Il problema dell’insicurezza

Si nasconde che la violenza più grande viene dallo Stato borghese stesso, dalla polizia, dalle leggi e dalla fame. Insistiamo, l’insicurezza più grande è quella del mercato, che minaccia ogni giorno di lasciarci senza lavoro, senza tetto, senza pane.

di Fernando Buen Abad

Niente è più insicuro per il popolo del programma neoliberista e della sua progenie. Non c’è famiglia della classe operaia che non sia stata colpita da attacchi ai salari, alla casa, all’istruzione e alla sanità. Insicurezza nella difesa dei diritti umani, nella tutela del patrimonio e della dignità. Non è sicuro trovare un lavoro, non è sicuro avere una pensione sufficiente, non è sicuro avere a che fare con qualsiasi forza di sicurezza, l’industria farmaceutica è insicura e la verità sacrificata dai “media” è insicura. O, in altre parole, l’unica cosa certa è che il capitalismo continuerà a distruggere il pianeta, gli esseri umani e ogni patrimonio di civiltà costruito con il sangue, il sudore e le lacrime delle lotte sociali.

La borghesia dice che tutto è insicurezza, spaventata e disperata a causa dell’indignazione del popolo di fronte al disastro causato dal capitalismo, e dice che è urgente avere più sicurezza (armi, vigilantes, repressori ed esecutori armati anche di “leggi”) per frenare la coscienza della classe operaia, spaventarla, demoralizzarla e disorganizzarla. Vogliono sicurezza solo per se stessi, per i loro quartieri privati, le loro aziende, gli uffici e le auto costose. Vogliono sicurezza per i loro figli e le loro famiglie, vogliono sicurezza per i loro interessi, la loro ideologia e i loro profitti. Non importa se perché ciò accada sarebbe necessario soffocare il 90% della popolazione nell’insicurezza. Per fare questo, assumono funzionari, polizia, militari, guardie del corpo e sicari di ogni tipo. Spendono i soldi delle tasse mentre concedono accordi immorali per consolidare un’industria dell’insicurezza che ha tutto. Dai proiettili ai telegiornali, dalle vittime inventate ai laboratori di guerra psicologica. L’insicurezza che il capitalismo produce è una merce molto costosa pagata con la spremuta del lavoro e del plusprodotto. Spingono per chiedere più polizia, più carcere, più controllo, proprio gli strumenti che garantiscono il dominio di classe. La sindrome di Stoccolma si è trasformata in una “battaglia culturale” borghese.

Non è sicuro per loro pagare il loro stipendio, non è sicuro mantenere il loro lavoro. Non è certo che il medico non sarà visitato, e non è certo che i farmaci funzioneranno. Il posto nelle scuole non è certo, il “perdono dei peccati” non è certo. Non è sicuro tenere la casa e non è certo cosa dicono nei loro notiziari. Una mostruosa fabbrica di insicurezze che usa come vittima prediletta i “criminali”, i più poveri, i più feriti dalle ingiustizie e dalle ingiustizie sociali. Alcuni segugi della borghesia vogliono far pagare i minori, vogliono una “mano ferma” mentre si bagnano in densi brodi di saliva con odio di classe. Esibiscono spudorati e puzzolenti, i loro gingilli ideologici con il volto dei saputelli. Non una parola sulle cause storiche o sulle ingiustizie sistemiche di un apparato economico intossicato da astrazioni disumane, guerre di avidità e “funzionari” corrotti, spudorati e impuniti.

Un attacco a tutti i diritti del lavoro conquistati dalla classe operaia, ai contratti collettivi di lavoro e agli importi salariali che i padroni considerano “costi” è certissimo. E’ certo che l’onere fiscale per le imprese sarà reso più flessibile e inasprito nei confronti dei consumatori. Alcuni governi fantoccio stanno già riducendo le tasse sull’acquisto di articoli di lusso. E’ certissimo che la vita insicura scatenerà i suoi peggiori episodi contro i popoli e tutto questo in nome della Libertà e della Democrazia. Il futuro sarà più incerto per la grande maggioranza e sarà certissimo che i settori privilegiati amplieranno il benessere e i profitti. Più o meno lo stesso peggiora.

Il suo neoliberismo manipola il concetto di insicurezza con tutti i suoi espedienti ideologici che trasformano un problema sociale complesso in uno strumento funzionale anche per attaccare gli oppositori e la ben nota conservazione dell’ordine capitalista. Tale manipolazione non è casuale perché è una parte sostanziale della macchina egemonica che garantisce la riproduzione dei rapporti di potere. Nella loro operazione primordiale “vendono” l’insicurezza come un fenomeno senza tempo, puramente tecnico o naturale, scollegato dalle condizioni materiali oggettive. Nascondono la radice strutturale del problema (disuguaglianza, povertà, sfruttamento) e lo mascherano come una questione di comportamenti individuali devianti o di misure repressive insufficienti.

Spogliano il concetto di insicurezza di ogni dimensione politica, lo vendono nei loro telegiornali come un problema che colpisce tutte le classi sociali allo stesso modo, quando in realtà la sua esperienza e le sue cause sono profondamente diseguali. Vendono la paura che costruisce una narrazione in cui l’insicurezza appare come una minaccia esterna, astratta, senza soggetti né relazioni sociali. Si nasconde che la violenza più grande viene dallo Stato borghese stesso, dalla polizia, dalle leggi e dalla fame. Insistiamo, l’insicurezza più grande è quella del mercato, che minaccia ogni giorno di lasciarci senza lavoro, senza tetto, senza pane.

Tutte le armi oligarchiche per la produzione di significato giocano un ruolo centrale nel convertire l’insicurezza in merce della Battaglia Culturale. Producono una semantica iperbolica del pericolo, che non corrisponde alla statistica reale dei fatti. Fabbricano il panico che paralizza la capacità critica e predispone la popolazione ad accettare misure autoritarie. Umberto Eco definì i media come “una fabbrica di consenso per saturazione”.

Selezionano enti, territori e soggetti accusati di produrre insicurezza. Adorano lo stereotipo dei giovani, uomini e donne, poveri, narco-dipendenti, migranti, lavoratori precari… per trasformarli in “capri espiatori”, mentre la violenza dello Stato e del capitalismo rimane invisibile. Marx ha denunciato questo meccanismo nel Capitale, mostrando come l’incriminazione dei poveri serva a disciplinare la classe operaia mentre naturalizza i crimini economici della borghesia. Tutti gli errori sull’insicurezza generano un indurimento dell’apparato repressivo, che a sua volta aumenta la violenza e l’esclusione dello stato, che produce un’insicurezza più oggettiva. A loro non interessa risolvere “il problema dell’insicurezza”, in realtà lo mascherano per riprodurlo e quindi gestire meglio la propria crisi.

Bizzarra operazione semiotica per trasformare le rivendicazioni popolari in rivendicazioni reazionarie, distorcendo la lotta contro la disuguaglianza per trasformarla in un “senso comune” che chiede “ordine” che reprime le vittime. Nessuna delle insicurezze non è un problema al di fuori del capitalismo, ma un prodotto necessario delle sue contraddizioni interne. Manipolano i loro significati per trasformarli in strumenti di disciplina sociale. Una semiotica emancipatrice deve servirci a smantellare questo simulacro, rendendo il suo carattere storico, politico e di classe trasparente dall’insicurezza. Senza negare la violenza sociale, né l’insicurezza nei progetti non capitalisti o neoliberisti, identificatela sulla mappa della lotta di classe. La nostra vera sicurezza non può che essere la sicurezza del pane, dell’alloggio, della salute, dell’istruzione e della dignità per tutti.

9/3/2027 https://www.telesurtv.net/

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