Il CPR di Palazzo San Gervasio: epicentro di una crisi sanitaria e umanitaria

PH: Emma Barbaro

Un inquietante spaccato raccontato dal dottor Nicola Cocco

Negli ultimi mesi, il Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR) di Palazzo San Gervasio è diventato il fulcro di una grave crisi sanitaria e umanitaria. Le testimonianze di esperti di medicina detentiva, come il dottor Nicola Cocco 1, tracciano un quadro allarmante, con negligenze mediche in costante aumento. Nonostante le ripetute denunce all’autorità sanitaria locale competente e l’avvio di indagini formali, la situazione continua a peggiorare. I casi variano dalla cattiva gestione dei pazienti fino alla morte di persone trattenute.

La tragedia di Oussama: fallimento del sistema sanitario della detenzione amministrativa

Il caso più drammatico è quello di Oussama Darkaoui, un giovane con gravi problemi di dipendenza, morto poco dopo aver assunto la terapia prescritta. Le indagini non escludono la possibilità che la morte possa essere legata anche alla gestione farmacologica del caso. Questo caso evidenzia anche la violazione dell’articolo 3 della direttiva Lamorgese 2, che prevede una valutazione adeguata dell’idoneità di persone con patologie psichiatriche prima della detenzione.

Notizie/CPR, Hotspot, CPA

Nel CPR di Palazzo San Gervasio muore un ragazzo di 19 anni sotto gli occhi attoniti dei compagni

Un’altra morte che non può avere giustificazioni: ad essere sotto accusa è l’intero sistema dei CPR italiani

Avv. Arturo Raffaele Covella

6 Agosto 2024

Nonostante la gravità della sua condizione fosse evidente, Oussama è stato trattenuto in un CPR noto per la sua incapacità di gestire correttamente persone con problemi di salute mentale. La psichiatra che lo aveva visitato aveva confermato la gravità della situazione, ma non è stata intrapresa alcuna azione correttiva. La sua morte rappresenta solo uno dei tanti casi di negligenza in un sistema in cui la tutela dei diritti umani sembra sempre più ignorata.

Altri gravi casi di negligenza

La situazione a Palazzo San Gervasio è ulteriormente aggravata da altri episodi preoccupanti. Un uomo trattenuto con dipendenza e un trauma cranico, causato da una caduta di due metri, è stato lasciato all’aperto su un materasso, esposto al rischio di infezioni a causa di un catetere non monitorato adeguatamente. Solo dopo la minaccia di un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) nell’ambito del progetto “rule 39” 3, il giudice ha stabilito che l’uomo non fosse idoneo a restare nel centro.

Parallelamente, nonostante le inchieste in corso, la somministrazione indiscriminata di psicofarmaci alle persone recluse non è diminuita. In molti casi, questa “camicia di forza farmacologica“, come la definisce il dottor Cocco, richiamando Basaglia, viene imposta per sedare i trattenuti e prevenire proteste, eludendo il diritto a cure mediche adeguate.

PH: Emma Barbaro (Nella voliera umana: gli internati nel Cpr di Palazzo San Gervasio, 2019)
Una crisi sanitaria fuori controllo

Nonostante il CPR di Palazzo San Gervasio sia già oggetto di indagini da parte della magistratura, il centro continua a versare in uno stato di totale abbandono. Non c’è alcun delegato del garante regionale e non sono stati apportati miglioramenti strutturali. Le morti e le negligenze all’interno di questi centri sollevano serie questioni sulla legittimità della detenzione amministrativa in Italia, soprattutto in strutture come i CPR, molto più recenti rispetto al sistema carcerario tradizionale, nel quale è perlomeno presente il cosiddetto “orizzonte di vita” di cui parlava Basaglia.

«Nel carcere c’è: o la speranza di uscire una volta scontata la pena o la comprensione della violazione del “contratto morale”, cioè di aver commesso un crimine che è moralmente inaccettabile e che possa effettivamente giustificare il periodo di privazione di libertà dell’individuo.

Al contrario, nei CPR questi elementi fondamentali sono assenti: in primis perché non vi è una speranza vera e propria di liberazione, anzi essere rilasciati potrebbe potenzialmente significare essere espulso e rimpatriato nel paese di provenienza, vale a dire vedere il proprio percorso migratorio e il proprio futuro andare in frantumi ed in secondo luogo perché non vi è un’effettiva comprensione di quale sia questo “contratto morale” infranto da parte delle persone che vi sono trattenute, che, come sempre, è opportuno ricordare non aver commesso alcun reato».

Approfondimenti/CPR, Hotspot, CPA

CPR e salute: un dialogo multidisciplinare

Confronto sugli effetti patogeni della detenzione amministrativa e sulle forme di resistenza

10 Maggio 2024

Il CPR di Palazzo San Gervasio, secondo il dottor Cocco, è “probabilmente il peggiore in Italia”, una struttura in cui le condizioni di vita e di detenzione non rispettano nemmeno i più basilari standard di dignità umana. L’intero sistema dei CPR, afferma Cocco, è essenzialmente patogeno, poiché provoca sofferenze fisiche e psicologiche. La somministrazione di psicofarmaci, la mancanza di cure adeguate e la gestione negligente delle emergenze contribuiscono a creare un ambiente di abbandono, dove la chiusura definitiva dei centri appare come l’unica soluzione possibile.

PH: Emma Barbaro
Niente mezzi termini: la lotta per l’abolizione dei CPR

La crisi dei CPR si inserisce in un contesto più ampio di violazioni sistematiche dei diritti dei migranti, dal maltrattamento nei campi di detenzione libici alle omissioni di soccorso nel Mediterraneo, fino alla marginalizzazione all’interno dell’Unione Europea. Il termine “migranticidio” 4, descrive perfettamente questa violenza istituzionalizzata, che si manifesta in molte forme diverse, ma con esiti sempre brutali.

Il CPR di Palazzo San Gervasio rappresenta, su piccola scala, l’emblema del fallimento del sistema di detenzione amministrativa italiano, ormai di default per la gestione dei migranti. Ogni morte e ogni caso di negligenza sono la prova che il sistema non funziona e che il diritto alla dignità e alla vita viene messo da parte. La chiusura dei CPR, come afferma il dottor Cocco, è l’unica via percorribile per restituire umanità a coloro che non hanno commesso alcun reato, ma che sono comunque privati della loro libertà.

La battaglia per l’abolizione della detenzione amministrativa, secondo Cocco, non può limitarsi alla riforma dei CPR. Queste strutture non possono essere migliorate: devono essere chiuse. Ogni medico dovrebbe rifiutarsi di dichiarare l’idoneità dei detenuti, poiché nessuno è realmente idoneo a vivere in tali condizioni. La detenzione amministrativa non è riformabile; è una violazione che deve essere eliminata.

PH: Emma Barbaro
  1. Sono un medico infettivologo e lavoro nella medicina penitenziaria di Milano. Dopo essermi occupato di medicina umanitaria mi sono avvicinato alle problematiche delle medicina delle migrazioni e, nello specifico, alle problematiche di salute relative alla detenzione amministrativa e ai CPR. Sono membro della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) per cui coordino il gruppo di lavoro che si occupa proprio delle condizioni di salute delle persone migranti sottoposte a detenzione. Ho collaborato come consulente al lavoro del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Faccio inoltre parte della Rete “Mai più lager – No ai CPR” ↩︎
  2. Qui la direttiva ↩︎
  3. Rule 39 ↩︎
  4. «Si potrebbe perciò formulare una specifica fattispecie di crimine contro l’umanità, il migranticidio, consistente in tutte quelle pratiche istituzionali destinate a provocare la morte in mare di persone che tentano di emigrare ed imputabili, per dolo specifico, a quanti di tali pratiche sono responsabili», Luigi Ferrajoli, professore emerito di Filosofia del diritto Unversità Roma Tre – Migranticidio: lo sterminio dei migranti nel mondo, Il Manifesto (aprile 2023) ↩︎

Serena Sabino

4/11/2024 https://www.meltingpot.org/

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