Il Decreto Piantedosi e l’impatto sulle operazioni di soccorso nel Mediterraneo
PH: SOS Méditerranée
Il rapporto di SOS Méditerranée: quante persone avremmo potuto salvare?
Pratiche di criminalizzazione delle ONG del mare
Vale più la sicurezza dei confini che delle persone. Questo è ciò che sperimenta chi sopravvive alla rotta del Mediterraneo Centrale, una delle più pericolose al mondo, e coloro i quali tentano di soccorrerle, queste vite, ossia le ONG del mare.
Il rapporto dell’organizzazione umanitaria SOS Méditerranée titolato “Il decreto Piantedosi e la prassi dei porti lontani visti da vicino: quante persone avremmo potuto salvare?” 1 traccia i numeri degli attacchi a quello che dovrebbe essere un obbligo giuridico, ossia salvare chi è in pericolo in mare e trasferirlo in un luogo sicuro.
Il decreto-legge 1/2023 recante “Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori” c.d. Decreto Piantedosi, il D.L. n. 145/2024 c.d. Decreto Flussi e la pratica di assegnazione dei porti di sbarco lontani sono gli strumenti primari con cui l’esecutivo ostacola le attività SAR delle ONG in mare, a danno delle vite delle persone.
Prima dell’introduzione del Decreto Piantedosi, si legge dal rapporto della ONG SOS Méditerranée, la Ocean Vikings soccorreva in media 278 persone a missione, numero sceso drasticamente dopo l’applicazione del decreto, in cui se ne contano circa 128 (di cui 143 nel 2023 e 114 nel 2024).
Attraverso i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, inoltre, emerge come 4.225 persone siano morte nel Mediterraneo Centrale a soli due anni dall’applicazione del suddetto decreto.
Ciò che continua ad essere incentivato, invece, sono gli accordi con la Libia: “La riduzione della presenza delle ONG nel Mediterraneo centrale si è tradotta in un aumento delle intercettazioni da parte della Guardia Costiera Libica, che costringe i migranti a tornare nel ciclo di abusi in Libia, tra cui torture, detenzioni arbitrarie, traffico di esseri umani e altre forme di maltrattamento”.
Inoltre, come si evince dal rapporto, nel 2024 i rimpatri delle persone intercettate in mare in Libia sono aumentate del 28% rispetto al 2023.
La Guardia costiera libica è altresì funzionale ad un’altra operazione adottata dal governo per impedire le attività delle ONG SAR: il fermo amministrativo. Infatti, il rapporto della SOS Méditerranée, evidenzia come il non rispetto degli ordini della Guardia costiera libica si sconta con un fermo amministrativo (nello specifico 4 fermi nel 2023 e 10 fermi nel 2024).
Emblematico il caso della Ocean Vikings, raggiunta da un fermo amministrativo dalle autorità italiane proprio per non aver rispettato le “istruzioni” della Guardia costiera libica, dopo aver consentito lo sbarco di 261 persone nel porto di Brindisi, il 9 febbraio 2024.
In totale, dall’entrata in vigore del Decreto Piantedosi i provvedimenti di fermo emanati sono stati 26 ed hanno riguardato 10 navi che svolgono ricerca e soccorso in mare.
Un’altra previsione significativamente restrittiva contenuta nel decreto, riguarda i salvataggi multipli. Le navi di ricerca e soccorso, dopo aver effettuato un salvataggio in mare, devono raggiungere senza deviazioni o ritardi il POS (Place of safety) loro assegnato, vietando l’effettuazione di ulteriori salvataggi.
Queste disposizioni governative contravvengono agli obblighi di soccorso in mare stabiliti dal diritto internazionale, che impongono invece l’assistenza alle persone in difficoltà.
Un’ulteriore pratica, non inserita in nessuna legislazione italiana ma ampiamente utilizzata 2, è quella dell’assegnazione dei “porti lontani”. Alle navi SAR, dunque, vengono assegnati porti, per l’appunto, distanti dall’area marittima del salvataggio e situati principalmente al nord Italia.
Tutto ciò con l’obiettivo di costringere l’imbarcazione a più giorni di navigazione per raggiungere il luogo di sbarco, con diretta conseguenza in termini umani ed economici, e soprattutto limitarne l’operatività nelle “zone calde” della rotta mediterranea.
“Da dicembre del 2022 la decisione di disporre l’assegnazione di porti distanti ha obbligato le navi delle ONG a 735 giorni di navigazione inutile da e verso porti lontani, percorrendo complessivamente oltre 275.000 km dal luogo di salvataggio. Questo si pone in conflitto con quanto disposto dal diritto marittimo internazionale che impone di portare le persone in un luogo di sicurezza non appena sia ragionevolmente possibile e con “la minima deviazione dal viaggio della nave” così da ridurre al minimo il tempo che i sopravvissuti trascorrono a bordo. Negli ultimi due anni, solo la Ocean Viking ha speso 171 giorni di inutile navigazione da e verso porti lontani”, denuncia il report.


Inoltre, la politica dei porti di sbarco distanti aggrava notevolmente la condizione delle persone soccorse, già fortemente vulnerabili, sopravvissute a un naufragio e in taluni casi a soprusi e torture nel paese di origine.
La ripercussione a livello economico tocca altresì dei livelli altissimi, nell’arco di due anni il totale del costo del carburante a carico della Ocean Vikings per la navigazione verso i porti lontani è di 1.332.208 di euro: “Tali risorse avrebbero potuto essere impiegate per finanziare ulteriori missioni di soccorso, contribuendo così al salvataggio di vite umane. Questa prassi, dunque, influisce negativamente anche sulla capacità delle ONG di ricerca e soccorso di mantenere una presenza costante nelle aree di emergenza, ormai sempre più carenti di interventi di soccorso, mettendo in discussione la sostenibilità a lungo termine delle loro operazioni e aumentando l’impatto ambientale legato alla stessa prassi”. A queste perdite economiche si aggiungono le spese sostenute dalle ONG per il pagamento delle multe, pari a 76.263 euro.
Alla buona e doverosa prassi del soccorso in mare portata avanti dalle ONG impegnate nelle attività SAR, si vede associata una forte strumentalizzazione del loro operato. La percentuale delle persone salvate nel Mediterraneo dalle ONG è di circa l’11% rispetto al totale degli arrivi, dunque, risulta assolutamente errata la propaganda che li descrive come responsabili della “immigrazione illegale”.
Per concludere, il Decreto Piantedosi e la prassi di assegnazione dei porti lontani non rispettano gli obblighi a cui sono tenuti tutti i Paesi europei ai sensi del diritto marittimo europeo ed internazionale, secondo i quali, lo sbarco deve essere consentito in un luogo sicuro nel minor tempo possibile con il pieno coordinamento dei governi e del Centro di coordinamento dei soccorsi responsabile.
- Leggi il rapporto ↩︎
- In ritardo la decisione della Commissione europea sulla legge italiana che limita il salvataggio di vite umane nel Mediterraneo, Asgi (luglio 2024) ↩︎
Benedetta Cerea
14/3/2025 https://www.meltingpot.org
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