Il nuovo diritto marziale in Italia: verso la repressione per ‘giusta causa’
Dall’Europa all’Italia lo stato di diritto vira sempre più verso la “giusta causa” che ha la forma di una “minaccia esterna incombente” e che richiede a tutti di “collaborare” senza discutere e di stigmatizzare chi si oppone.
La giusta causa l’alba dello stato di diritto marziale
Negli ultimi anni, abbiamo assistito a trasformazioni politiche e sociali che indicano una svolta radicale verso una società di controllo e repressione senza precedenti, che marcia dritta verso un nuovo tipo di diritto marziale.
La relativa sovrapponibilità con cui le censure contro chi ha criticato la gestione pandemica e chi critica la gestione bellica, così come la caccia ai putiniani che pari pari si è trasferita alla caccia agli antisemiti, si saldano con le normative calate dall’alto in Europa che arbitrariamente – sui contenuti diffusi sul web – decidono quali siano disinformazione e quali no, con criteri così vaghi e aleatori da rendere tutto opaco e manipolabile.
Così come in Italia il ddl 1660 licenziato dal governo Meloni è un attacco senza precedenti al diritto di manifestare il dissenso. Un provvedimento così palesemente incostituzionale (viene considerato reato, per dirne una, anche la ‘resistenza passiva’!) che non si vede come possa essere messo in atto senza che si paralizzi il sistema giudiziario ulteriormente, tra i ricorsi a pioggia che arriveranno.
Siamo davanti a quello che potremmo definire come il metodo della “giusta causa” per giustificare un restringimento dei diritti individuali e collettivi.
Il legame tra gestione pandemica e bellica
Durante la pandemia, è stato dimostrato come attraverso l’appello alla salute pubblica e la necessità di “contenere il contagio”, la popolazione sia stata persuasa ad accettare una serie di restrizioni senza precedenti.
Questa fase ha fornito un assaggio di ciò che potenzialmente può diventare un nuovo modello di governance basato sulla paura e sull’emergenza.
La gestione dell’emergenza sanitaria ha aperto una strada verso un uso sistematico di misure autoritarie, che potrebbero ripresentarsi sotto nuove forme, adattate alle circostanze.
Con il passaggio dalla pandemia alla guerra, assistiamo a un cambio di narrazione, ma la struttura di fondo rimane la stessa: un richiamo a un “pericolo comune” che giustifica decisioni centralizzate, inflessibili e indiscutibili, sempre “per il bene comune”.
La reazione a questi eventi da parte delle élite al potere suggerisce che non si tratti di un semplice incidente della storia, ma di un meccanismo ben studiato per mantenere il controllo e silenziare ogni forma di dissenso.
La “buona scusa morale”
Il concetto chiave alla base di questo nuovo ordine è la cosiddetta “buona scusa morale”. Che si tratti di una pandemia o di una guerra, il potere ha bisogno di una giustificazione moralmente accettabile per imporre restrizioni drastiche.
La “minaccia esterna terribile”, che richiede la collaborazione senza discussioni, è il fulcro di questo sistema. Durante la pandemia, la minaccia era rappresentata dal virus; oggi, il “nemico” può essere un avversario politico, un gruppo sociale o persino un’idea.
Nell’attuale clima di guerra, chiunque critichi le politiche del governo o esprima solidarietà con le vittime civili dei conflitti viene facilmente etichettato come “filo-putiniano” o “antisemita”.
Questa tattica di delegittimazione del dissenso si è dimostrata estremamente efficace nel disincentivare la critica, creando un clima in cui le voci fuori dal coro sono automaticamente stigmatizzate e marginalizzate.
Oligarchie e controllo centralizzato
La pandemia ha messo in luce come le oligarchie finanziarie, che de facto governano gli stati moderni, possano utilizzare le crisi per rafforzare il loro controllo. Questi gruppi di potere sono riusciti a trasformare il libertarismo individualistico delle società di mercato in un conformismo autoritario, dove il dissenso è non solo disincentivato, ma anche punito.
Il controllo dei media ha giocato un ruolo cruciale in questo processo. La conferma che dal 2020 il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti (Homeland Security) si sia incontrato regolarmente con i rappresentanti di piattaforme come Twitter, Facebook e Wikipedia per coordinare la moderazione dei contenuti non è stata una sorpresa.
I media, così come i social network, sono diventati strumenti di sorveglianza e repressione del dissenso, e il loro allineamento con gli interessi delle oligarchie economiche dimostra quanto sia facile ottenere fedeltà al potere quando c’è una scusa morale sufficiente.
La legge marziale ufficiosa: dal Covid alla guerra
Durante la pandemia, molte delle misure adottate ricordavano una sorta di legge marziale ufficiosa, con restrizioni alla mobilità, chiusure forzate e la sorveglianza di massa dei cittadini.
Sebbene queste misure siano state giustificate in nome della salute pubblica, hanno posto le basi per una gestione sempre più autoritaria delle emergenze. Oggi, con la guerra in corso e le tensioni geopolitiche in aumento, queste dinamiche rischiano di essere ripetute o addirittura intensificate.
L’idea che la guerra rappresenti un “problema” per le élite al potere è un’illusione. Queste crisi, infatti, vengono sfruttate come opportunità per consolidare il controllo, legittimare politiche repressive e ridurre ulteriormente lo spazio per la democrazia e la partecipazione popolare. Le oligarchie finanziarie non sono interessate alla “salvezza” del sistema democratico, ma piuttosto alla sua trasformazione in un sistema di controllo centralizzato e indiscutibile.
La lezione di Orwell: il controllo attraverso la guerra permanente
In questo contesto, la lezione di George Orwell appare più rilevante che mai. Nel suo celebre romanzo “1984”, Orwell descrive una società in cui il potere è mantenuto attraverso la condizione di guerra permanente.
Le élite al potere hanno bisogno di un conflitto costante, sia esso reale o immaginato, per giustificare le loro politiche repressive e mantenere il controllo. Questo principio si sta manifestando in modo sempre più evidente anche nel mondo contemporaneo, dove il conflitto diventa la condizione normale, e non l’eccezione.
Il risultato di questa evoluzione è che stiamo entrando in un’era di “guerra permanente”, dove le crisi si succedono una dopo l’altra, alimentando una spirale di paura e repressione.
La nuova legge marziale che sta prendendo forma non ha bisogno di essere dichiarata ufficialmente: è già operativa attraverso il controllo dei media, la sorveglianza tecnologica e la repressione del dissenso.
Alexandro Sabetti
13/10/2024 https://www.kulturjam.it/
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