Il programma di Unione Popolare: ‘Libro dei Sogni’ o ‘Ipotesi Rivoluzionaria’?
Quando ho letto per la prima volta il lungo ed articolato programma elettorale di Unione Popolare, ho subito immaginato quali sarebbero state le possibili obiezioni di cronisti e osservatori: “Questo è soltanto un libro dei sogni!” e ancora “Ma dove pensate di trovare i soldi per realizzare tutta questa lunga sequela di proposte e riforme!”.
Se non ho capito male, dalle prime interviste e dai primi commenti e dibattiti pubblici, mi pare di capire che proprio queste siano le principali obiezioni mosse al programma di Unione Popolare.
Senza nessuna pretesa, neppure immaginaria, di volermi sostituire ai portavoce ufficiali, mi permetto qui di seguito di ipotizzare come avrei risposto io a simili questioni. A scanso di equivoci, aggiungo che il mio intervento mi serve solo per precisare cosa penso sul futuro possibile di Unione Popolare, affrontando argomenti che comunque sarebbe stato quasi impossibile trattare in una vera intervista.
Giornalista N.1: “ Non le pare che il vostro programma sia una sorta di libro dei sogni?”.
Il sottoscritto: “ Devo darle atto che lei ha capito, almeno in parte, il senso del nostro programma. E’ vero il nostro è, da un certo punto di vista, “Il libro dei sogni”, se confrontato con ciò che sarà il prossimo parlamento, e su ciò che concretamente faranno i prossimi governi, ai quali noi certo non saremo invitati. Che ce ne faremo allora del “libro dei sogni”?
E’ bene precisare, a questo proposito, che noi non siamo e non vogliamo essere un semplice cartello elettorale, quanto piuttosto una forza propulsiva il cui obiettivo è quello, senza pretese egemoniche, di contribuire a creare una vera e propria coalizione sociale dei movimenti e delle strutture politiche e sindacali di base, capace di interloquire in modo dialettico, e se necessario anche in modo antagonista, con le Istituzioni governative, con l’obiettivo di una profonda trasformazione sociale a favore dei lavoratori, dei fragili e degli ultimi.
In questa prospettiva il nostro “libro dei sogni”, fatte salve tutte le modifiche che altri soggetti e la realtà delle cose imporranno, diverrebbe allora il “Libro del realismo dell’antagonismo sociale”. In fondo è proprio al fine di promuovere questo processo di lunga durata che partecipiamo alle elezioni e che abbiamo scritto il nostro programma come una bozza del “Libro dei sogni possibili e in futuro (si spera) vincenti!”.
Giornalista N.2: “Ma dove pensate di trovare i soldi per realizzare un simile programma”.
Il sottoscritto: “Come ho già detto al suo collega, noi vogliamo solo essere un avamposto dentro le Istituzioni di quello che immaginiamo come un lungo e difficile processo di trasformazione sociale, i cui soggetti reali saranno nelle piazze e nei luoghi di lotta, fuori dunque dal Parlamento entro il quale noi riporteremo solo la loro voce.
Nello svolgersi di queste dinamiche conflittuali è possibile immaginare (e sperare) che vi siano momenti in cui alcuni degli obiettivi, che noi oggi presentiamo entro il nostro programma , risultino vincenti, implicando ovviamente delle spese aggiuntive per il bilancio pubblico. Per far fronte, dal punto di vista finanziario, a questi casi specifici, esistono già oggi e sono ampiamente utilizzabili, strumenti usuali di finanza pubblica, che vanno dalla tassa patrimoniale sulle grandi rendite all’allargamento della forbice nella progressività delle imposte sui redditi, fino alla possibilità di ridurre le spese in alcune voci di bilancio, come ad esempio le spese militari.
Deve tuttavia essere chiaro a tutti che una trasformazione non solo parziale, ma radicale e complessiva, degli assetti sociali e delle relazioni di potere, come quella che noi auspichiamo nel nostro programma, che come si è visto va molto oltre un’ottica puramente elettoralistica, implicherebbe anche, e necessariamente, una completa trasformazione delle logiche degli attuali diktat della finanza, finalizzati a produrre il ricatto del debito come strumento di dominio globale.
Un nuovo uso etico del denaro e della moneta al servizio del bene pubblico che è già oggi, almeno in parte, anche tecnicamente possibile, e rispetto al quale la stessa domanda sul dove trovare i soldi risulterebbe, quanto meno, mal posta.
Antonio Minaldi
29/8/2022 https://www.pressenza.com
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