Il Genocidio di Gaza è “solo” uno strumento nel più ampio progetto coloniale di Israele
Il Genocidio è l’ultima politica di Israele, insieme alla Pulizia Etnica e all’Apartheid, nel suo progetto coloniale di eliminazione dei palestinesi.
Fonte: English version
Di Tamam Mohsen 10 febbraio 2024
Immagine di copertina: Palestinesi cercano sopravvissuti dopo il secondo bombardamento del campo profughi di Jabalia, 1 novembre 2023. (Foto: Saeed Jaras/APA Images)
Il 31 ottobre, i notiziari annunciavano che aerei da guerra israeliani avevano bombardato un blocco residenziale nel campo profughi di Jabalia, nel Nord di Gaza. I canali Telegram hanno poi trasmesso notizie ancora più devastanti, rivelando che l’attacco aereo aveva preso di mira il quartiere di al-Sanida a Jabalia, dove sono cresciuto e vissuto.
Mentre guardavo Al Jazeera, fissando inorridito lo schermo, ho riconosciuto alcuni volti coperti di sangue e polvere, vicini e parenti che affioravano da sotto le macerie, alcuni in cumulo di arti e cadaveri. In quell’attacco, Israele aveva effettuato almeno sei bombardamenti aerei sul campo profughi, radendo al suolo un intero blocco abitativo in pochi minuti e uccidendo almeno 400 persone.
Il massacro di Jabalia ha fatto notizia per la devastazione che ha causato e per il cinico calcolo alla base dell’attacco, evidenziato in modo più evidente quando un portavoce militare israeliano ha effettivamente detto a Wolf Blitzer sulla CNN che uccidere 400 civili palestinesi per eliminare un comandante di Hamas era accettabile. In meno di 24 ore, Israele ha effettuato un altro attacco aereo nel campo sovraffollato; alla fine del giorno successivo, il numero dei palestinesi uccisi è salito a 1000.
Ma il massacro di Jabalia è stato solo uno degli almeno 2000 massacri perpetrati finora da Israele a partire dal 7 ottobre. Al momento in cui scrivo, la guerra ha causato la morte di almeno 28.000 persone, la maggior parte delle quali donne e bambini, mentre migliaia giacciono ancora sotto le macerie e decine di migliaia sono rimaste mutilate e ferite.
Studiosi di diritto, inclusi israeliani ed esperti indipendenti delle Nazioni Unite, hanno avvertito che l’assalto israeliano a Gaza è stato un caso di Genocidio esemplare. E chiunque abbia un minimo di ragionevolezza dovrebbe essere in grado di individuare gli Schemi Genocidi nella Guerra di Sterminio di Israele, soprattutto se considerati insieme alle dichiarazioni dei funzionari israeliani e alle azioni dei soldati israeliani, che sono stati messi in evidenza durante la causa presentata dal Sudafrica contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia. La Corte ha stabilito che il Sudafrica ha dimostrato in modo convincente che il rischio di Genocidio a Gaza era “plausibile”, consentendo quindi che il caso avanzasse davanti alla Corte.
Eppure la Corte potrebbe ancora concludere che alcune delle atrocità di Israele non si qualificano come atti di Genocidio. Ecco perché è importante sottolineare che il Genocidio non è, in tutti i casi, la caratteristica distintiva della politica di Israele nei confronti dei palestinesi. Piuttosto, la caratteristica fondamentale del progetto coloniale israeliano è la logica dell’eliminazione.
Questo non è un gioco di parole. L’obiettivo finale del movimento sionista di sterminare e sostituire la popolazione nativa palestinese è stato storicamente raggiunto attraverso una varietà di strumenti, che includevano la Pulizia Etnica di Massa su larga scala (1948, 1967 e l’attuale Guerra Genocida), o la Pulizia Etnica su scala ridotta e graduale (come nella zona C della Cisgiordania o in diversi quartieri di Gerusalemme Est).
Durante i periodi storici in cui Israele non è stato in grado di eliminare i palestinesi dalle loro terre in massa, il suo approccio gradualista ha richiesto un quadro politico e amministrativo per gestire il processo quotidiano di colonizzazione progressiva. Quel quadro era l’Apartheid. Attivisti e gruppi per i diritti umani hanno colto questa caratteristica della dominazione israeliana in Palestina, documentando come Israele abbia confinato diversi gruppi di palestinesi in ghetti ed enclavi separati e li abbia trattati come cittadini di seconda o terza classe.
Ma l’Apartheid, la Pulizia Etnica e il Genocidio sono semplici strumenti al servizio dell’obiettivo più ampio di Israele: creare uno Stato Ebraico esclusivo tra il fiume e il mare.
Il colonialismo dei coloni non è semplicemente una forma di Genocidio
Molti hanno già esaminato la natura di Israele come Stato coloniale con una società di coloni, concludendo che la logica dell’eliminazione è parte della struttura permanente dello Stato. Ciò significa che il Genocidio di Gaza non è il risultato spontaneo delle circostanze forzate innescate dagli attacchi del 7 ottobre, ma un risultato naturale della struttura coloniale di Israele.
Quasi a sottolineare questo punto, i funzionari israeliani hanno ripetutamente invocato diversi luoghi comuni coloniali del 19° secolo per giustificare il loro barbaro attacco contro Gaza, in particolare nel post di Netanyahu su X-Twitter (poi rimosso) secondo cui la guerra è “una lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre, tra l’Umanità e la barbarie”.
L’antropologo australiano Patrick Wolfe ha introdotto per la prima volta il quadro della “logica dell’eliminazione” in un influente saggio del 2006, sostenendo che i progetti coloniali dei coloni cercano principalmente di garantire il controllo sulle terre indigene ed eliminare la popolazione nativa al servizio di tale obiettivo territoriale. Ecco perché Wolfe ci avverte del fatto che la questione del Genocidio non è mai lontana dalle discussioni sul colonialismo dei coloni. Ma questo non vuol dire che il colonialismo dei coloni sia invariabilmente genocida.
Il colonialismo dei coloni può esistere senza comportamenti genocidi, anche se la colonia dei coloni lavora attivamente per l’eliminazione dei nativi. In questo senso, Wolfe sostiene che il colonialismo dei coloni è una “struttura” che si estende nel tempo e adotta una serie di pratiche al servizio dell’eliminazione, tra cui l’espulsione forzata, le uccisioni di massa, il confinamento dei nativi in determinate enclavi, la delegittimazione e la cancellazione del loro retaggio e della loro lingua e la cancellazione culturale attraverso l’assimilazione forzata.
Se molte di queste pratiche sembrano simili a quanto sta accadendo a Gaza, ciò non dovrebbe sorprendere. Ma è anche importante notare che non tutte queste pratiche si riflettono nell’attuale condotta barbara di Israele.
Inoltre, molte pratiche coloniali di eliminazione che hanno contribuito alla cancellazione delle popolazioni native non sono mai state incluse nella Convenzione sul Genocidio. Questi includono forme di Genocidio Culturale, come la distruzione dell’esistenza etica e storica di un gruppo specifico, spesso ottenuta attraverso il divieto di usare la loro lingua, la distruzione di monumenti storici, libri e documenti, tra le altre pratiche.
Disumanizzazione coloniale
Abbiamo potuto vedere la logica dell’eliminazione in atto durante i primi giorni della guerra a Gaza. In questo caso, l’esercito israeliano non si concentrava esclusivamente sul Genocidio come punto finale necessario, ma è stato una delle numerose opzioni che ha considerato nel corso della guerra. Una di queste opzioni era la deportazione forzata della popolazione di Gaza nel Sinai. I leader israeliani di ogni orientamento politico non si sono preoccupati di nascondere i loro desideri di “sfoltire” la popolazione di Gaza e di spopolarne vaste aree, meglio esemplificato dal piano eliminatorio del Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich che suggerisce l’eliminazione di circa il 90% della popolazione di Gaza.
Una volta che questa opzione è stata, per il momento, sventata dal rifiuto dell’Egitto di aprire il valico di Rafah, il Genocidio è diventato una parte più attiva dell’agenda politica e militare israeliana.
Sul campo, i soldati israeliani hanno agito seguendo questa politica, interiorizzando l’intimazione del Ministro della Difesa Gallant di combattere gli “animali”, articolando pubblicamente la dichiarazione del Presidente Herzog secondo cui “non ci sono civili non coinvolti” a Gaza, e del Primo Ministro Netanyahu di sollecitare i soldati a “spazzare via il seme di Amalek”.
Dopo la distruzione di massa che Israele ha sistematicamente operato a Gaza (in particolare nel Nord, dove quasi l’85% degli edifici è stato raso al suolo), sta ora creando grandi “zone cuscinetto” spopolate lungo il lato palestinese della recinzione di Gaza. Secondo i media, la zona cuscinetto suggerita “potrebbe essere 1 o 2 chilometri oppure di centinaia di metri (all’interno di Gaza)”, il che stiperebbe i 2,3 milioni di persone in un’area ancora più piccola, se non contribuendo a spingerli ad andarsene del tutto.
Quattro mesi di bombardamenti indiscriminati e barbari hanno anche cancellato decine di siti del patrimonio culturale storico e strutture archeologiche millenarie. Heritage for Peace (Patrimonio per la Pace) ha riferito a novembre che almeno 104 dei 195 siti del patrimonio architettonico di Gaza sono stati distrutti o danneggiati. Questi barbari attacchi contro la cultura e il patrimonio di Gaza denotano intenzioni coloniali dannose volte a cancellare l’essenza stessa dei palestinesi nativi a Gaza e a cancellare la loro storia.
L’attuale guerra contro Gaza ha ulteriormente messo in luce una nostalgia coloniale che permea il governo israeliano ed è sostenuta dai suoi ministri. Nelle ultime settimane, si sono moltiplicate le voci dall’altra parte della barricata che chiedevano il reinsediamento nella Striscia di Gaza. Ciò che il “reinsediamento” di Gaza significa è la rimozione della popolazione di Gaza (o almeno di una parte) per erigere nuovi insediamenti coloniali al loro posto, come in qualsiasi classico processo di colonizzazione.
Le tracce dell’eliminazione possono essere individuate nella guerra israeliana in corso contro Gaza. Mentre la Corte Internazionale di Giustizia deve ancora emettere una decisione finale sul caso di Genocidio presentato alla corte dal Sudafrica, che presumibilmente richiederà anni, le raccapriccianti atrocità del Genocidio e della Pulizia Etnica in Palestina continueranno finché il progetto coloniale sionista non sarà smantellato.
Tamam Mohsen è un giornalista palestinese che ha scritto per Al-Monitor, Raseef 22 e altri siti web locali e internazionali. Ha conseguito un dottorato in Politica e Relazioni Internazionali presso l’Università di Durham e scrive di politica, genere e colonialismo dei coloni.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
14/2/2024 https://www.invictapalestina.org/
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