Il Piano di Sanders sul lavoro

Sanders ha annunciato il suo Workplace Democracy Plan (Wdp) (Piano per la democrazia sui posti di lavoro, NdT). Si basa sulla profonda comprensione degli attuali problemi principali dei lavoratori. Senza dubbio è il piano più serio, ampio, ed equo mai proposto da uno dei principali candidati americani alla presidenza statunitense per promuovere i diritti dei lavoratori.

Così come è successo con Medicare for All, il Wdp di Sanders mette i diritti dei lavoratori al centro del dibattito delle primarie democratiche: appoggiandolo o meno, tutti gli altri candidati dovranno rispondere a questa proposta.

Il Wdp cerca di declinare le leggi sul lavoro intorno all’idea che si debbano promuovere attivamente i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e che lo stato non debba essere considerato come un arbitro apparentemente neutrale che ha il solo compito di bilanciare gli interessi in conflitto tra capitale e lavoro. Il piano riconosce e tenta di rimediare all’intrinseco squilibrio di potere tra i lavoratori e i loro datori di lavoro, squilibrio che deriva dal semplice fatto per cui il bisogno di mantenere il posto di lavoro per un singolo lavoratore è maggiore del bisogno di un datore di lavoro di tenere quel lavoratore impiegato.

Questo è il motivo per cui il Wdp rimuove gli ostacoli alla possibilità dei lavoratori di unirsi in sindacato attraverso un processo di «iscrizione a maggioranza», in base al quale quando sul posto di lavoro c’è una maggioranza certificata che vuole organizzarsi in sindacato, i lavoratori sono autorizzati a formarlo. Si riconosce la decisione di far parte di un sindacato come volontà esclusiva dei lavoratori, senza alcuna interferenza dei loro datori di lavoro, cosa invece consentita dall’attuale sistema di riconoscimento sindacale.

Per questo stesso motivo il piano limita la possibilità dei padroni di costringere i lavoratori a partecipare a riunioni anti-sindacali, richiedendo loro di palesare a tutti quando utilizzano consulenti anti-sindacali, garantendo agli attivisti lo stesso tempo per parlare ai lavoratori sul posto di lavoro. Nel caso in cui i lavoratori si sindacalizzino, gli imprenditori avranno il dovere di negoziare un primo contratto o affrontare un arbitrato vincolante. Inoltre, il documento estende gli stessi diritti sindacali a tutti i lavoratori del settore pubblico e rimuove l’arbitraria e razzista esclusione dei lavoratori agricoli e domestici dalle leggi di protezione del lavoro.

Il Wdp riconosce che i diritti di lavoratori e lavoratrici possano essere esercitati e assicurati solo collettivamente.Troppo spesso, datori di lavoro e tribunali hanno utilizzato distorte interpretazioni del diritto individuale per minare i diritti collettivi. Il più palese esempio è quello la legge «right-to-work», che con il pretesto della difesa del diritto individuale del lavoratore di non entrare in un sindacato, mina la solidarietà sindacale. Ciò avviene permettendo ai singoli lavoratori nei luoghi di lavoro sindacalizzati di non pagare i costi per negoziare e far applicare i contratti di cui poi beneficiano. Abrogando la legge «right-to-work», il Wdp impedisce questo stratagemma.

Il Wdp promuove inoltre la possibilità dei lavoratori di esercitare i loro diritti collettivi attraverso l’espansione e l’assicurazione del diritto di sciopero. Sanders sottolinea che questa è «la linea difensiva dei lavoratori». È «il mezzo che dice al tuo datore di lavoro, ‘Hey, siamo seri’». Per la stessa ragione, il programma vieta ai manager di assumere lavoratori (crumiri) che rimpiazzino gli scioperanti e espande il diritto di sciopero ai lavoratori del settore pubblico; infine, permette i «boicottaggi secondari», grazie ai quali i lavoratori possono spingere i datori di lavoro a prendere misure contro società economicamente collegate alle proprie.

Complessivamente il Wdp propone una serie di riforme che non permettono ai datori di lavoro di sottrarsi dalle responsabilità verso i lavoratori e stabilisce norme per la protezione sui posti di lavoro. Richiede la «giusta causa» per il licenziamento. Non permette che i lavoratori vengano classificati come «liberi professionisti» per negare loro diritti e tutele, o evitare di pagare loro gli straordinari ritenendoli «supervisori». È previsto anche che le grandi corporazioni non abbiano più modo di nascondersi dietro franchising e particolari contratti che riconoscano gli impiegati come “soci” solo per evitare responsabilità sugli stipendi e le condizioni lavorative.

Allo stesso modo, richiede alle aziende di rispettare gli accordi sindacali esistenti in caso di fusioni. Inoltre, istituisce un sistema per proteggere le pensioni dei lavoratori e garantire che i datori di lavoro trasferiscano i risparmi ottenuti dai costi dell’assistenza sanitaria derivanti da Medicare for All ai lavoratori attraverso aumenti salariali e previdenziali.

Più ambiziosamente, propone un sistema di contrattazione per categorie e commissioni per negoziare gli stipendi, le indennità, e gli orari a livello di categoria anziché impresa per impresa, come fanno attualmente molti paesi europei. Non solo questo migliorerebbe gli standard di vita e di lavoro di milioni di persone, ma frenerebbe anche la corsa alla svalutazione delle condizioni di lavoro in una continua competizione al ribasso. Con stipendi e indennità esclusi dalla concorrenza, le aziende dovrebbero competere tra loro sulla qualità dei prodotti, dei servizi e sull’efficienza.

Complessivamente, le proposte del Wdp produrrebbero un cambiamento fondamentale dei rapporti di forza. Per questo la proposta di Sanders è importante.

Sanders sa che per ottenere il Wdp servirebbe una mobilitazione di massa. In questo senso la sua è più una chiamata alle armi che una proposta di legge: le riforme contenute nel Wdp saranno il risultato di una mobilitazione di massa capace di modificare i rapporti di forza. Non sarà la proposta in sé a produrre il cambiamento.

Nel proporre il Wdp, Sanders sta fissando un obiettivo a cui i movimenti possono puntare. Alza le aspettative dei lavoratori sostenendo la visione di un mondo dove gli impiegati possono esercitare un controllo nel lavoro che abbia peso sulle proprie vite. In questo, sta adempiendo al suo ruolo autodefinito di «organizer-in-chief».

Se molto di ciò che Sanders ha fatto fin qui si limita a un livello simbolico, è importante non sottovalutare l’importanza delle narrazioni simboliche. Nei primi anni Trenta, poco dopo l’entrata in carica, il primo tentativo del presidente Franklin D. Roosevelt di promuovere i diritti dei lavoratori fece parte di qualcosa chiamato National Industrial Recovery Act (Nira). La sezione 7 (a) di quella legge proclamava che «i dipendenti hanno il diritto di organizzarsi e contrattare collettivamente attraverso rappresentanti di propria scelta». Tuttavia l’atto in quanto tale era inefficace, non disponendo meccanismi per garantire o esercitare il diritto di organizzazione sindacale.

Ciononostante, i sindacati si sono approfittati delle parole della Sezione 7 (a) per portare il messaggio ai lavoratori di tutto il paese che «il presidente vuole che tu faccia parte di un sindacato». Il risultato fu una scintilla di lavoratori autorganizzati che accese la miccia per l’esplosione avvenuta qualche anno dopo. Considerata solo come legge, il contenuto della sezione 7(a) era irrilevante. Ad essere importante fu la legittimità che diede ai sindacati e l’estensione dell’orizzonte dei lavoratori che da quel momento percepirono come possibile organizzarsi in sindacato.

Anche senza l’approvazione del Wdp, il piano Sanders può essere usato per incoraggiare il movimento dei lavoratori ad alzare la posta quando si parla di ciò che i lavoratori meritano. La mobilitazione intorno al piano può cambiare i termini del dibattito e il senso di ciò che è possibile, così come abbiamo già visto accadere intorno alla discussione sul salario minimo di 15 dollari all’ora e per Medicare for All.

Sanders non si fa illusioni su ciò che deve succedere per ottenere la democrazia sul posto di lavoro. È cosciente che servirà uno scontro, e con il Wdp sta mobilitando le truppe per la battaglia. Come ha scritto su twitter lo stesso giorno che ha svelato il suo piano: «Se in questo paese ci deve essere lotta di classe, è tempo che la vincano i lavoratori».

Barry Eidlin

Ricercatore in sociologia alla McGill University, è stato delegato sindacale per la Uaw.

1/10/2o19 https://jacobinitalia.it

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