Il primo (e non unico) effetto dei dazi di Trump: i mutui italiani diventano più cari
Da una parte i posti di lavoro e l’inflazione, dall’altra la concorrenza sleale delle produzioni orientali. Le prospettive dei dazi di Trump non sono certo rosee per l’Europa. Ma il primo effetto, come ci conferma un funzionario bancario, è già in movimento: si rialzano i tassi sui mutui
L’annuncio dei nuovi dazi imposti dal presidente statunitense Donald Trump sui prodotti importati sta scuotendo l’economia globale e potrebbe avere pesanti conseguenze anche per i consumatori italiani ed europei.
I dazi annunciati prevedono un 10% generale su tutte le merci importate negli Stati Uniti dal 5 aprile, e dal 9 aprile una tariffa aggiuntiva del 20% sui prodotti provenienti dall’Unione Europea. Queste misure hanno già provocato crolli in borsa e panico sui mercati internazionali e preoccupazioni tra i partner commerciali.
L’obiettivo vero “La Ue rinunci al principio di precauzione”
Va detto che uno degli obiettivi di Trump è quello di azzerare quelle che considera barriere doganali assurde del Vecchio Continente alle merci statunitensi. Di cosa stiamo parlando? Di alimenti che non rispettano i limiti di sicurezza europei, più rigorosi di quelli a stelle e strisce (che pure Trump considera un ostacolo da abbattere): pensate a quelli che contengono biossido di titanio o pesticidi vietati all’interno della Ue, agli Ogm che devono specificarlo in etichetta… Non solo, tra le barriere invise al tycon americano ci sono anche cosmetici che non rispettano il regolamento di sicurezza chimica dettato dal Reach comunitario (ci viene in mente il Lilial), di mangimi ottenuti da deforestazione, di elettrodomestici che violano la direttiva ecodesign (cosa c’è di più indigesto che dichiarare la reperibilità dei pezzi di ricambio?)…
Non è certo una novità: Trump ci aveva già provato nel 2018 e non sta certo improvvisando ora.
Crollo dell’export made in Italy
L’impatto diretto sull’Italia sarà particolarmente pesante nel settore agroalimentare: l’aumento dei prezzi oltreoceano rischia di provocare un calo significativo delle esportazioni italiane negli Usa, con danni stimati in circa 1,6 miliardi di euro. Tra i prodotti più colpiti, ne abbiamo sentito parlare per giorni, ci saranno vini, liquori, formaggi e altre specialità del Made in Italy. Secondo Federvini, l’intero comparto di vini, spiriti e aceti, che coinvolge oltre 40mila aziende italiane, rischia un calo drastico delle esportazioni e la perdita di migliaia di posti di lavoro lungo tutta la filiera.
Secondo uno studio di Centromarca, l’associazione delle industrie di marca italiane,ogni categoria merceologica reagirà diversamente, poiché esistono specifiche dinamiche di esportazione e una diversa elasticità della domanda rispetto ai prezzi. Una ricerca condotta da YouGov per Centromarca negli Usa ha rivelato che circa metà dei consumatori statunitensi acquista prodotti grocery italiani con regolarità: tra i preferiti pasta (50%), olio d’oliva (46%), formaggi (38%), salse (37%) e vino (33%). Solo il 16% sarebbe disposto a pagare di più per mantenere il consumo attuale in seguito all’applicazione dei dazi, mentre il 30% afferma che ridurrà gli acquisti.
Nel 2024, il mercato americano rappresentava il 12% delle esportazioni italiane food & beverage e il 13% per i prodotti per la cura della casa e della persona, con crescite significative (+16%) tra il 2023 e il 2024. Prodotti come sidro (72%), acqua minerale (41%), olio d’oliva (32%) e aceti (30%) sono particolarmente esposti.
Più spazio al low cost orientale
Al contempo, in Europa cresce il timore di una valanga di prodotti asiatici, in particolare dalla Cina e dal Vietnam, che non potranno più entrare facilmente nel mercato statunitense a causa dei dazi americani, e che cercheranno sbocchi alternativi sul mercato europeo. Questo scenario potrebbe provocare un sovraffollamento del mercato Ue, mettendo sotto pressione la produzione interna e innescando un possibile abbassamento generalizzato dei prezzi, con gravi conseguenze per produttori e lavoratori europei.
Per i consumatori italiani ed europei, le ripercussioni potrebbero essere doppie: da un lato, il rincaro dei prezzi negli Stati Uniti provocherà una perdita di quote di mercato per molte aziende europee e una possibile crisi occupazionale in Europa; dall’altro, l’afflusso eccessivo di prodotti asiatici potrebbe abbassare la qualità media delle merci disponibili sul mercato, aumentando la concorrenza sleale e il rischio di dumping commerciale.
Sul primo versante non c’è solo la perdita di quote di mercato negli Usa (e dunque di posti di lavoro da noi) da parte delle aziende tricolori a spaventare gli italiani, ma anche alcune scelte già annunciate, come quelle di Lavazza e Illy, che si sono dichiarate disposte a spostare la produzione proprio negli States.
Gli effetti sul nostro portafogli: si parte coi mutui
Se fin qui siamo ancora nell’ambito delle ipotesi, per quanto fondate, un riflesso già avvertibile su milioni di italiani è quello sui mutui. Chi aveva in programma una rinegoziazione del proprio prestito o pensava all’accensione di uno nuovo, si sarà già accorto che la discesa dei tassi si è fermata. E non siamo che all’inizio di quello che ci aspetta.
Un funzionario di una grande banca italiana ieri ci raccontava che i tassi mutui per i dipendenti del suo istituto, per la prima volta dopo mesi, nei primi giorni di aprile non solo non erano scesi ma erano addirittura saliti. “Quelli dei clienti tradizionali – ci diceva – seguono a breve distanza. Non c’è da aspettarsi niente di positivo”.
E nulla di positivo era stato prospettato nientemeno dal governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta nella relazione al bilancio 2024 di fine marzo, quando chiedeva “cautela nel percorso di diminuzione dei tassi ufficiali“. In termini facili il governatore ha fatto appello alla Banca centrale europea di non procedere a giugno a una diminuzione dei tassi, mossa davvero poco usuale per un paese come l’Italia che sul suo enorme debito pubblico paga miliardi di interessi, per l’appunto a un tasso che dipende dalle decisione della Bce.
E qui tornava una proiezione poco piacevole per i consumatori italiani nelle parole di Panetta: “Guardando al futuro, la lotta all’inflazione non può ancora dirsi conclusa”.
Riccardo Quintili
4/4/2025 https://ilsalvagente.it
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