Il partigiano Oscar

La guerra finì. O almeno così credevano. Fecero una associazione per raccogliere tutti coloro che avevano lottato per la dignità del popolo. 
Tra questi combattenti c’ero anch’io. Oscar Burroni. Disertato dall’esercito dell’Italia fascista e successivamente comandante partigiano. Decorato. 
Ma non mi iscrissi all’Anpi. Perché? Perché la guerra non era finita e non aveva senso chiudersi in una associazione che raccoglieva i partigiani di tutte le estrazioni politiche, senza una precisa connotazione ideologica. C’erano comunisti si, ma anche liberali, e persino democristiani ed ex-monarchici. L’unico lato in comune era l’antifascismo.
I miei figli crescevano. E mi impegnai molto a lavorare, e come me mia moglie Primetta, per garantire loro una istruzione. 
La mia secondogenita morì giovane. Il  primogenito, ispettore bancario, non aveva capito molto dei motivi di quel conflitto apparentemente ormai finito. Mentre il terzo e più giovane dei figli era molto scapestrato, non era portato per la scuola ma studiava molto per suo conto. Il liceo scientifico non faceva per lui. Leggeva Marx. 
Si impegnava a lottare contro quella polizia che, seppur modernizzata, ancora imponeva le regole secondo l’idea fascista. 
Il tempo passò, invecchiai in fretta e destino infame volle che un ictus mi paralizzasse buona parte del corpo. 
Di due figli rimasti uno si allontanò: Un bancario, liberale per comodo, non faceva bella figura nel pulire il culo al padre. Il più giovane, attento a coltivare la sensibilità che aveva appreso dall’ideologia, si adoperò giorno e notte e con l’aiuto dei nipoti mi garantì ancora due lustri di vita dignitosa. 
Oggi non ci sono più. Avrei più di un secolo età. E anche l’Anpi ha perso i suoi partigiani. Oggi è piena di iscritti che la guerra non l’hanno mai fatta, confusi sul piano ideologico (fortunatamente non tutti) tanto da chiamar sinistra dei liberali filo-democristiani dando loro la tessera e talvolta persino la segreteria amministrativa. Cioè rischiando di lasciare il comando, come si sarebbe detto un tempo, a dei borghesi che, per ovvie ragioni, poco si discostano dai fascisti. 
Non lottano più, al massimo manifestano e per farlo chiedono pure il permesso. A chi? Ad un questore fascista. 
Oggi nell’ associazione partigiani c’è una rottura tra chi ha aderito per grande spirito antifascista ma spesso senza reale consapevolezza del conflitto ancora esistente, e chi invece per mero opportunismo, cercando di destabilizzare dall’interno una futura nuova resistenza portandola a vantaggio delle fazioni avverse. Sarà difficile resistere senza ricostruire una consapevolezza ideologica di anarco-comunismo etico e fortemente motivato. Ma resistenza va fatta, di nuovo.
Sarà peró difficile che questo avvenga nelle file di una associazione. Sarebbe compito di un partito, o di un movimento ideologico.
Avevo previsto questa situazione molti anni prima, perché.l’anpi per sua natura (rispettabilissima) non é una ideologia. Per questo non aderii all’Anpi, ma solo alle lotte operaie. Preferii lasciare un monito ai nipoti: “Non è mai troppo rosso”. 
Sono e resto il partigiano Oscar. Pensatemi ogni tanto. E chiedetevi quale sarebbe il mio punto di vista. 

Delfo Burroni

Nipote del Partigiano Oscar

24/7/2020

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