Il Senato ha approvato l’abolizione del reato di abuso d’ufficio
Con 99 voti a favore, 50 contrari e 9 astenuti, ieri il Senato ha dato il via libera a uno dei punti più discussi della riforma della giustizia del governo Meloni: l’eliminazione del reato di abuso d’ufficio. Come prevedibile, a votare compattamente a favore dell’abrogazione sono state le forze politiche che compongono la maggioranza di governo, ma un supporto fondamentale è arrivato anche dai partiti di Azione e Italia Viva, che sulla giustizia hanno sempre dato man forte all’azione dell’esecutivo. Contrari, invece, il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra, di cui sono stati bocciati tutti gli emendamenti. Nonostante il progetto di abrogazione del reato da parte del governo Meloni si sia scontrato con la netta contrarietà da parte di entità importanti come quelle dell’Antimafia, dell’Anticorruzione, dell’Associazione Nazionale Magistrati e dell’Unione Europea, che ne hanno sottolineato le enormi criticità, la maggioranza ha tirato dritta per la sua strada senza voler sentire ragioni.
L’art.1 del ddl Nordio concernente l’abuso d’ufficio è stato approvato a Palazzo Madama dopo il semaforo verde da parte del Consiglio dei ministri arrivato lo scorso giugno e un lungo iter in Commissione. Il reato di abuso d’ufficio, oggetto di numerose riforme negli ultimi decenni, è ad oggi delineato dall’art. 323 del codice penale, che lo individua nel momento in cui un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, esercitando le sue funzioni e con dolo, produce un danno o un vantaggio patrimoniale a sé o ad altri che si pone in contrasto con le norme di legge. Se fosse effettivamente abrogato in via definitiva, come hanno sottolineato pressoché tutti gli addetti ai lavori, primi tra tutti la Procura Nazionale Antimafia, l’Associazione Nazionale Magistrati e l’ANAC, verrebbe meno un reato reputato imprescindibile nella battaglia contro la corruzione. Forti anche i rischi di incostituzionalità: l’eliminazione del reato risulta infatti contraria ai principi europei – non a caso, la Commissione ha dichiarato che tale azione, insieme alla limitazione della portata del reato di traffico di influenze (altro punto del ddl) depenalizzerebbe “importanti forme di corruzione”, arrivando a “compromettere l’efficace individuazione e lotta alla corruzione” – e al contenuto della Convenzione Onu di Merida, ratificata dal nostro Paese. Quest’ultima, infatti, all’art. 19 recita: “Ciascuno Stato Parte esamina l’adozione delle misure legislative e delle altre misure necessarie per conferire il carattere di illecito penale, quando l’atto è stato commesso intenzionalmente, al fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere, nell’esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per se o per un’altra persona o entità”. «La norma che, cancellando il reato di abuso d’ufficio, legalizza lo sfruttamento ai fini clientelari e nepotistici del potere pubblico, normalizza il conflitto di interessi, autorizza l’abuso del potere contro i cittadini per odiosi fini ritorsivi – ha detto martedì in discussione generale il senatore pentastellato Roberto Scarpinato, strenuo oppositore della riforma Nordio –, è in palese contrasto con i valori di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione tutelati dall’articolo 97 della Costituzione, e viola l’articolo 24 che garantisce ai cittadini la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei loro diritti».
Ad ogni modo, la maggioranza ha proceduto imperterrita per la sua strada, respingendo con un unico voto martedì le pregiudiziali di costituzionalità avanzate da PD, M5S e AVS. Stessa sorte è toccata agli emendamenti presentati in aula dalle opposizioni. Certo è che le scelte sulla giustizia evidenziano più di ogni altro ambito l’enorme spaccatura presente nel fronte delle forze politiche che non rientrano nel perimetro della maggioranza. Se, infatti, tra renziani-calendiani e pentastellati la distanza è da sempre siderale, il PD il turbamento lo vive al suo interno. Proprio sull’abuso d’ufficio, è infatti in atto un duro scontro tra molti sindaci dem, favorevoli all’eliminazione del reato per la cosiddetta “paura della firma”, e la segreteria del partito, che invece ne vuole fare una battaglia antigovernativa. Eppure, ci sono segnali che inducono a ritenere che le resistenze interne al PD siano ampiamente rappresentate anche in Aula. Basti pensare che l’emendamento proposto da Roberto Scarpinato in cui si chiedeva di non abolire l’abuso d’ufficio, ma di rimodularlo sulla base dell’indirizzo prevalente della Cassazione, ha ottenuto con voto segreto solo trenta sì, quelli dei 5 Stelle. Il Pd, infatti, ha votato contro.
Stefano Baudino
8/2/2024 https://www.lindipendente.online/
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