Il paese dei cesarei.
Si nasce grazie al bisturi, da noi molto più che altrove, e in particolare al sud. L’Italia continua a essere il paese dei parti cesarei, con una percentuale che supera di gran lunga la media europea, ma anche quella di Usa e Canada. Secondo i dati appena pubblicati dall’Istat nel report “Gravidanza, parto e allattamento al seno”, la percentuale italiana dei cesarei è pari al 36,3% nel 2013, oltre il doppio di quella raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità, e superiore di quasi 10 punti percentuali rispetto alla media Ue (26,7% nel 2011).
In parte, ma solo in parte, le ragioni vanno cercate nell’aumento dell’età media al parto, passata da 30,6 anni nel 2000 a 32 nell’anno scorso. Tant’è che la quota massima di parti chirurgici avviene tra le over 40, con il 47,2%. Ma la percentuale è decisamente alta, 30,1%, anche tra le venticinquenni. E comunque si ricorre alla chirurgia di più al sud (45,2%), dove l’età media al parto è un po’ più bassa che al nord (31,3 rispetto ai 32,2 anni al nord).
Sarà allora che le italiane soffrono di più di patologie legate alla gestazione, per le quali si raccomanda di procedere al taglio cesareo? Non proprio, vista la “bassa diffusione di queste patologie”, si legge nel report. La percentuale di cesarei è particolarmente alta nelle strutture private: 64,6% contro 33,4% delle strutture pubbliche.
Come mai allora la forte tendenza italiana? Molto ci sarà di “medicina cautelativa”, cioè di scelte fatte dai medici per tutelare innanzi tutto loro stessi e la loro reputazione, e difendersi da cause e richieste di risarcimenti. Ma ancor più c’è di economico, considerando che non si sta parlando solo di salute ma anche di soldi. In più occasioni è stata denunciata la tendenza delle strutture sanitarie a passare per la via più “complessa”, come quella chirurgica, non per ragioni cliniche ma solo per avere rimborsi maggiori. Scelta che sembra in voga in particolare con le nascite, tanto che la modalità con cui si partorisce è considerata un indice di appropriatezza sanitaria. I dati dei casarei italiani sono talmente alti da lasciar temere una precisa strategia adottata dai dirigenti sanitari per ottenere rimborsi più elevati da parte del sistema sanitario nazionale. Una tendenza in atto in tutta Europa e non solo per i parti, ma particolarmente eclatante in Italia.
gina pavone
22/1/2015 www.ingenere.it/
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