Il paese dell’indignazione lavabile: un’invettiva
Una classe dirigente arrogante e mediocre ha occupato ogni spazio con la pretesa di saperne di più, di avere una superiorità morale nei confronti degli altri cittadini, di chi è costretto a subire gli effetti delle scelte ottuse e pessime che vengono portate avanti da anni. E che per di più viene colpevolizzato con cinismo
La colpevolizzazione è una delle armi più usate da chi, senza alcun valore umano, sociale e culturale, giudica il prossimo con sufficienza e cinismo. I disoccupati sono quelli che non vogliono lavorare, i poveri sono quelli che non vogliono fatturare, i migranti sono viaggiatori sprovveduti, i giovani sono meno bravi dei loro genitori, i più giovani un disastro e via andando sul viale dei luoghi comuni: chi protesta è un fallito, chi studia e non per fare profitti a qualunque costo perde tempo.
Con un rumore di fondo mediatico cialtrone e con un retrogusto securitario.
E non parliamo del governo attuale tasciofascico: loro sono quello che sono, non potrebbero essere altrimenti, camminano all’ombra delle loro convinzioni. Convinzioni e ideologie che a me fanno venire la pelle d’oca, ma onestamente non mi aspetto e non mi aspettavo un atteggiamento libertario, civile, con uno sguardo verso chi sta peggio. Mi aspetto e mi aspettavo esattamente quello che è: il peggio del peggio, frutto anche di una mentalità che si è andata a costruire nel Paese da decenni. Nei decenni in cui la classe dirigente ha agito per meglio distruggere il bene comune, culturale, ambientale e politico.
Quindi, come direbbe il barbiere anarchico citando una sua vecchia lettura: che fare?
Opporsi al declino, innanzitutto. Ognuno con le armi che ha. Resistendo anche di fronte a una narrazione tossica. Che non è quella del settimanale Internazionale. La copertina di questa settimana, per esempio, mostra giovani infangati in Romagna; volontari, la meglio gioventù che ha infilato gli stivali e si è messa a spalare.
Sono gli stessi ragazzi raccontati come sfaticati, quelli che mentre i governanti tagliano boschi e cementificano le aree alluvionali, asfaltando anche sentieri più sentieri, si pongono il dubbio del futuro, del loro futuro. Sono quelli che mentre il ceto politico del Paese affastella condoni e altre forme di costruzioni assurde, ponti inutili e opere faraoniche, getta vernice lavabile per dire al mondo: ci siamo anche noi. E mentre sale l’onda mediatica del disprezzo per azioni simboliche per il bene comune di tutti, crescono i silenzi sulle cause dello sfacelo italiano, ribadisco: sfacelo culturale, amichettistico, ambientale, affaristico.
Penso che tutti noi, come atto civile e politico, dovremmo fare mezzo passo indietro. Ascoltare le ragioni degli altri, dei giovani, dei perdenti della società, dei più deboli, di chi non abbassa la testa di fronte alla spietatezza mafiosa che sta diventando un modo di essere costante. Mezzo passo indietro. Per meglio osservare la realtà, sottraendoci dai venti mediatici, dagli interessi di pochi che comunicato ai molti certezze assolute basate sulla prevalenza del successo economico. Un successo di pochi che stiamo pagando tutti a caro prezzo.
Tornando al fango, mi viene in mente che gli stivali indossati dai volontari che stanno ripulendo la Romagna sono importanti e potenti perché quel fango lo spalano senza alcun incentivo al profitto, ma per il bene comune.
Ecco, ricordiamocene quando la vernice lavabile del buon senso provvisorio mediatico della classe dirigente sparirà e tornerà la patina del cinismo. Il bene comune è il futuro. E noi dobbiamo ricordarcene e difenderlo. Non esiste una terza via.
Antonio Cipriani
28/5/2023 https://www.remocontro.it/
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