Il medico a portata di mano
Il concetto di sharing economy appare sempre più presente nella vita di tutti i giorni. Settori dell’economia maturi, come quello alberghiero e quello dell’automotive, sono stati fortemente interessati nell’ultimo quinquennio dal proliferare e diffondersi di piattaforme online in grado di fornire ai consumatori accesso a risorse, prevalentemente private, in modo rapido e conveniente (Blablacar, Uber, Airbnb, etc.). Proprio perché si parla di facilitare l’accesso a queste risorse, diverse testate, in primis l’autorevole Harvard Business Review, sostengono come l’espressione più corretta sia access economy.[1]
Che questo fenomeno arrivasse ad interessare la sanità, era soltanto questione di tempo. Quasi due anni fa, sempre sulle pagine di Saluteinternazionale, era già stato trattato l’argomento. Allora, il proliferare di applicazioni e servizi che promettevano di ottimizzare il lavoro dei medici e ridurre i tempi di attesa per i pazienti, lasciava ben sperare: “un nuovo assetto – più moderno, più efficiente, più amichevole – delle cure primarie e della medicina generale” si prospettava all’orizzonte. Già in quel momento però, era chiaro come l’innovazione avrebbe necessariamente portato con sé aspetti negativi, che parallelamente erano stati osservati negli altri settori economici interessati dal fenomeno.[2]
Cosa è cambiato a distanza di due anni? Dei servizi citati ad esempio nel precedente articolo di SI, sicuramente quello che più sembra essersi sviluppato è “GP at Hand” (ossia “Medico di Famiglia –General Practitioner – a portata di mano”), prodotto da Babylon, una compagnia privata fondata nel 2013 dall’imprenditore iraniano Ali Parsa. A partire da novembre 2017 infatti, GP at Hand è disponibile, convenzionato con l’NHS, nell’area di Londra, con l’intento di espandersi presto in tutta l’Inghilterra. Il servizio permette ai pazienti di prenotare un appuntamento in pochi secondi, e di ricevere un consulto medico in videoconferenza via smartphone entro due ore dalla prenotazione.
Il servizio è gratuito per tutti coloro che decidessero di cambiare il proprio Medico di Famiglia con GP at Hand, ed in tal caso l’NHS pagherebbe direttamente Babylon per la cura di questi pazienti, alla stregua di qualsiasi altro GP.[3,4]
Per essere precisi, Babylon, non essendo di fatto un ambulatorio di medicina generale, è in grado di registrare questi pazienti grazie ad un escamotage: la società che gestisce GP at Hand infatti, e` stata subappaltata ad una compagnia di cure primarie chiamata Dr Jefferies and Partners, con base a Fulham, dove all’occasione i pazienti possono recarsi per visite tradizionali. Tecnicamente, i pazienti che decidessero di registrarsi con GP at Hand, starebbero in realtà diventando parte dei pazienti assistiti dalla Dr Jeffries and Partners.
L’NHS ha approvato questa iniziativa, ma ha diramato una lista di tipologie di pazienti e di condizioni cliniche per le quali si sconsiglia di affidarsi alle cure di GP at Hand (es: donne in gravidanza, pazienti cronici e fragili, tossicodipendenti), una anomalia rispetto agli studi medici convenzionali, ai quali non è ovviamente permesso di rifiutare l’assistenza a pazienti sulla base del loro stato di salute.[5] Il servizio ha riscosso un tale successo che, stando ad un editoriale del British Medical Journal, GP at Hand avrebbe chiesto autorizzazione al NHS England per poter registrare i pazienti in altri quattro distretti di Londra, che al momento risultano zone vacanti.[6]
Fin da subito, la British Medical Association non ha visto di buon occhio questa iniziativa: il Dott. Robert Morley, Local Medical Committee di Birmingham, ha dichiarato che quello adottato da “GP at Hand” per registrare i pazienti è un cinico tentativo di sfruttare la possibilità data ai cittadini di scegliere il proprio Medico di Famiglia; quel che è peggio, aggiunge, è che altri cercheranno di replicare questo schema, e che il supporto del NHS England a questa iniziativa rende la vicenda “particolarmente nauseante”. Un altro punto interessante è stato sollevato dalla Dott.ssa Susie Bayley, Local Medical Committee di Derbyshire, che fa notare come, a prescindere dal futuro immaginato per le cure primarie dell’NHS, non si possa permettere l’uso di denaro pubblico per servizi che favoriscano pazienti senza particolari complessità cliniche ed in possesso di specifiche tecnologie (non alla portata di tutti, ndr); prevedendo inoltre che questo porterà a “clamorose iniquità”.[7]
L’NHS britannico, così come il nostro SSN, ha nell’accesso alle cure uno dei principi fondanti. Le cure primarie in particolare, base imprenscindibile di qualsiasi sistema sanitario moderno, non dovrebbero favorire la selezione di pazienti dal basso profilo clinico, né tantomeno indirizzarli verso servizi preferenziali, in particolare privati finanziati dal pubblico, fosse anche al fine di contenere ed ottimizzare la spesa. Questo perché, così facendo, resterebbero a carico dei GP dell’NHS principalmente i pazienti più complicati e problematici, sovraccaricando gli ambulatori e minando la qualità del lavoro stesso di questi professionisti. Se lo scopo della access economy è quello di favorire l’incontro tra domanda ed offerta, permettendo l’accesso a risorse spesso sottoutilizzate, ma contemplando nella maggior parte dei casi un rapporto tra consumatori (peer-to-peer), è difficile capire come questo modello – così declinato – possa applicarsi in ambito sanitario, dove paziente e medico hanno ruoli ben distinti e caratterizzati da una profonda asimmetria informativa. Tutto ciò, a meno di non mutare la definizione di paziente, spogliandola della malattia, e relegandola a sottocategoria di “consumatore”, nella fattispecie di servizi sanitari.
In che modo tutto questo può interessare la realtà italiana? Tenuto conto delle analogie strutturali con il sistema sanitario britannico, ed alla luce dei recenti appelli di Fimmg ed Anaao riguardo la carenza di medici che in 5 anni interesserà il paese, si potrebbe cominciare a considerare a quale livello di maturità queste tecnologie raggiungeranno nei prossimi anni.[8] Non è infatti da escludere che per fronteggiare questa emorragia di camici bianchi, soprattutto tra i medici di base, si possa ricorrere non solo (auspicabilmente) a nuove assunzioni, ma anche ad un utilizzo esteso ed integrato dei servizi di telemedicina.
Restano però molti i punti sui quali è necessario fare luce:
- L’esperienza delle retail clinics statunitensi ha mostrato come un’offerta facilmente accessibile ed a buon mercato possa indurre un aumento della domanda.[9] Le caratteristiche di un servizio come GP in Hand potrebbero sortire gli stessi effetti, se non opportunatamente definito e regolato.
- La qualità delle cure fornite potrebbe non essere sovrapponibile a quella di una tradizionale visita in ambulatorio. Studi preliminari sull’esperienza di GP in Hand sembrano mostrare un incremento nei costi delle cure in acuto nelle aree di Londra interessate dalla diffusione del servizio.[10]
- Più del 90% dei pazienti arruolati nel servizio offerto da Babylon hanno età compresa tra 20 e 44 anni. Ci troviamo di fronte ad una popolazione giovane e sana, più avvezza all’uso delle tecnologie, che spinge inevitabilmente i pazienti più anziani e bisognosi di cure verso servizi di cure primarie convenzionali. Un importante selection bias di cui tenere conto, soprattutto nell’allocazione di risorse tra le varie fasce di età.
- Infine, una caratteristica fondamentale nelle dinamiche della sharing economy è la possibilità di recensire il servizio di cui si è usufruito. La valutazione fornita potrebbe influire sulla futura scelta da parte di altri consumatori, determinando la riuscita del servizio stesso. Fino a che punto questa dinamica può estendersi nell’ambito sanitario? E con che risultati?
Per concludere, l’adozione in sanità di servizi riconducibili alla sharing economy era prevedibile e per alcuni aspetti persino auspicabile. In che modo questi evolveranno e influenzeranno la struttura delle cure primarie, è difficile dirlo.
Ciononostante, l’esempio di GP in Hand nel Regno Unito sembra mostrare come queste tipologie di servizi possano essere difficilmente complementari a quelli tradizionali, tendendo piuttosto a sostituirli per poi soppiantarli, proprio a causa della natura stessa del servizio, che genera profitto stravolgendo gli schemi tradizionali.
Fabrizio Toscanoa, Davide Golinellib e Andrea Buccic
a Weill Cornell Medical College, Department of Healthcare Policy and Research
b Università di Bologna, Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie
c Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali
- Eckhardt GM, Bardhi F. The Sharing Economy Isn’t About Sharing at All. Harvard Business Review, 28.01.2015
- Gavino Maciocco. Se Uber sbarca in sanità. Salute Internazionale, 10.03.2016.
- GPatHand
- Revealed: How online GP company Babylon can sign up millions of patients. pulsetoday.co.uk, 08.11.2017 .
- Revealed: How online GP company Babylon can sign up millions of patients. pulsetoday.co.uk, 08.11.2017 .
- Iacobucci Gareth. CCGs try to block expansion of Babylon’s GP at Hand service BMJ 2018; 360:k955
- GPC to ‘seek legal advice’ over Babylon’s attempt to register London patients. Pulsetoday.co.uk, 07.11.2017
- Tra 5 anni mancheranno all’appello 45 mila medici, tra specialisti e medici di famiglia. Scotti (Fimmg): “14 milioni di italiani rischiano di restare senza medico”. Troise (Anaao): “Quando riapriranno i concorsi sarà troppo tardi”. Quotidiano Sanità, 09.02.2018
- Retail Clinic Visits For Low-Acuity Conditions Increase Utilization And Spending. Health Affairs 2015 https://doi.org/10.1377/hlthaff.2015.0995
- Iacobucci Gareth. Smartphone GP consultation app cost CCG £150 000 in first two months BMJ 2018; 360:k221
14/3/2018 www.saluteinternazionale.info
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