Il lavoro che uccide
L’ultima tragedia sul lavoro è avvenuta l’8 agosto scorso a Chiazzano, nella periferia est di Pistoia, dove un operaio è morto investito da un camion mentre lavorava in un cantiere di una società mista pubblico-privata che si occupa della gestione dell’acqua. Sono anni che assistiamo al progressivo indebolimento dei diritti dei lavoratori e alla loro incessante precarizzazione: dal job’s act alle agenzie di intermediazione, dal lavoro in affitto al lavoro a chiamata, sono tante le “trovate” messe in campo per favorire quei pochi che sguazzano e si ingrassano nel libero mercato, aumentando di conseguenza (nelle fabbriche, nei cantieri, nella logistica, nei servizi, nelle campagne, ovunque) e in maniera esponenziale il “cattivo lavoro”, un lavoro sempre più povero e sempre più assassino. Le assunzioni con carattere di temporaneità hanno fatto crescere le fasce di sottoccupazione, costringendo moltissimi lavoratori nel recinto della precarietà e dell’esposizione ad ogni tipo di sfruttamento e di ricatto. Lavoratori sempre più spesso lanciati alla mercé della più selvaggia competizione (più o meno globale), lasciati in totale solitudine, resi sempre più fragili e privati di qualsiasi elemento solidaristico, ormai del tutto residuale nel mondo del lavoro e appannaggio (forse) della sola dimensione delle grandi fabbriche e dei poli industriali (e neanche di tutti). Tutto ciò ha prodotto nel tempo condizioni di lavoro disumano di tipo para-schiavistico, se non addirittura di vero e proprio sfruttamento criminale. Condizioni occupazionali indegne, prive delle più elementari misure di sicurezza e di tutela della salute, che hanno portato ad avere un lavoro che umilia, degrada, sfregia, mutila e addirittura uccide. E lo fa sempre più spesso.
Nel 2021, secondo l’ultimo rapporto annuale dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), le denunce di infortunio sul lavoro, al netto dei casi da Covid-19, hanno registrato un aumento di circa il 20% rispetto al 2020 e anche le denunce di infortuni mortali “tradizionali”, ovvero al netto delle morti per Covid-19, sono aumentate di quasi il 10% rispetto all’anno 2020. Gli infortuni mortali accertati sul lavoro nel 2021 sono stati 685.
Quile infografiche sui casi mortali: https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/sala-stampa/infografiche/infografiche-infortuni-casi-mortali-2021.html.
Qui la Relazione annuale 2021: https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/pubblicazioni/rapporti-e-relazioni-inail/relazione-annuale-anno-2021.html.
E le denunce di infortunio sul lavoro presentate tra gennaio e giugno di quest’anno sono state 382.288 (+43,3% rispetto allo stesso periodo del 2021), 463 delle quali con esito mortale (nella sezione “Open data” del sito Inail sono disponibili i dati analitici delle denunce di infortunio – nel complesso e con esito mortale – e di malattia professionale presentate all’Istituto entro il mese di giugno). D’altra parte, basta seguire quotidianamente la cronaca per avere contezza di un “lavoro sempre più assassino”.
Ma di fronte ad un tale massacro, “lo Stato che fa”? “Si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità”, direbbe il compianto Fabrizio De André. E così, giorno dopo giorno, il lavoro nel nostro Paese – al di là delle promesse di maggiori controlli, dei proclami sulla sicurezza negli ambienti di lavoro e dei proclami contro il caporalato e lo sfruttamento, proclami che non mancheranno neppure in questa campagna elettorale– sta sempre più diventando precario, povero e disumano, quando non addirittura una mostruosa “fabbrica d’infortuni”, troppo spesso mortali, in attività permanente.
Le ricorrenti cronache degli infortuni mortali sul lavoro quasi mai si soffermano sull’immenso dolore delle famiglie. Un dramma che segna per tutta la vita i superstiti. Su www.superabile.it (il mensile dell’Inail sui temi della disabilità) Antonella Patete ha pubblicato un’inchiesta sul dolore dei familiari e sull’impegno delle assistenti sociali dell’Inail che accompagnano le famiglie anche attraverso l’ascolto. Chi si candida a governare questo sciagurato Paese che non riesce a tutelare le vite dei propri lavoratori farebbe bene a soffermarsi un po’ sulle pagine dell’inchiesta di Antonella Patete “Senza di te. Storie di chi resta” (pag. 8): https://www.superabile.it/static-rivista/2022/06/superabile_magazine_202206.pdf.
Giovanni Caprio
11/8/82022 https://www.pressenza.com
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NOTA A MERGINE A CURA DELLA REDAZIONE DI LAVORO E SALUTE
Nel 2021 “occultati” 536 cadaveri di lavoratori morti per infortuni. Nel rapporto annuale del 2021 ha diffuso 1221 denunce di morti sul lavoro che gli sono pervenute, Questo il primo mese del 2022, poi scopriamo dopo almeno sei/sette mesi che i morti accertati diventano 685. Ma ci chiediamo che fine hanno fatto gli altri 536 lavoratori? Dove e perché spariscono? Non vengono riconosciuti da questo Istituto perché non sono assicurati a questo Ente dello Stato, come dichiara Carlo Soricelli dell’Osservatorio Nazionale di Bologna morti sul lavoro. http://cadutisullavoro.blogspot.it
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