IL DIRITTO ALLA SALUTE CONTRO IL DISERBANTE DELLA MONSANTO

Il diritto alla salute contro il diserbante della Monsanto

Il caldo afoso di questo luglio torrido non ha fermato il movimento nazionale ed internazionale che da anni si batte contro l’uso dei pesticidi in agricoltura. In particolare contro l’uso del glifosato, il diserbante totale (non selettivo) più usato al mondo, scoperto negli anni Settanta e messo in commercio dalla Monsanto con il nome di Roundup ed oggi, scaduto il brevetto nel 2001, utilizzato come principio attivo in oltre 750 erbicidi destinati all’agricoltura, alle colture arboree ed erbacee, ma anche su aree non destinate alle colture agrarie: nelle aree industriali, lungo i binari e nelle aree urbane per liberare dalle erbacce le strade, i giardini, il verde pubblico. Un principio attivo che preoccupa da anni milioni di persone in tutto il mondo per i rischi legati alla salute dei lavoratori della terra e dei cittadini. Perché il glifosato viene irrorato ovvero spruzzato in grandi quantità sul terreno per cui può facilmente raggiungere altri ambienti non direttamente irrorati spinto dal vento. La sua presenza è stata rilevata, infatti, nell’aria, nell’acqua e nel cibo ma soprattutto nelle urine di agricoltori e nel latte materno, sia in Germania che negli Stati Uniti, segno che l’erbicida viene assorbito dal corpo umano.

I tre motivi del successo del glifosato.

Il grande successo che accompagna da oltre 40 anni l’uso del glifosato da parte degli agricoltori di tutto il mondo poggia su tre gambe. La prima è la drastica riduzione dei costi delle lavorazioni del terreno. La seconda è la facilità di spargimento sui campi e la velocità di azione: l’assorbimento del prodotto avviene in 5-6 ore, il disseccamento della vegetazione dopo 10-12 giorni. Sia che si tratti di 1 ettaro che di 100 ettari. Utilizzando i mezzi meccanici occorrerebbe, ovviamente, molto più tempo per liberare il terreno dalle erbacce. Per gli agricoltori non europei, soprattutto dell’America Latina, la Monsanto ha brevettato le Roundup Ready (pronto per il Roundup), ovvero quelle colture geneticamente modificate (soia, cotone, mais, colza) che non vengono danneggiate se irrorate da erbicidi a base di glifosato. Così la Monsanto guadagna miliardi vendendo il pacchetto abbinato semi OGM – Roundup ad agricoltori sempre più schiavi della multinazionale, primo produttore mondiale di agrofarmaci che produce, tra l’altro, due delle più pericolose sostanze tossiche per l’uomo: il PCB (policlorobifenili) e la diossina, il micidiale Agent Orange usato in Vietnam per aprirsi velocemente un varco nella foresta. La terza sta nello slogan utilizzato dalla Monsanto per presentare il glifosato: “ecologico” e “biodegradabile”. Parole suadenti e tranquillizzanti che hanno fatto breccia, purtroppo, anche in Italia ed in Europa. D’altra parte, la stessa Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA), nel 1991, ha classificato il glifosato come sostanza non cancerogena rinnegando la definizione data sei anni prima, nel 1985, quando l’aveva indicato come possibile cancerogeno umano dopo avere raccolto prove anche in Canada e in Svezia che ne associavano l’utilizzo all’insorgenza del linfoma non-Hodgkin. Ma negli Stati Uniti lo strapotere dei lobbisti della Monsanto ha imposto ad Obama un loro uomo, uno dei vicepresidenti della multinazionale, Michael Taylor, che nel 2009 è diventato senior advisor (consulente) per la Food and Drug Administration e nel 2010 addirittura deputy commissioner(commissario facente funzioni), sempre per la FDA, per la “sicurezza alimentare”. Una storia che non ci meraviglia, che si ripete e si ripeterà ancora se il movimento mondiale per la sovranità alimentare non inizierà ad agire come un “contropotere per frammentare il dominio globale del sistema alimentare industriale”, come ha scritto recentemente Nora McKeon (Terra Nuova), del Gruppo europeo per la Sicurezza alimentare e referente CONCORD Italia, il network delle ONG europee per lo sviluppo e l’emergenza. Basta ricordare la storia infinita dell’amianto, il più diffuso cancerogeno ambientale che in Italia, nonostante la legge ne proibisca l’utilizzo dal 1992, continua a mietere 3.000 morti l’anno, ma che il Canada continua a produrre (l’uso interno oggi è proibito) ed esportare in altri paesi come l’India dove non esistono divieti. Anche per il glifosato, ad oggi, non esistono divieti di utilizzo, né in Italia, dove se ne usano quantità spaventose (oltre il 30%, di tutto il consumo europeo), né nell’UE.

2015: l’anno decisivo

Proprio quest’anno la Commissione Europea dovrebbe condurre quella revisione decennale delle verifiche sulla sicurezza del glifosato e di altre 38 sostanze chimiche che avrebbe dovuto fare nel 2012. Entro la fine dell’anno, negli Stati Uniti, l’EPA dovrà pronunciarsi se limitare o sospendere l’utilizzo del Roundup dopo averlo sottoposto a revisione a seguito della denuncia di scienziati, ambientalisti e madri preoccupate perché nel latte materno sono state trovate tracce di quell’erbicida. Senza attendere le decisioni di altri, il prestigioso IARC di Lione, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), lo scorso 20 marzo, ha dichiarato che il glifosato è un “probabile cancerogeno” per gli esseri umani inserendolo nel gruppo 2a, appena prima del gruppo 1 dove sono elencati i cancerogeni tout court. Lo studio, pubblicato su “The Lancet Oncology”, è il risultato della valutazione delle più recenti ricerche sul glifosato e su quattro insetticidi molto usati in agricoltura (il parathion ed il tetrachlorvinphos, riconosciuti “possibili cancerogeni”, gruppo 2b, ed altri due, malathion e diazinon, dichiarati “probabili cancerogeni”, gruppo 2a) da parte di 17 esperti provenienti da 11 paesi del mondo. Gli scienziati hanno rilevato la capacità del glifosato di indurre tumori nell’uomo e in animali da laboratorio ed inoltre di danneggiare il Dna in colture di cellule umane. In particolare hanno trovato una forte correlazione epidemiologica tra l’esposizione al glifosato di agricoltori e il linfoma non–Hodgkin, il tumore che prende origine nel sistema linfatico, ovvero nelle cellule e nei tessuti che hanno il compito di difendere l’organismo dagli agenti esterni, e che si può sviluppare in diversi organi: linfonodi, stomaco, intestino, cute e sistema nervoso centrale. Una vera e propria “sentenza mortale” per la Monsanto che ha fatto una fortuna vendendo in tutto il mondo i sui OGM doc, soia e mais Roundup Ready che contengono glifosato e che sono stati accusati di causare celiachia e intolleranza al glutine. Negli Stati Uniti, dove sono stati impiegati nell’annata 2006-2007 ben 750 milioni di chili di glifosato, sono già 18 milioni i cittadini affetti da celiachia e disturbi intestinali. Per questo la Monsanto ha reagito immediatamente affermando che la conclusione dello IARC non è sostenuta da dati scientifici. Ed ha richiesto una nuova valutazione, questa volta ad opera di un diverso gruppo di esperti che tenga conto anche degli studi non considerati dallo IARC. Se è vero che la spudoratezza della superpotenza agrobiotecnologica Monsanto non ha limiti e che sicuramente difenderà con ogni mezzo i propri enormi interessi messi a rischio dallo IARC, è anche vero che esiste un esercito di cittadini in tutto il mondo che non si fermeranno davanti a niente per difendere il proprio diritto alla salute e dare alla Monsanto il tanto atteso “colpo mortale”.

L’Italia reagisce e colpisce. Nonostante l’afa.

Il 2 luglio. L’Alto Adige ha detto no al glifosato. Prima in Italia, la Provincia Autonoma di Bolzano ha approvato una mozione presentata da Paul Koellensperger, portavoce del Movimento 5 Stelle, in cui si vieta “l’uso del glifosato e di prodotti contenenti glifosato su tutte le aree pubbliche e da parte di strutture pubbliche (società, associazioni, Comuni, istituti di ricerca ecc.)”. L’Alto Adige ha aperto la strada a tutte le altre Regioni d’Italia che vogliano seguire il suo esempio.

Il 6 luglio. Il Coordinamento toscano di Medicina Democratica ha inviato una diffida al presidente della giunta regionale per vietare “effettivamente” l’uso del glifosato su tutto il territorio regionale, anche attraverso il coinvolgimento dei sindaci, per attivare un monitoraggio approfondito e costante dell’acqua da parte delle ASL fino a emanare ordinanze di divieto del consumo di acqua inquinata da parte degli utenti. Secondo l’ultimo Rapporto nazionale pesticidi nelle acque dell’ISPRA (http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/Rapporto_208_2014.pdf), infatti, sono stati trovati residui nelle acque, sia di superficie che sotterranee, che destano molta preoccupazione. La decisione di inviare una “diffida” nasce da una particolarità tutta toscana. Dal 1999 vige, infatti, una legge, la n. 36, che disciplina l’impiego dei diserbanti in agricoltura e che, all’Allegato 2, punto 5, recita espressamente: “Non possono essere utilizzati i prodotti fitosanitari classificati dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) come sostanze cancerogene nel gruppo 1, 2 (2a, 2b)”. Ed ora che il glifosato è stato inserito dallo IARC nel gruppo 2a, se la Regione Toscana non agirà con “misure tempestive e risolutive”, si legge nella diffida, “questa associazione di difesa della salute sarà costretta a ricorrere alla Magistratura contro codesta Giunta”. In Toscana, infatti, secondo i dati Arpat sul “Monitoraggio delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile, risultati triennio 2012-2014”, risulta che ben il 90,1% di dette acque si trova nelle categorie peggiori, A3 e sub A3, e che “L’erbicida glifosate […] è stato rilevato in una percentuale elevata di analisi, anche superiori a 1 microgrammi/litro”. Chi volesse seguire l’esempio della Toscana visiti il sito di Medicina Democratica (http://www.medicinademocratica.org/wp/?p=2069) o contatti direttamente la redazione di La Città Futura (http://www.lacittafutura.it/).

Il 7 luglio. E’ stato lanciato l’appello AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, che fa parte di Via Campesina europea) e di Firab (Federazione italiana per la Ricerca in Agricoltura biologica e biodinamica), sottoscritto anche da ABI (Associazione biodinamica italiana) e da Federbio, indirizzato al Governo italiano ed ai Ministeri competenti per chiedere di applicare il Principio di Precauzione (fondante del Trattato istitutivo dell’Unione Europea) in nome della tutela della salute pubblica: “vietando definitivamente e in maniera permanente la produzione, la commercializzazione e l’uso di tutti i prodotti a base di glifosato”. Si chiede, inoltre, alle Regioni “di rimuovere il prodotto da tutti i disciplinari di produzione che lo contengono e di escludere da qualsiasi premio le aziende che ne facciano uso evitando di premiare e promuovere “l’uso sostenibile di prodotto cancerogeno” (http://www.aiab.it/).

Anche Avaaz (https://www.avaaz.org/it/monsanto_dont_silence_science_loc_eu/?fpla) ha lanciato una petizione internazionale (sta raggiungendo l’obiettivo di un milione e mezzo di firmatari) indirizzata al Commissario UE per la Salute, Vytenis Andriukaitis, alle autorità di USA, Canada e Brasile, e a tutti i ministri e i responsabili delle politiche per la salute e l’ambiente per sospendere immediatamente l’approvazione dell’uso del glifosato alla luce del pronunciamento dello IARC.

C’è un’altra petizione che sta girando il mondo da due mesi per chiedere il divieto assoluto di usare qualsiasi pesticida in agricoltura. E’ l’appello di PAN International (http://pan-international.org/) che è già stato firmato da oltre 280 organizzazioni provenienti da 80 paesi del mondo (dall’Argentina alla Germania, dall’Uganda all’Ukraina, dalla Tailandia al Sud Africa, dalla Mongolia al Messico) per sostenere i delegati che partecipano alle conferenze delle parti della Convenzione di Rotterdam e della Convenzione di Stoccolma a Ginevra per chiedere la totale eliminazione dei pesticidi altamente pericolosi in agricoltura.

Si può fare. Dobbiamo pretenderlo come cittadini. Anche in Italia.

Dal 2003 la Danimarca, unico paese europeo, ha vietato l’uso del glifosato su tutto il territorio nazionale. Nel settembre 2013 il parlamento di El Salvador ha messo al bando il glifosato, a partire dal 2015, insieme ad altri 53 prodotti dell’agrochimica. Nel maggio scorso il presidente dello Sri Lanka ha vietato l’uso e l’importazione del glifosato perché ritenuto responsabile del decesso di molti contadini, mentre il governo delle Bermuda ha deliberato un blocco temporaneo delle importazioni su tutti i nuovi ordini di erbicidi a base di glifosato.

Beatrice Bardelli

12/7/2015 www.lacittafutura.it

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