il paese. Può una qualche impresa
italiana pensare di competere con i monopoli globali? No di certo se
vuole competere sullo stesso spazio di mercato immaginando di immettere
sul mercato varietà frutto di genoma editing tanto innovative da essere
competitive. Al contrario avrebbe senso, anche in termini industriali,
lavorare sulle specificità agro ecologiche dei nostri territori,
specializzarsi in un mercato molto segmentato e specialistico di varietà
legate alle DOP e IGP o alle esigenze di industrie agroalimentari di
qualità. Usando il “GMO free” come una barriera “non tariffaria”. In
effetti “ experts have described the emergence of biotechnologies as the
key driver of the consolidation process that has taken place in the
global seed industry”.1 Detto diversamente, più un’industria dipende
dalla vendita di sementi OGM, vecchi o nuovi, e più entra in processo di
concentrazione. I piccoli sementieri, quindi, sono destinati ad essere
facili prede, anche quelli più grandi nel mercato nazionale, sotto a 100
milioni di dollari di fatturato.2 I dati generali ci danno ragione. La
contesa sul mercato nazionale rischia di cancellare i piccoli per far
spazio prima a monopolisti nazionali e poi, inesorabilmente, a quelli
multinazionali perchè “France, Germany and Italy account for more than
half of the EU seed and plant reproductive material market, which is the
third biggest in the world”. E allora si modifica la legislazione
sementiere nell’illusione che qualche grossa impresa sementiera
nazionale possa aumentare la sua fetta di questo importante mercato,
rompendo il “GMO free”.
Ma non tocca ai contadini dare consigli alle industrie. Noi dobbiamo difendere i nostri diritti.
I decreti proposti dal Ministro dell’agricoltura non ci vanno certo
leggeri sulla questione dei diritti degli agricoltori sulle sementi. Già
al primo articolo del decreto che riordina il settore sementiero (211)
scrive “….È altresì considerata produzione a scopo di
commercializzazione quella effettuata da cooperative, consorzi,
associazioni, aziende agrarie e altri enti anche se al solo scopo della
distribuzione ai propri associati, compartecipanti e dipendenti. Inoltre
considerata «produzione a scopo di commercializzazione» anche ogni
lavorazione di prodotti sementieri, le attività di selezione di granella
per reimpiego aziendale, nonché la selezione di sementi, effettuata per
conto di terzi”. Per favore, non ci vendete la storia che questo già
era previsto in una legge del 1973, perché il ITPGRFA3 e la legge
d’applicazione in Italia dovranno aspettare 21 anni ancora prima di
entrare in vigore. Ma ora sono quasi 20 anni che è in vigore e quindi
non si può violare. Vietare la risemina del raccolto, questo è quello
che prevede il DL, cioè obbligare gli agricoltori a ricomprare la
semente ogni anno, per legge. Solo Suharto dittatore indonesiano,
inviava i militare nei campi per controllare che i contadini non
avessero riseminato il raccolto di riso. Magari le ditte sementieri,
ispiratrici della Signora Ministro, sognano di fare altrettanto? Come
dicevamo, contraddice i dettami dell’ITPGRFA ma anche le norme vigenti
sui contratti di acquisto di beni. “La vendita è il contratto che ha per
oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento
di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo (1470 c.c.)”.
La formulazione dell’art. 1470 cod. civ. toglie ogni dubbio: per
l’art.1470 cod. civ. il venditore deve trasferire la proprietà della
cosa che vende pertanto il venditore di sementi non può imporre obblighi
all’uso di queste da parte del compratore, l’agricoltore, che potrà in
tutta libertà disporne gli usi, compresa la risemina attraverso la
selezione di granella per reimpiego aziendale. Inoltre i contoterzisti
non effettuano nessuna “selezione di sementi” – come si sostiene nel DL –
ma solo operazioni di servizio presso l’azienda dell’agricoltore,
operazioni di servizio che consistono in pulitura della raccolta con
macchinari adeguati.
C’è qualcosa che – accettato a livello internazionale, sia
dall’accademia che dall’istituzioni – è ignorato nel nostro paese.
Esistono due sistemi sementieri strutturati: quello industriale, gestito
dalle imprese sementiere, e quello “contadino” (ufficialmente definito
come “informale”) che gestisce in modo dinamico la biodiversità in
azienda adattando attraverso la coltivazione varietà e popolazioni di
piante. Il sistema sementiero contadino è di fatto separato dal sistema
sementiero industriale basato su varietà iscritte al catalogo, sulle
regole UPOV (in Europa) e su un sistema giuridico incentrato sulla
protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Quello contadino si
basa sulla conoscenza, l’adattamento e una costruzione giuridica
radicata nei diritti collettivi dei contadini che dall’inizio
dell’agricoltura hanno prodotto la diversificazione di piante ed animali
attraverso l’addomesticamento e l’adattamento a concreti sistemi
ecologici, sociali e culturali. I decreti proposti dal MIPAF non tengono
assolutamente conto di queste due realtà distinte e intendono
sottoporre tutti alle regole applicabili per il sistema sementiero
industriale, riservando la vendita diretta da agricoltore ad altri
agricoltori di sementi o materiali di moltiplicazione solo per le
varietà, comprese quelle dette “di conservazione”, iscritte al catalogo,
di fatto costringendo gli agricoltori a diventare “ditte sementiere” o a
rinunciare allo scambio con altri agricoltori, pratica fondamentale per
rinnovare la propria semente ed aumentarne la variabilità. Gli
agricoltori che vogliono diventare ditte sementiere ne hanno il diritto
ma la loro attività è altro da quella agricola, del coltivare
raccogliere e tornare a coltivare, è semplicemente un altro mestiere.
La Signora Ministro chi ha consultato prima di redigere i decreti? Se ha
consultato le organizzazioni professionali come non vedere un conflitto
di interessi tra il mandato istituzionale di queste
organizzazioni “rappresentare e difendere gli interessi degli
agricoltori” ed il fatto che sono comproprietarie di industrie
sementiere 4 di cui debbono promuovere e difendere lo spazio di mercato?
In tempo di “lavoro intelligente” ci dicono che anche l’agricoltura
deve diventare “intelligente”, “di precisione”, deve digitalizzarsi.
Soldi pubblici europei e nazionali finiranno a sostegno di queste
trasformazioni. Nessuna illusione, l’enorme parte di queste risorse
andranno per l’assistenza tecnica alle aziende attraverso i CAA5 di
proprietà delle organizzazioni professionali agricole. A questi soldi si
aggiungono quelli per le pratiche relative alla implementazione delle
misure della PAC. Penserete che tutto questo ben di Dio sarà gestito
attraverso “la mano invisibile del mercato e le leggi sacre della
concorrenza”. No! sarà gestito in esclusività dai CAA di alcune
organizzazioni professionali sulla base di una convenzione che affida ai
CAA la tenuta e il controllo dei fascicoli aziendali. Ma l’agricoltore
imprenditore o il contadino lavoratore potranno accedere a queste
risorse finanziarie liberamente o attraverso un professionista di loro
scelta? No! avranno l’obbligo di passare attraverso un CAA o rinunciare.
Ci si iscrive, si paga e loro ti fanno accedere al tuo fascicolo
aziendale. Mi ricordo di una spiegazione che ci era stata data “gli
agricoltori farebbero confusione se accedessero direttamente al loro
fascicolo aziendale”, ma lo sanno che gli agricoltori – come milioni di
altri italiani – gestiscono il loro conto in banca con il telefonino?
Senza fare confusione.
Ci prendono per imbecilli. Evito di citare il vecchio adagio “contadini,
scarpe grosse…” ma come non sorridere alle parole del presidente dei
Caa Coldiretti Nicola Di Noia che sostiene «Una polemica ridicola e
offensiva. Noi lavoriamo per il bene dell’agricoltura italiana e ci
mettiamo la faccia tutti i giorni, anche andando contro interessi molto
grandi». E continua “ “…i Caa Coldiretti sono Srl che seguono le
indicazioni del ministero e svolgono funzioni pubbliche delegate. Poi
che quasi tutti gli agricoltori che vengono da noi decidano di
associarsi è un altro discorso. …” . Ecco il punto: ci si associa per
avere accesso alle risorse pubbliche messe a disposizioni
dell’agricoltura? Ma questo meccanismo non inficia rappresentanza e
rappresentatività? Non c’è nessuna sorpresa nell’intervento della
Signora Ministro che quando non sa come rispondere, se la prende con
Bruxelles, come Salvini. Infatti, ci dice la stampa “La ministra
Bellanova ha risposto a un’interrogazione parlamentare dicendo
sostanzialmente che è l’Europa ad aver chiesto di modificare i rapporti
con i Caa. Agronomi, periti e agrotecnici sostengono il contrario. E
minacciano di rivolgersi a Bruxelles per far valere le loro ragioni”.
Sarà vero che Bruxelles chiede di appaltare con convenzioni di
esclusività l’accesso alle risorse pubbliche? Magari è la stessa scusa
adottata dal MIPAF per stravolgere la legge sementiera nazionale mentre,
in realtà, “Bruxelles” si è data un anno di studio poi un lavoro
durante il 2021 per scrivere una bozza del nuovo regolamento “sementi” e
quindi approvazione in parlamento e via di seguito. Quindi, al momento
non c’è nessuna norma comunitaria a cui adeguarsi. Tornando ai CAA, si
sostiene che il patto con il cartello delle organizzazioni professionali
“ridurrà la burocrazia”. Sarà, ma non era più semplice garantire
l’accesso diretto al fascicolo aziendale e, per l’assistenza, lasciare
la scelta all’agricoltore, che avesse deciso di farsi assistere, di
rivolgersi ad un professionista di sua fiducia o ad uno dei tanti CAA
non necessariamente legato alle organizzazioni professionali?
S’è fatto giorno, anche se è vigilia di festa, animali e semina non
aspettano. E, a conferma della passione per questo mestiere, mi verrebbe
di dire “meglio un contadino oggi che un deserto domani”. Buone feste e
non ce ne voglia Signora ministro, in fondo noi contadini siamo quelli
che producono almeno il 70% (FAO) di quello che finisce sulle tavole
degli italiani, anche la sua.
1 https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/note/join/2013/513994/IPOL-AGRI_NT(2013)513994_EN.pdf
2 SIS: “Il bilancio 2018 ha chiuso con un fatturato vicino ai 45 milioni di euro” . In https://adhoccommunication.it/wp- content/uploads/2019/05/CS-SIS-SISemina2019.pdf . Fondata nel 1947, S.I.S, Società Italiana Sementi, oggi parte del gruppo agroindustriale B.F. Spa, rappresenta la prima azienda del settore sementiero a capitale 100% italiano. Grazie alla qualità e alla professionalità sviluppata da SIS nei suoi 70 anni di storia, l’azienda ha consolidato la propria leadership raggiungendo un fatturato di circa 45 milioni di euro con un ebitda e quote di mercato oltre il 20% per il grano tenero, nel grano duro supera il 30% e del 20% per il riso.
3 ITPGRFA – TRATTATO INTERNAZIONALE SULLE RISORSE FITOGENETICHE PER L’ALIMENTAZIONE E L’AGRICOLTURA
4 SIS: idem
5 I CAA sono dei soggetti privati ai quali AGEA delega i compiti di istruttoria dei fascicoli aziendali delle imprese agricole; i CAA, previo mandato scritto del titolare dell’azienda, predispongono, validano ed inviano agli organismi pagatori, le istanze di erogazione degli incentivi, premi e indennità. (AGEA)
26/12/2020 http://www.rifondazione.it
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