IL TARIFFARIO DELLE PRESTAZIONI SANITARIE E L’OMICIDIO DI BRIAN THOMPSON

Luigi Mangione di 26 anni, laureato in ingegneria informatica alla Pennsylvania University, la mattina del 4 dicembre ha ucciso l’amministratore delegato della più importante compagnia di assicurazione sanitaria statunitense, la UntedHealthcare. Sui proiettili erano scritte tre parole che in italiano si traducono « Ritarda, Nega, Difendi » che sono il titolo del libro pubblicatonel 2010 “Delay, Deny, Defend”, scritto da Jah M. Feinman, esperto di diritto assicurativo,  dove si descrivono i modi in cui le compagnie di assicurazione ritardano il pagamento delle prestazioni, negano legittime richieste di assistenza e difendono le loro azioni costringendo i richiedenti a intentare una causa, il tutto al fine di conseguire profitti astronomici ». Un omicidio equiparabile a un regicidio di altri tempi dal momento che oggi i capitani della finanza e dell’industria contano più dei re e dei capi di governo. Un novello Gaetano Bresci (1), l’anarchico che vendicò la strage (ottanta morti e centinaia di feriti) operata a Milano dal generale Fiorenzo Bava Beccaris, responsabile dei colpi di cannone contro la gente che protestata contro il caro del pane. All’arresto di Luigi Mangione sono seguiti sui social molti posts simpatizzanti con lui: «Larga vida a Luigi » che danno la misura del livello di gradimento delle assicurazioni sanitarie in quel paese. Tanto ricco e tanto potente da non riuscire ad assicurare assistenza sanitaria a tutti i suoi cittadini. Una chiara disamina della condizione dell’assistenza sanitaria negli USA è fornita dal professor Gavino Maciocco in questo articolo su Salute Internazionale. (2)

Ritardare, negare e difendersi è la tattica utilizzata anche in Europa da questo nuovo mercato. Alcuni anni fa fui coinvolto in una disputa nella quale una paziente che aveva eseguito una mastectomia parziale non venne rimborsata dalla assicurazione perché non aveva eseguito una mastectomia come scritto in polizza, intendendo per mastectomia solo quella totale, intervento in disuso già negli anni ’90 del secolo scorso. Oppure se fai una gastroscopia e si trova un’ernia iatale può capitare che non si veda rimborso perché l’ernia iatale non è tra le patologie contemplate.

Con tutto questo c’entra molto il nuovo nomenclatore e tariffario italiano che, emanato nel 2023 a gennaio doveva entrare in vigore ad aprile, ma la sollevazione delle organizzazioni rappresentative delle strutture sanitarie private e di alcune regioni, ne aveva fatto slittare l’applicazione. La ragione era nella riduzione della remunerazione di molte prestazioni. E naturalmente gli operatori privati avevano di che dolersene. Il tariffario delle prestazioni ambulatoriali, in realtà, stabilisce, intanto, quali prestazioni possono essere a carico del servizio sanitario pubblico, i cosiddetti Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), quindi dell’erario, e il prezzo a cui possono essere rimborsati. Per il primo aspetto il governo ha vantato il merito di un aggiornamento a lungo atteso dal momento che l’ultima edizione era del 1998. In effetti si ritrovano molte voci prima non previste, tra queste la fecondazione assistita, che dovranno essere assicurate in tutta Italia e che lo erano già in alcune regioni “ricche” ma solo per i residenti. Le Regioni possono prevenderne ulteriori o innalzare la remunerazione, ma a proprie spese, da qui anche la ragione della “autonomia differenziata” chiamata non a torto la “secessione dei ricchi”. Il tariffario oltre che stabilire il rimborso per l’erogatore privato, lo stabilisce anche per quello pubblico. Sia pure in modalità differenti nelle diverse regioni e le diverse aziende sanitarie, il succo della questione per un ospedale o un’azienda pubblica può essere così espresso: le prestazioni erogate vengono valorizzate secondo il tariffario ed esprimono il valore della “produzione” di ciascun reparto e, sommando, dell’ospedale o dell’azienda. Se la “produzione” supera l’assegnazione prevista dalla Regione, c’è un piccolo riconoscimento ulteriore, se è inferiore, l’assegnazione può ridursi negli anni successivi con difficoltà di gestione (meno personale, meno materiale di consumo) e conseguente disservizio. Questa “finanziarizzazione” delle prestazioni può provocare distorsioni, sia nel pubblico che nel privato. È infatti difficile, anche se non impossibile, verificare se si utilizzano le pieghe del tariffario per ottenere la massima remunerazione possibile. Anche nel pubblico si può correre questo rischio perché una parte della retribuzione di risultato è legata al raggiungimento degli obiettivi economici.

Il 30 dicembre scorso il tariffario doveva entrare in vigore ma una trentina di organizzazioni di categoria private si opponeva dinanzi al TAR del Lazio ottenendo una nuova sospensiva fino al 28 gennaio. Il tutto mentre gli informatici degli enti sanitari pubblici e privati stavano convertendo a tariffario e nomenclatore nuovi il sistema di prenotazione. Una nota dell’Avvocatura dello Stato, dopo appena 24 ore, ha ottenuto la marcia indietro dei giudici amministrativi convincendoli della paralisi che l’applicazione della sospensiva avrebbe prodotto. Vedremo cosa succederà il 28 gennaio quando il TAR entrerà nel merito del ricorso.

Al di là degli appetti tecnici vale la pena svolgere alcune considerazioni politiche.

La prima riguarda il tariffario: la riduzione del valore delle prestazioni potrebbe portare ad un aumento al pagamento di tasca propria (out-of-pocket). L’ideologia neoliberista sostiene che la spesa sanitaria va ridotta (ecco spiegata la riduzione delle tariffe) e che i servizi pubblici sono meglio gestiti da privati. Si tratta di una ideologia che non trova riscontro nella realtà giacché la gestione privatistica, sia negli ospedali pubblici sia in quelli privati, comporta una lievitazione dei costi a carico dell’erario. Gli USA insegnano: elevati costi, bassa aspettativa di vita! Quello che andrebbe misurato è la qualità vera, non quella formale, dell’intervento sanitario: guarigioni, minore tossicità, riduzione dei secondi ricoveri cioè dei rientri in ospedale per complicanze, riduzione dei ricoveri per patologie altrimenti gestibili. In altri termini i Livelli Essenziali di Salute.

Anche le classifiche ministeriali (Agenas) delle regioni in cui si dà una pagella in base ai LEA forniti alla popolazione sono di dubbio valore perché la presenza di una prestazione in una regione non vuol dire che essa sia realmente fruibile.

Prima del contratto di lavoro pubblico del 2000, gli operatori sanitari percepivano una “compartecipazione” sul valore delle prestazioni ambulatoriali col risultato che non vi erano quasi per nulla liste di attesa. Ora per ripianare le liste d’attesa il governo e le regioni stanziano fondi supplementari per i privati, 50 milioni nell’ultima finanziaria.

Si grida al lupo della privatizzazione del sistema sanitario inteso come gestione assicurativa tout court delle prestazioni. Ci sono ancora molti anticorpi contro questa esiziale evenienza, è necessario spiegare alla gente a cosa si va incontro se si continuano a tagliare fondi alla sanità e che l’alternativa non sono le assicurazioni.

Maurizio Portaluri

3 gennaio 2025                                                                                     

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