Il paese d’argilla. Anno 2306 (gita scolastica)
“Qui sorgeva un paese antico, terra di battaglie e di grandi saccheggi, terra di passaggio, terra dell’equivoco, terra dell’immagine, terra del compromesso. Adesso vedete solo sabbia e ruderi, ma posso assicurarvi ch’era un posto bello, forse troppo bello per rimanere intatto. Molti di voi ne avranno sentito parlare, come il paese d’argilla e, forse, hanno le loro ragioni.
No! Non si può liquidare la storia di un paese con un due parole, sarebbe troppo comodo. Diede i natali a tante figure leggendarie, a personaggi illustri e grandi artisti, diede i natali a uno dei più grandi geni di tutti i tempi, riconosciuto in tutto il mondo: Leonardo Da Vinci. Ancora oggi, la sua genialità è a servizio del’arte e della scienza.
Qui, c’erano tante chiese, troppe chiese . Come storia insegna, l’uomo indotto a pregare un immaginario creatore, non sarà mai in grado di capire, di captare, il probabile aguzzino in carne e ossa. Ormai è cosa nota, siamo gli unici esseri viventi capaci di distruggere noi stessi, le nostre terre, siamo capaci di inquinare mari , aria e cervelli. L’uomo è una scienza distruttiva e l’Italia rappresenta la storia dell’uomo nel meglio e nel peggio.
Rappresenta la speranza per chi crede sia dovere degli altri, cambiare il proprio destino, magari un dio o un suo discepolo fidato. Rappresenta la rabbia repressa, la rabbia frenata dalle sirene della bella vita, la rabbia tenuta al guinzaglio come un cane piccolo e rissoso, ma mai troppo cattivo. Qui, c’era bella gente, il popolo sapeva amare e s’affidava ora a un traditore, ora a un mercenario. Bastava poco per farlo innamorare, arrabbiare, impaurire. Bastava un tg, un programma tv, una partita di calcio per deviare i loro sentimenti, per indirizzare il loro odio e le loro passioni. Sono in molti a parlar male di questo paese, eppure fu meta ambita di tutti i sognatori. Il vento della storia regalò a questo popolo un signore basso, pelato e troppo stupido per essere citato. Prima di questo idiota, era un paese suddiviso in tanti piccoli stati, al sud c’era un regno pittoresco, la cui storia è stata riscritta, da chi s’impose per distruggere tutto. In realtà, l’Italia non diventò una nazione unita. Pareva “incollata con la colla”. A nulla servì l’Unità d’Italia, se non ad accendere nuovi rancori. Lo chiamarono Risorgimento.
Pensate: secoli prima, questo popolo fu l’orgoglio del mondo, dell’arte, della scienza, della medicina, con il Rinascimento, periodo del Da Vinci già citato. Il Risorgimento, invece, voleva stringere i tempi, forzando la naturale crescita del popolo.
Del resto il sud di questo paese stava bene, non aveva bisogno di coesione. Decisero tutto dall’alto, decisero dal Nord Europa, decisero i colonialisti più bellicosi, con secoli e secoli di storia dedicata all’aggressione, alla guerra non dichiarata, al tradimento.
Pian, piano, venne fuori il carattere nebuloso, scontroso, una generazione completamente diversa, plasmata ai canoni di una dittatura esigente, capitalista, forse troppo fuori di senno.
L’Italia era un paese d’argilla, una fortezza espugnabile, ma anche il baricentro di un tempo bastardo. Questo paese era destinato a cavalcare il regresso storico, con la materia che, oggi, studiamo come esempio di distruzione: il capitalismo. Potrei parlarvi tutto il giorno di questo popolo, di questo pezzo di mondo strabiliante, ma poco amato dai suoi figli e qui, sarebbe opportuno fermarsi. L’Italia fu tenuta insieme in mal modo, poi venne presidiata dalle fonti della sottocultura occidentale. In pochi anni, cementificarono ovunque, anche nei posti impossibili, vicino a fiumi, a laghi. Ogni volta che l’uomo cerca di sovrastare la natura sta fissando la data e l’ora della sua condanna, ricordatelo sempre e per sempre, cari ragazzi.
L’Italia non seppe conservare l’immenso patrimonio storico-culturale e si affidò a chi non ne aveva. Questa è una delle tante verità che il mondo vecchio non riusciva a comprendere. Oggi è tutto cambiato, ma ogni cambiamento parte dalla sorte di questo popolo, vissuto tanto tempo fa. Certo, rimangono delle scie, ma non il profumo della poesia, che in questi posti brillava, saltava e saliva fino a illuminare l’intero corso della storia, del mondo vecchio. L’Italia divenne una nazione arida, secca e fu abbandonata al suo corso, lasciata in mano agli opportunisti, quelli che noi, oggi, mandiamo processiamo in pubblica piazza e mandiamo in esilio forzato. L’analisi storica finisce qui, i paradossi del vecchio mondo li studieremo in seguito.
Se non ci fosse stato questo paese d’argilla, mai sarebbe nato il mondo nuovo.
Antonio Recanatini
Poeta, scrittore.
La sua poesia è atta a risollevare il sentimento della periferia, all’orgoglio di essere proletari
e anticonformisti.
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
20/3/2017
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