Il contributo dei rom alla cultura
“Il contributo dei rom alla cultura”. Per molti questa frase suona strana: “E quale contributo hanno dato i rom alla cultura?”, penseranno. Lo stereotipo del rom è di accattone, ladro, nullafacente, impostore, vagabondo, nomade. Brutti, sporchi e cattivi e anche ignoranti.
Eppure tra pochi giorni (8 aprile) si festeggerà la Giornata internazionale del popolo rom, istituita nel 1990 e riconosciuta dall’ONU, per fare conoscere e celebrare la cultura romanì (il popolo romanì si compone di vari sottogruppi – sinti, rom, kalè, romanichal, ecc. – tutti accomunati dalla medesima lingua, simile all’antico sanscrito, da determinate tradizioni e da una lunga storia di discriminazioni e persecuzioni da parte dei “non-zingari” [nota 1]).
Allora cerchiamo di conoscere qual è il contributo che i rom hanno dato all’umanità.
CINEMA
Pochi sanno che il più grande cineasta di tutti i tempi (sceneggiatore, regista, montatore, attore, produttore e autore delle musiche) è un rom: stiamo parlando di Charlie Chaplin. Figlio di due attori girovaghi di etnia rom; nato su un carro; “conosciuto” dallo Stato solo all’età di 2 anni (all’anagrafe non risultava); vissuto per un paio di anni in un ospizio per bambini poveri (la Central London School, che in un enorme casermone “curava” oltre mille bambini); poi “attore comico” (alias pagliaccio) in un circo, insieme al fratello. Chaplin non ha mai detto in vita di essere un rom (forse aveva già avuto abbastanza problemi e non voleva averne altri). Solo dopo la morte (grazie anche a figli) si è conosciuta la verità.
Eppure lo si poteva immaginare perché la poetica di Chaplin è profondamente rom: Charlot è un vagabondo, uno che vive alla giornata, un discriminato, il perdente per antonomasia perché schiacciato da una società a lui estranea, uno non attaccato al denaro, generoso fino alla prodigalità, pacifista, sempre pronto a ricominciare, a fare baldoria, a ridere, cantare, ballare; il suo “nemico” è il poliziotto, la “gente per bene”, lo Stato, che non è il suo Stato. Insomma Charlot è lo stereotipo del rom per il popolo romanì.
Tra i rom che hanno dato un contributo alla settima arte vanno ricordati anche Michael Caine e Yul Brinner (entrambi hanno ricoperto la carica di presidente della Romanì Unione, l’associazione mondiale dei popoli romanì), Rita Hayworth, Antonio Banderas, Bob Hoskins.
MUSICA
Il contributo dato alla musica da parte del popolo romanì è generoso e sotterraneo. Fonti storiche evidenziano che fin dal XVI secolo gitani, lautari, rom, kalè suonavano presso le corti (Spagna, Ungheria, Russia) e i palazzi nobiliari. Erano famosi per un modo tutto loro di suonare (in particolare il violino) e per l’arte dell’improvvisazione.
Molti sono i musicisti che si sono ispirati alle loro musiche o che le hanno trascritte, orchestrate “arrangiate”:
Haydn: il Trio in sol maggiore termina con un rondò in stile zingaro, il Quartetto n.4 ha un movimento alla zingara e il Concerto per pianoforte una danza ungherese (in realtà zigana).
Schubert: secondo alcuni musicologi la melodia del famoso Momento musicale n. 3 è rom.
Brahms: le famosissime Danze ungheresi sono in maggioranza danze zigane ascoltate da Brahms e “arrangiate” (di qualcuna oggi si conosce anche il nome dell’autore). La czarda, infatti è una composizione di origine rom, poi utilizzata da compositori ungheresi e anche italiani: per esempio famosissima è quella di Monti. Altre composizioni di Brahms spirate alla musica romanì sono i Canti zingari op. 103 e il rondò alla zingaresca del piano Quartetto n.1.
Listz: le rapsodie ungheresi sono piene di musiche zigane. Listz fu il primo che indagò i rapporti tra musica romanì e musica ungherese e scrisse anche un libro nel quale evidenziava che gran parte delle musiche popolari ungheresi erano in realtà rom [2]. Per questo suo scritto fu molto criticato dagli ungheresi.
Ravel, dopo avere ascoltato un violinista romanì lo interrogò a lungo per capire la tecnica e gli stilemi. Poi si chiuse in casa per alcuni giorni e compose Tzigane per violino e pianoforte (poi orchestrata).
De Falla ha compiuto studi sulla musica gitana e in particolare sul Cante Jondo (canto profondo), la forma più antica del flamenco (che è una danza gitana) e si è ispirato a tali musiche per varie sue composizioni (per esempio in El amor brujo, El Sombrero de tres picos e nelle 7 Canzoni popolari spagnole).
Bartok: una delle sue più popolari composizioni, Danze rumene, sono ispirate alla musica dei rom lautari.
De Sarasate ha scritto Arie zingare, Saint-Saens Danze zingare, Dvorak Melodie zigane, Debussy la Danse bohemienne, Ligeti il Concert romanesc.
Con una lunga tradizione di improvvisatori non stupisce che molti “zingari” siano diventati jazzisti e che esista un particolare tipo di jazz (jazz manouche) tipicamente romanì. Massimo esponente di questo stile è Reinhardt Django, musicista sinto dal precocissimo talento per il banjo (django nella lingua romanì significa talentuoso, geniale). Quando aveva 18 anni il carro sul quale abitava prese fuoco e si ustionò gravemente la mano sinistra, che, mal curata, riportò l’atrofizzazione e la fusione del mignolo e anulare. Con enorme tenacia e inventiva sviluppò una tecnica tutta particolare di suonare la chitarra e riprese la sua carriera arrivando a suonare con Duke Ellington e a esibirsi alla Carnegie Hall. Non avendo mai frequentato la scuola era del tutto analfabeta (imparò a scrivere il suo nome quando dovette firmare il primo contratto) e digiuno di conoscenze musicali (si racconta che una volta chiese ad altri musicisti che parlavano di scale: “ma cos’è una scala?”).
Nell’ambito della musica leggera vanno ricordati Elvis Presley (la madre era sinti e il padre romanichal), Ronnie Wood (il chitarrista del Rolling Stone, anche lui romanichal), i Gipsy King (kalò) e Goran Bregovich, bosniaco, ma la cui musica è per gran parte rom.
CONTINUA QUI: https://www.facebook.com/pg/Associazione-Marco-Mascagna-204873329551070/posts/ raccontando di pittura (Antonio Solaro e Otto Mueller per fare due nomi), letteratura (Mariella Mehr della quale abbiamo scritto più volte in “bottega”) con gli inviti dell’Unesco e della UE a tutelare leminoranze e le lingue minoritarie … ma in un quadro contraddittorio.
NOTE
1 – Gli appartenenti al popolo romanì sono chiamati in vario modo dai non appartenenti a questa etnia: “zingari”, “zigani”, “gitani”, “bohemien”, “gipsy”, “nomadi”. Essendo eteronimi (come “terrone”, “negro”, “polentone” ecc.) e quasi sempre con valore dispregiativo, tali termini non dovrebbero essere adoperati. Per questo li scriviamo tra virgolette.
2 – Des Bohémiens et de leur musique en Hongrie,1859.
(*) L’Associazione Marco Mascagna si è costituita dopo la morte di Marco Mascagna, giovane pediatra, ambientalista, pacifista, nonviolento, morto tragicamente. L’Associazione è impegnata sui medesimi temi che stavano a cuore a Marco (ambiente, pace, Terzo Mondo, educazione, controinformazione) con lo stesso spirito di totale gratuità e di apertura all’altro (il fare rete è un tratto caratteristico dell’Associazione). La Marco Mascagna è stata tra i promotori di vari coordinamenti (il Cerchio dei Popoli, il Coordinamento delle Associazioni per una mobilità sostenibile, il Nodo di Napoli della Rete di Lilliput, il Comitato Allarme Rifiuti Tossici…)
ISTRUZIONI PER SOPPRIMERE LE ZINGARELLE
di Peppe Sini
Si prenda uno specchio, uno specchio lucente.
Dal sacchetto di sabbia che avete alla finestra
versate in un cucchiaio pochi grani.
Dieci bottiglie d’acqua minerale
basilico, cipolla e un ombrellone.
Aggiungete una folla di bagnanti, un giorno
di festa, afa quanto basta. Dite a tutti
di guardare per un po’ da un’altra parte, il tempo
di prendere le impronte digitali, di scrivere
sul telefonino gli auguri alla morosa, di stringere
bene
il cappio
al collo.
Di diventare ministri. Di varare
le leggi speciali in difesa della razza.
Di riaffermare, giurabacco, la virilità ariana.
E’ così facile, è così igienico.
La
poesia di Benito D’Ippolito (ripresa dai telegrammi quotidiani della
nonviolenza in cammino proposti dal «Centro di ricerca per la pace, i
diritti umani e la difesa della biosfera» di Viterbo, animato da Peppe
Sini) e la vignetta di Mauro Biani rimandano ai numerosi episodi –
alcuni tragici – di cronaca italiana dove poche persone, associazioni e
istituzioni hanno lamentato la violenza contro le bambine, “declassate” a
zingarelle che nel triste gergo corrente significa non umane.
Sulla cultura rom cfr Su «Rom, genti libere» di Spinelli, Elogio agli zingari, Rom al confino in Sardegna e un museo online, Maledetti rom, chiunque siano ma anche Rom e Sinti: colpevoli di tutto (un dossier con saggi di Pietro Basso e Luigi Di Noia), Rastrellate gli zingari, «nemici della nazione» , Porrajmos e «giorno della memoria»,«A forza di essere vento»…, Sostenere la legge di rom e sinti contro il razzismo per l’inclusione e Non sono razzista nè rom, sono Severgnini. Qui un libro bellissimo: “labambina”… senza nome di Mariella Mehr
La vignetta in apertura è di Mauro Biani. L’immagine della statua di Sara la Nera è nella cripta della chiesa di Saintes-Maries-de-la-Mer in Francia dove ogni 24 maggio viene festeggiata come santa da Manouches, Coradores, Sinti e Rom. In evidenza vedete la bandiera rom, che è stata creata nel 1933 e accettata “ufficialmente” nel 1971 dal Congresso mondiale dei rom.
7/4/2021 https://www.labottegadelbarbieri.org
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