Il Mago Joke

Quel giorno avevo un appuntamento importante alle nove di mattina. Dovevo raggiungere un paese a pochi chilometri da casa, in un bar di Spoltore (PE). Solitamente trattavo altri casi, molto più complessi, di famiglie rovinate, uomini al limite, donne a un passo dal suicidio.

Quel martedì dovevo incontrare Joke, un artista di strada, anche se a lui non scendeva affatto tale riconoscimento. Egli  si sentiva mago a tutti gli effetti. L’avevo conosciuto una sera d’estate, quando il lungomare è minato di gente e la strada è soffocata dalle auto. Ferme, come in un parco macchine di un grande autosalone, come vetture  in attesa del compratore.

Sui marciapiede Joke rapiva la scena. I passanti si fermavano ad ammirare il suo spettacolo. Giocava con dieci palline o cento palline, le lanciava verso l’alto e le riprendeva durante il volo, mostrava le carte ai passanti e li invitava a sceglierne una. Le indovinava tutte. Si calava in un baule e usciva dalle tendine, lasciando i passanti di stucco;  un mago gioviale, gentile, sempre ben disposto a regalare sorrisi, anche a chi lo evitava come fosse un appestato. Io capitai per caso, insieme al mio amico Piero, compagno di banco di Joke alle elementari. Aspettammo la fine dello spettacolo per poter scambiare due parole veloci con lui, troppo impegnato a raccogliere monete e l’applausi. Da quel giorno non diedi pace a Piero, volevo conoscere Joke. Colpa sua, del resto  se fosse stato compagno di banco di una donna mozzafiato,  sarei stato meno asfissiante

Scesi dall’auto supportato dai miei tormenti, dalla mia curiosità e dalla voglia di conoscere una persona molto  diversa da me. Lui si presentò appena alzai il capo “salve, io sono Joke”. Dall’aspetto sembrava piuttosto provato, gli anni e anni vissuti sui marciapiedi delle grandi città l’avevano segnato e certi segni sono permanenti, come la palpebra troppo corta per coprire l’occhio. L’occhio destro rimaneva aperto.
Gli strinsi la mano e mi presentai –piacere, io sono Antonio! Menomale, pensavo di arrivare tardi, a quest’ora c’è sempre traffico-. Per quel che vale, Joke mi piacque da subito, sin dalle prime battute “non ti preoccupare, sono io che ho bisogno, non tu”.
Sedemmo al bar, io presi un caffè, lui un tè. Joke  aprì la strada del dibattito “toglimi prima tu una curiosità. Tu sei amico di Piero, ne avete viste di tutti i colori e questo lo so per certo. Perché t’incuriosisce un tipo come me?”

Alzai le mani per arrendermi ed elencai i vizi “Non lo so! Forse perché mi è rimasta l’immagine del tuo occhio nella mente. Ad esempio, posso chiederti cosa gli è successo?”

Accompagnò la risposta con una risata fragorosa “allora non è un esame?” Tornò serio in un attimo e tracciò la via dei ricordi “fu molto tempo fa, un fine anno a Milano. Ely ancora “faceva spettacolo” con me. Sparavano ovunque botti e altro. Io lentamente stavo mettendo a posto, mentre lei andò a raccogliere dei fiori in un’aiuola e a mezzanotte mancava un’ora. La sfortuna ha voluto che le schegge di un botto finissero qua, sull’occhio. In ospedale provarono a saldare, ad allungare la pelle, ma l’occhio è rimasto così. Pensa tanti anni a camminare sui vetri, sui chiodi e mai un graffio. Evidentemente  la vita teneva in serbo un altro regalo per me.

Eh già! Quando stai dentro casa, neanche ti rendi conto quanto sia tragica la vita di chi vive fuori, anzi è fuori portata. Quell’anno tornammo presto dalle nostre parti, Ely smise di venirmi dietro, preferì rimanere nella cantina in cui abitiamo ancora oggi, si sentiva in colpa perché non era sul posto. Tu forse non la sai, ma non si diventa ricchi a fare il mago, me lo diceva anche mia madre”.

La sua storia non contraeva lo stomaco come immaginavo, finanche il suo modo di parlare sembrava troppo distante dal personaggio idealizzato, in pratica una delusione. In qualche modo dovevo giustificare a me stesso certe mie uscite, certe mie pretese, l’assurdo implacabile desiderio di conoscere, sapere, vedere, sentire, che aggiungono un po’ di sale al gusto dell’ordinario;  per cui avanzai lealmente e senza pretese “scusa Joke! Volevo conoscerti perché sentire la storia degli altri, confrontarla con la mia è l’unico modo che conosco per sentirmi vivo.  A volte mi spengo in questo vagare  e certe vite riescono ad accendermela. Non sono un pettegolo, non sono un ficcanaso, seppur, da par mio, rasento certi schemi”.

Joke si complimentò per la spigliatezza e per aver chiarito sensibilmente la situazione, poi prese un foglio e scrisse: via Roma. La curiosità m’inghiottì “che significa via Roma?”

“via Roma è in ogni città. Quando scendevo dal treno chiedevo “dov’è via Roma?” Non cercavo le piazze, i luoghi di passaggio, andavo direttamente in quella via. Preparavo lo spettacolo al primo angolo in vista. Solo quando tornavo qua mi esibivo in piazza e sul lungomare. Io sono un mago, la gente mi crede uno sciroccato di cervello, lo scemo del villaggio,  invece, sono ancora un mago. Ho inventato di tutto per sopravvivere in questo schifo.  Ho perso l’occhio, non solo la palpebra, perché quello che vedi è di vetro.  Sono un mago perché mai ho pensato di lasciare Ely, perché sono stato giorni senza mangiare e non mi hanno trovato morto assiderato. Sono un mago perché vivo con il minimo. Preferivo via Roma… La preferivo perché in quel posto ho perso Ely.  Sapevo che l’avrei trovata in ogni via Roma del mondo. Adesso vive con me, nessuno ci crederebbe, tanto meno tu. Lo so, che mi sono reinventato Ely, lo so bene! E’ importante, fondamentale per me tenere dentro questo segreto,  mi fa sentire vivo come a te fa sentire vivo il conoscere, il sapere, cercarti in un altro. Quando perdi l’ultimo motivo per rimanere appiccicato sulla terra, devi inventarti un’altra ragione, che sia simile, che abbia la stessa fattezza. Per questo sono ancora un mago. Adesso mi credi?”

Non risposi a quella domanda.  Gli strinsi la mano e ammisi   “scusami Joke! Vero, è proprio così, tu sei un mago, non un semplice artista”.

Andai via con il segreto e la certezza d’aver afferrato la differenza tra illusionista e mago. Grazie Joke!

Antonio Recanatini

Poeta, scrittore. La sua poesia è atta a risollevare il sentimento della periferia, all’orgoglio di essere proletari e anticonformisti. Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

Leggi tutto di Antonio Recanatini su www.lavoroesalute.org

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