Il coraggio di una famiglia
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Il processo per la morte sul lavoro di Mattia Battistetti
Il 3 luglio c’è stata una ulteriore seduta del processo penale per la morte sul lavoro di Mattia Battistetti; è ovvio che a tragici eventi come questo si cerchi di prestare sempre la massima attenzione; non ci sono “morti che pesano come una piuma e morti che pesano come una montagna”; tuttavia raramente riusciamo ad andare poco oltre il cordoglio, la denuncia e il rammarico di non essere “arrivati il giorno prima”.
Per Mattia invece le cose stanno andando diversamente grazie soprattutto al coraggio ed alla generosità dei suoi familiari; occorre essere molto chiari: nessuno vuole dare giudizi di merito su come i familiari si comportano dopo tragedie simili; sono doverosi il pieno rispetto e la immutata solidarietà umana anche nei confronti di chi decide di elaborare il proprio lutto in maniera strettamente privata evitando anche, per esempio, di costituirsi parte civile; la reazione al lutto appartiene ad una sfera intima e soggettiva che non può essere violata con giudizi che propongano “graduatorie di merito”.
Detto questo tuttavia si deve prendere atto che la reazione della famiglia Battistetti al lutto che la ha colpita ha catalizzato energie e risorse prima sopite o disperse fino a creare un movimento di rilievo nazionale grazie alla sensibilità e alla adesione di cittadini , lavoratori, sindacati di base, associazioni, Rete 6 dicembre, comitati operai (come quello di Bassano del Grappa ed altri): tutti uniti nel chiedere “giustizia” in un paese in cui, a tutt’oggi, si arriva a comminare pene ,che purtroppo possiamo eufemisticamente definire “simboliche”.
A meno di due anni di reclusione, come è accaduto per i responsabili dello straziante omicidio sul lavoro di Luana D’Orazio una giovane donna coetanea di Mattia; è nato un movimento che trasforma il dolore in forza per la prevenzione e per il cambiamento , una elaborazione generosa ed altruista del lutto che non resta prigioniero del passato ma si trasforma in bene comune per il presente e per il futuro: MAI PIU’ MORTI SUL LAVORO.
Questo il senso del movimento che i familiari di Mattia – agendo da “portatori di speranze collettive”, per usare una definizione cara ad Alex Langer- hanno innescato. La seduta del 3 luglio ha visto la discussione su obiezioni delle”difese” già affrontate e respinte circa la costituzione delle parti civili nonché la contestazione di un parere espresso da un consulente del pubblico ministro; la prossima udienza presso il tribunale di Treviso è prevista per il 12 ottobre 2023; certamente saranno messe in campo ulteriori iniziative oltre a quelle già organizzate negli ultimi mesi (incontri pubblici a Montebelluna, Castelfranco Veneto, Bassano del Grappa, una mostra, manifestazioni, presidi in tribunale ed altro).
Tutto questo si è concretizzato in un territorio teatro di contraddizioni (altri eventi mortali, lavoro nero, forme di neoschiavismo, esposizione operaia a rischio chimico, vedi “questione Pfas” oggi alla “attenzione” del tribunale di Vicenza ) tutte contraddizioni correlate tra loro rispetto alle quali l’evento tragico che ha colpito Mattia più di due anni fa è, per certi versi, la punta di iceberg; la provincia di Treviso è poi un’area territoriale che ha espresso altre e precedenti forme di “resistenza” che non possiamo dimenticare: per esempio quella di Gabriele Bortolozzo che da operaio si fece “epidemiologo scalzo” e diede il via alla denuncia della epidemia di tumori causati dalla esposizione operaia a fattori di rischio cancerogeno, denuncia da cui scaturì il processo di Porto Marghera.
Da oggi al 12 ottobre -che riproponiamo come data di mobilitazione di rilievo nazionale- siamo dunque in movimento con la “guida morale “e il coraggio dei familiari di Mattia per una “giustizia giusta” che garantisca a tutti un futuro migliore.
Ai suoi familiari ,“portatori di speranze collettive”, il nostro abbraccio
Vito Totire
Portavoce RETE NAZIONALE LAVORO SICURO
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