Il Ministero del merito servile. Ce lo meritiamo?
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I primi vagiti del governo Meloni hanno prodotto interessanti variazioni dei nomi di alcuni ministeri. Come sempre si sottolinea, le parole sono importanti, soprattutto in politica, soprattutto nella nostra società che vive di comunicazione. Un governo fresco fresco, destro e sovranista, che i suoi componenti cercano di far passare per liberale e democratico, atlantista ed europeista nelle dichiarazioni ufficiali. Ma l’inconscio, si sa, lavora alacremente per emergere e l’eccitazione del potere appena conquistato li ha condotti , come primo atto, dopo l’altrettanto esplicita e significativa scelta dei nomi per le cariche istituzionali di Senato e Camera, a lanciare le parole chiave del pensiero retrogrado che li caratterizza.
Dio Patria e Famiglia sono i valori di riferimento di questa destra, ipocrita e integralista, che vuole prescrivere ad altri come vivere, chi amare, come pensare, che stabilisce chi è nella norma e chi è fuori. L’occasione di rinominare i ministeri, quindi, era troppo ghiotta, per lasciarla andare. E così le politiche agricole non bastano, bisogna sottolineare la sovranità alimentare, tema degno di grande considerazione in effetti, ma che stride con la vocazione liberista della destra; e la famiglia, senza natalità, non si regge, è chiaro.
Le politiche del mare e del sud , guarda caso, meritano una menzione specifica, impossibile non pensare ai “ taxi del mare” e alle ondate migratorie tanto invise ai governanti, ai nuovi e anche ai vecchi: e il ministero delle imprese con l’aggiunta del “made in italy”, ex Sviluppo economico, denota una chiara attitudine a proteggere chi produce ricchezza. Ma la destra, come è noto, ama la qualità: vuole sempre premiare gli italiani anzi i migliori tra gli italiani.
Così non poteva mancare il riferimento al merito. L’hanno associato all’istruzione, che già da tempo, dal lontano 2001 avevano, con il secondo governo berlusconi, liberato dall’ impaccio dell’aggettivo “ pubblica”.
Dunque siamo oggi al ministero dell’Istruzione e del Merito. Il concetto di merito è un classico del modello economico e sociale liberista. Quello in cui merito coincide con il successo nel raggiungimento di obiettivi definiti, il che presuppone una competizione dalla quale si esce vittoriosi. In ambito aziendale il premio per il successo coincide con avanzamenti di carriera o riconoscimenti economici e benefit vari.
Praticamente una gara in cui “ fare meglio” degli altri conduce a vantaggi personali; una gara, in genere, senza esclusione di colpi. Come può applicarsi questo schema alla scuola, al sistema di istruzione / educazione che da tutti è sempre riconosciuto, in linea teorica e retorica, come fondamento di ogni paese evoluto?
La scuola ha due principali protagonisti: gli studenti e i docenti. la meritocrazia ha fatto il suo ingresso nella scuola insieme ad altri pessimi orientamenti già ai tempi dell’autonomia scolastica ed è strettamente connessa con la crescente privatizzazione della scuola pubblica, la competizione indotta tra le scuole con la formula dell’offerta formativa che dovrebbe servire ad attrarre le iscrizioni, con l’introduzione di “traguardi” e obiettivi misurati spesso in base a standard prefissati ( ad esempio le prove invalsi o il complesso sistema di valutazione interna delle scuole).
La meritocrazia applicata ai docenti è pericolosa per diversi motivi: introduce elementi di competizione e divisione decisamente poco consoni alla realizzazione della tanto auspicata “ comunità educante “ espressione retorica che prescinde e dimentica le reali condizioni di vita e di lavoro di una intera categoria afflitta da mali antichi, a partire dal precariato, dal sovraffollamento delle classi, da strutture fatiscenti ed insicure, da una crescente e continua burocratizzazione della professione. Una categoria il cui contratto viene sempre rinviato, con gli stipendi più bassi nel settore della pubblica amministrazione, non adeguati alle medie europee. Un comparto, quello dell’istruzione, sempre più spesso destinatario di provvedimenti autoritari, non concertati e non armonizzati con le esigenze di lavoratori e studenti. La scuola, la cui importanza viene sempre sventolata da ogni partito, ogni governo, ogni ministro, e puntualmente dimenticata, impoverita, trasformata.
La scuola pubblica è stata trasformata, da destinataria di risorse per il suo funzionamento, a centro di smistamento di fondi per l’attuazione di progetti vari e dei famosi PON cioè programmi operativi nazionali finanziati dalla Commissione europea per ridurre le diseguaglianze tra regioni europee più avanzate e regioni in ritardo di sviluppo. Le risorse, anche in questo caso, bisogna meritarsele attivando i suddetti pon, complesso e multiforme sistema che, se in parte avvantaggia le scuole , offre anche occasioni di profitto per aziende private.
Il meccanismo del merito o valorizzazione del personale docente ( cioè pochi soldi in più a chi se li merita appunto) fulcro della legge 107, generosamente battezzata dal suo autore “buona scuola” , clamorosamente e decisamente respinto al mittente nel 2015 , non ha mai smesso di rientrare dalla finestra ad ogni cambio di governo, per iniziativa di uno o dell’altro” ministro per caso” , in forme diverse.
Ultimissima versione, quella che lega la premialità alla formazione. Solo alcuni, tra i docenti, dirigenti e ATA che si mostreranno costanti e diligenti nella partecipazione alle proposte formative , otterranno compensi retributivi. Proposte formative calate dall’alto, da una regia affidata a una neo costuituita “ Scuola di alta formazione” di cui non si sentiva affatto il bisogno, per foraggiare, con compensi elevatissimi, piccoli e selezionate elites di manager.
Si stima che presidente e direttore generale guadegneranno circa 246 mila euro lordi all’anno, e che, comprendendo anche altri componenti, si raggiungerà la cifra di un milione di euro all’anno per il funzionameno della nuova istituzione. Che dovrà definire e selezionare indirizzi di formazione con particolare attenzione alle didattiche innovative e accreditare le strutture come enti ed università.
Quali le conseguenze di questa geniale idea? due, entrambe di grande rilevanza; la prima è che si introduce un elemento di divisione interna, invece che un necessario e non procastinabile adeguamento degli stipendi del comparto scuola per tutti i lavoratori e le lavoratrici, che forse costerebbe troppo. Quindi meglio indurre a formazione continua e competitiva con la promessa di un ( non garantito) premio in denaro. E che fine fanno la libertà d’insegnamento e di aggiornamento?
Il merito, se con il precedente lancio del bonus renziano era un riconoscimento all’operosità dei docenti, alle figure intermedie, agli stakhanovisti per scelta o per necessità, emergenti dalla massa di “fannulloni” non interessati ad aumentare le già troppe ore di lavoro sommerso che affliggono il docente medio, ora si configura più nettamente come adesione ideologica a linee di pensiero e di indirizzo strettamente legati al non più libero insegnamento. Giacchè quello su cui ci si dovrà impegnare ed aggiornare è pensato e cucinato in altri luoghi, e bisognerà anche sgomitare, per lungo tempo, per “ meritarsi” quell’aumento di retribuzione a cui ogni docente avrebbe diritto nella sua normale professione. Questa è la seconda conseguenza, l’omologazione e l’imbrigliamento della libertà di insegnamento. Il meccanismo della rivalità e della concorrenza tipicamente aziendalistico farà il successo definitivo della scuola privata, che come ben sappiamo, da una simile concezione del merito esce rafforzata.
Per quanto riguarda gli studenti, la meritocrazia è tutta da interpretare. La nostra Costituzione afferma che la scuola è aperta a tutt per almeno otto anni e che ”capaci e meritevoli” devono essere sostenuti per raggiungere i più alti gradi dell’istruzione. Ma compito della repubblica è anche rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono il pieno sviluppo della persona e limitano libertà ed eguaglianza. Quindi compito della scuola è perseguire il raggiungimento delle pari condizioni, per tutti. Perchè, chi e come si definisce meritevole? Con quale criterio si decide se si è meritevoli? Lo studente povero ma intelligente? (questo era probabilmente il meritevole nella mente dei padri costituenti) E cosa fare nel caso frequentissimo di studente geniale ma poco adeguato alle richieste scolastiche? O di uno studente con disturbo dell’apprendimento? Inevitabilmente, ciò che si sceglie come criterio o parametro per misurare il merito corrisponde ad un modello di scuola che prelude ad un preciso assetto sociale.
In una società classista, competitiva e selvaggia come la nostra, facilmente il merito coinciderà con attitudine a sovrastare gli altri, conservare privilegi e posizioni o emergere a qualsiasi costo.
La mentalità imprenditoriale che produce “self made man” e profittatori vari, pronti a conseguire risultati, lontani da ottiche solidaristiche e cooperative. Proprio il contrario di quello che un sistema educativo dovrebbe promuovere.
Loretta Deluca
Insegnante
Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute
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