Il “miracolo” cubano contro il Covid

La nazione insulare fatica a tenere le luci accese, ma ha inoculato il 90% della popolazione con vaccini sviluppati in casa.
Cuba è un arcipelago di quasi 12 milioni di abitanti, immerso in una complessa regione geopolitica. Durante l’attuale crisi del Covid-19, il piccolo paese caraibico, spesso rappresentato come quello del “regime di Castro”, ha mostrato ancora una volta le sue capacità.
 
Ce la ricordiamo la solidarietà internazionale verso il nostro paese dei 53 membri dello staff (operatori sanitari e personale amministrativo) giunti in Lombardia lo scorso 22 marzo del 2020. Quei medici che avevano partecipato alla lotta contro il virus Ebola in Africa nel 2014, così come in America Latina con l’Operación Milagro. Le missioni sostenute da Cuba in tutto il mondo continuano nel mezzo dell’attuale crisi sanitaria.
 
Se Cuba può così “esportare” i suoi medici, è perché sono riconosciuti a livello internazionale. Il contributo degli epidemiologi e virologi cubani è stato particolarmente determinante ad esempio nella lotta contro l’epidemia di colera ad Haiti dopo il terremoto del 2010. I ricercatori cubani stanno anche collaborando con i loro omologhi cinesi per sviluppare un trattamento per il Covid-19, chiamato “Interferone Alpha-2b Recombinant” (che è stato utilizzato a Cuba per diversi anni contro altre malattie).
Diversi dipartimenti francesi d’oltremare geograficamente vicini a Cuba hanno già accettato di ricevere assistenza medica dall’Avana, così come vari altri paesi della regione come Giamaica, Suriname, Grenada e Nicaragua.
Alcuni accusano il governo cubano di approfittare della situazione per ottenere contratti, denaro e altri benefici (come fanno molti altri paesi a diversi livelli), mentre altri ribattono che prendere gli sforzi internazionali di Cuba come semplice opportunismo per evitare il totale isolamento, è ignorare la Rivoluzione Cubana ei suoi principi.

Qualunque siano le opinioni, l’isola ha attivato tutte le possibilità del suo sistema sanitario, sia nazionale che estero, per fronteggiare la crisi pandemica.
La popolazione cubana è ben preparata per ciò che l’aspetta sul suo territorio. Sanno che il virus è subdolo è presente sull’isola, con diverse decine casi che vengono rilevati ogni giorno.

Essendo stati i primi con casi “importati”, i cubani hanno compreso bene le decisioni del proprio governo di chiudere i confini del Paese, che dipende in gran parte dal turismo, industria che ha portato a Cuba più di 3 miliardi di dollari di profitti nel 2019.
I turisti ancora presenti sull’isola sono stati messi in quarantena. Il presidente Díaz Canel aveva anche deciso la chiusura delle scuole per un mese, affermando che era responsabilità delle famiglie garantire che i bambini rimanessero al sicuro all’interno delle loro case. Ha anche insistito sulla necessità di rispettare il distanziamento sociale, l’uso delle mascherine, anche nelle file che i cubani conoscono fin troppo bene, soprattutto davanti ai negozi statali.

Numerose informazioni sono state diffuse attraverso i canali ufficiali sulla trasmissione del Covid-19 e sui mezzi da mettere in atto per prevenirne la diffusione. Tutti possono così misurare il ruolo che devono svolgere nella guerra contro questo nemico invisibile e mutevole.
Cittadini e cuentapropistas (cubani che lavorano in modo indipendente) sono diventati sarti e realizzano maschere di stoffa perché le forniture di mascherine chirurgiche erano insufficienti. I residenti praticano il distanziamento sociale per il timore di un possibile lockdown.
La popolazione cubana comprende la gravità della situazione, anche se i timori di una crisi alimentare sono forti a causa delle gravose imposizioni dell’embargo USA.

Questa è una crisi senza precedenti per molte persone su questo pianeta, ma i cubani sono abituati a convivere con violenti sconvolgimenti, causati dalle devastazioni di un uragano o dal blocco finanziario e politico imposto dagli Stati Uniti, che era stato ulteriormente rafforzato da Donald Trump quando era al potere e che ora ci auguriamo che il presidente Biden allenti.

Non c’è quindi il rischio di vederli lottare nei supermercati per qualche rotolo di carta igienica, poiché convivono da decenni con un libretto (la “libreta”) per gli approvvigionamenti e vivono quotidianamente carenze di ogni genere. I cubani possono studiare medicina gratuitamente (proprio come gli studenti stranieri all’ELAM, Scuola Latinoamericana di Medicina) e godere di un più che rispettabile tasso di medici pro capite, ma non sempre hanno accesso alle medicine di base a causa delle leggi extraterritoriali statunitensi.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, presieduto dall’ex presidente cilena Michelle Bachelet, ha appena chiesto un allentamento delle restrizioni e delle sanzioni in vigore contro Cuba, al fine di aiutare l’isola a sviluppare cure contro la malattia.
Di Cuba spesso si parla poco oltre al suo conflitto in corso con gli Stati Uniti, alle sue relazioni con le maggiori potenze europee come Italia e Francia, e spesso viene percepita solo attraverso stereotipi: l’inevitabile triade “rum, sigari, il Che”.

Il generale Máximo Gómez, una figura chiave nelle guerre di indipendenza di Cuba del XIX secolo contro la Spagna, una volta disse: “I cubani o raggiungono il bersaglio, o lo superano”.
Un secolo e mezzo dopo, l’aforisma risulta vero. Quest’isola che lotta per mantenere le luci accese, ora ha vaccinato la quasi totalità dei suoi cittadini contro il Covid-19 più di qualsiasi altra grande nazione del mondo.

Il Sole 24 ore ha riportato in un bell’articolo del 13 gennaio scorso la situazione a dir poco sorprendente, di questa piccola isola in lotta contro la pandemia, al cospetto dei giganti di quella parte del mondo, ricca in vaccini tecnologie farmaci e quant’altro, e alle prese con gli ideologhi della non vaccinazione, della non cura, della follia ascientista.

Più del 90% della popolazione è stata vaccinata con almeno una dose di vaccino made in Cuba, mentre l’83% è stato completamente inoculato. Dei paesi con una popolazione di oltre un milione, solo gli Emirati Arabi Uniti hanno un record di vaccinazioni più forte. John Kirk, professore emerito di studi latinoamericani presso la Dalhousie University, in Canada, ha affermato “L’idea che Cuba, con circa 12 milioni di persone e un reddito limitato, possa essere una potenza biotecnologica, potrebbe essere incomprensibile per qualcuno che lavora alla Pfizer, o nel ricco Occidente, ma per Cuba è possibile”.

Come la maggior parte dei paesi dell’America Latina, Cuba sapeva che avrebbe avuto difficoltà ad acquistare vaccini sul mercato internazionale. Quindi nel marzo 2020, con le riserve valutarie che crollavano a causa della perdita di entrate turistiche e delle nuove dure sanzioni statunitensi, gli scienziati dell’isola si sono messi al lavoro, approntando il vaccino Soberana-02.

La scommessa ha dato i suoi frutti: la primavera scorsa Cuba è diventata il paese più piccolo del mondo a sviluppare e produrre con successo i propri vaccini Covid. Da allora il suo servizio sanitario universale, ben attrezzato, anche se carente, in farmaci e attrezzature, ha avviato una campagna di vaccinazione molto incisiva e rapida, vaccinando anche i bambini piccoli di 2 anni (tutte le vaccinazioni sull’isola sono volontarie).

I vaccini Soberana hanno un’efficacia superiore al 90%, secondo gli studi clinici condotti la scorsa primavera da Cuba. Il successo del lancio ha portato i tassi di infezione da quelli più alti dell’emisfero occidentale la scorsa estate ai livelli più bassi di oggi.

Lo scorso agosto l’isola ha riportato centinaia di decessi Covid a settimana; la settimana scorsa erano tre.
Il successo del vaccino è tanto più sorprendente se confrontato con lo stato precario del servizio sanitario in altre aree. “Sin dalla rivoluzione del 1959, i cubani hanno intrapreso queste grandi crociate che appaiono donchisciottesche ma spesso di successo”, ha affermato Gregory Biniowsky, un avvocato con sede all’Avana.

Un ottimo esempio, ha detto Biniowsky, è stato il sogno di Fidel Castro di investire un miliardo di dollari in biotecnologie dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, “ed eccoci qui ora… dove questi frutti degli investimenti biotecnologici stanno salvando vite”.

“Come nazione c’è la tendenza a diventare davvero bravi con le cose grandi e terribili nelle cose di tutti i giorni”, ha detto Hal Klepak, professore emerito di storia e strategia presso il Royal Military College of Canada.
“L’idea di elettrizzare il paese (in meno di un decennio), abolire l’analfabetismo in 2,5 anni e l’internazionalismo medico: erano tutti schemi che apparivano folli. Eppure lo hanno fatto”.

Oggi Cuba invia decine di migliaia di medici e infermieri che svolgono attività umanitarie all’estero, ma non riesce a coltivare patate a sufficienza per la popolazione.
Il sistema di pianificazione statale altamente centralizzato di Cuba – uno degli ultimi al mondo – spiega in qualche modo questo paradosso. “Nel capitalismo tendi ad avere, anche con pochissime cose, qualcuno che riempia il mercato”, ha detto Klepak. “La differenza con Cuba è che per il processo decisionale (più economico) non c’è nessuno tranne lo Stato”.

Dopo aver registrato meno di 100 casi al giorno per settimane, i tassi di infezione sono ora in aumento a causa della variante Omicron altamente contagiosa. Gli scienziati cubani stanno lavorando alacremente per aggiornare il loro vaccino contro la variante, tra loro c’è anche un nostro valentissimo ricercatore Fabrizio Chiodo, laureato in chimica e tecnologie farmaceutiche nonché ricercatore del CNR di Pozzuoli, che dal 2014 collabora con il centro di ricerca cubano che ha avviato la sperimentazione dei vaccini pubblici anti-Covid.

Nel frattempo, il ministero cubano della salute pubblica ha accelerato la sua campagna di richiamo e mira a dare a quasi tutta la popolazione una dose extra di vaccino questo mese. Il sentimento comune è fortissimo o ci si salva tutti o nessuno si salva da solo.

Grazia Labate
Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità

18/1/2022 https://www.quotidianosanita.it

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