Il tempo e l’acqua
In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-novembre-2020/
Un romanzo ecologista, così lo si può definire, perché pone all’attenzione del lettore una tematica molto forte e che sta facendo discutere l’ecologia mondiale, richiamando i cittadini a un pericolo imminente e a una catastrofe che minaccia il nostro pianeta.
Un romanzo che si allarga in una sorta di esperimento curioso e sicuramente ben riuscito: divulgazione, album familiare con tanto di immagini e fotografie, viaggi.
Tutto si restringe senza preamboli e il filo conduttore è in una domanda diretta: cosa si perde nel tempo?
Se le previsioni degli scienziati si rivelano esatte sul futuro del nostro sistema e del nostro ambiente, allora dobbiamo interrogarci e le risposte possono essere in un romanzo come questo che non solo butta un occhio, ma articola una lucida analisi su un mondo in distruzione e sulla disattenzione politica verso l’ambiente.
L’Okjokull era un ghiacciaio che da tempi immemorabili si ergeva su circa una ventina di chilometri di suolo nella terra islandese. Oggi rappresenta una misera striscia di ghiaccio inerte. Non resta che il vulcano, in quanto il ghiacciaio è stato ucciso dal cambiamento climatico, ovvero da cause antropogenetiche.
Tale danno potrebbero, a distanza di tempo, subirlo altri ghiacciai dell’isola. Ecco allora che stiamo consegnando alle nuove generazioni un ambiente modificato. L’aumento delle temperature, del livello dei mari, lo stravolgimento chimico delle acque provocati dalle attività umane stanno distruggendo ecosistemi millenari.
Nel 1919 il primo ghiacciaio islandese è completamente sciolto. È stato lanciato un allarme per questa immane tragedia che provocherà ripercussioni gravissime sul clima.
A morire sono i corpi di ghiaccio, le più importanti riserve d’acqua del pianeta. Non solo. Muore anche una storia millenaria, quella dell’atmosfera e della memoria umana.
Se i ghiacciai continuano a perdere undici miliardi di tonnellate di ghiaccio ogni anno, di questo passo si presume che tra circa duecento anni spariscano gli oltre quattrocento ghiacciai islandesi.
Le mappe di un paese andranno ridisegnate. Si cancellerà la storia e i nostri eredi potranno vedere il mondo come era soltanto in cartolina.
Eppure si resta immobili davanti a questo scempio. La gravità della situazione non può essere circoscritta a un’area del pianeta, ma riguarda tutti.
La spiegazione di questo misfatto sta nell’utilizzare l’ambiente con un unico scopo: quello di generare un profitto. Guai a considerarlo un patrimonio.
Viviamo in tempi in cui è il denaro a nisurare la realtà.
E allora perché continuiamo a restare indifferenti? Perché questi eventi non sono misurabili nell’immediato, a meno che non si tratti di un’alluvione, un incendio, siccità, estinzione di specie di animali.
La situazione è seria, grave, e l’allarme per la crisi climatica è un rumore di fondo, per ognuno di noi è soltanto il ronzìo di un moscone.
Il libro di Magnanson ribadisce che certe scelte sono legate all’umanità, la possibilità di un cambio di mentalità, un mutamento del nostro stile di vita che fino adesso è stato votato al più becero consumismo.
C’è da allarmarsi, ribadisce l’autore, anzi, adesso siamo in ritardo per allarmarci. Non bisogna perdere tempo. Occorre agire, destinare il 2,5% del Pil per contrastare i cambiamenti climatici e che, nella realtà dei fatti, sono stati provocati dal genere umano.
Certo, potremmo essere chiamati a impegni non indifferenti, rinunce, che ricadrebbero sull’economia.
Per impedire il disastro dovremo ridurre a zero le emissioni entro il 2050 e nei prossimi trenta anni cambiare le nostre abitudini di consumatori e attuare una rivoluzione radicale nella produzione di energia e nei mezzi di trasporto.
Meravigliosa denuncia in forma di narrazione che invece di rivelarsi banale coinvolge in prima persona. Certo, si può anche scegliere di stare fuori, è difficile, perché non è possibile rimanere indifferenti o addirittura estranei quando si riceve una lezione importante come questa.
Tutto ha inizio nel 1997. L’autore comincia a lavorare per l’istituto di studi medievali Arni Magnusson a Reykiavik. Nella sua attività di archivista mette mano a nastri magnetici, registrazioni che vanno dal 1903 al 1973. Emerge materiale di gente comune, volti e passaggi quotidiani. La curiosità diventa ormai una bramosia di sapere, conoscere e rovistando tra le vecchie cose di famiglia, mettendole a confronto, trova un filo conduttore che porta a una domanda molto semplice: cosa si è smarrito e si smarrisce nel tempo?
Ecco allora che non può più fermarsi, perché la faccenda si allarga e prende una piega differente.
Il Tempo e l’acqua è composto da venticinque capitoli con storie di personali, studi, interviste culturali tra cui una bellissima al Dalai Lama, appassionanti incursioni letterarie, tutto supportato da inserti fotografici in bianco e nero.
Magnason immagina il mondo in cui viviamo un ateneo universitario dove si trasmettono dati, informazioni e notizie del disastro che stiamo vivendo, mentre il marketing e l’economia ci insegnano come aumentare la produzione, naturalmente a discapito dell’ambiente.
Certo che i tempi geologici e quelli climatici sono lunghi decine di migliaia di anni, per cui nessun essere vivente può dirsi pienamente testimone dei ripetuti cambiamenti, ma oggi noi, con il progresso, lo sviluppo economico, assistiamo a mutamenti velocissimi. Bastano due generazioni per vedere il mutamento di un sistema e le questioni politiche legate a responsabilità economiche, in questo caso, hanno la loro rilevanza.
Quello che sorprende è anche la sua bellissima scrittura carica di indignazione lirica, quasi un’esortazione, un appello a intervenire al più presto, una voce che si alza degna del più grande movimento ecologista.
Bisogna riconoscere il merito a Magnason di essere riuscito con questo libro a parlare con un modo nuovo, semplice e diretto delle grandi questioni ambientali di questi anni.
Mi fermo qui perché ho deciso di non parlarne oltre. Però lasciatevi trasportare, un invito alla lettura per concentrarsi, pagina dopo pagina sulle emozioni che sicuramente trasmette.
Andri Magnason scrive, con grande fortuna della letteratura contemporanea attuale, uno dei pochi scritti che meritano una sana e concentrata lettura. Oltre trecento pagine che invitano a una pacata riflessione e un momento anche di rabbia per come abbiamo trattato questo pianeta. Stop. La parola ai lettori.
Giorgio Bona
Scrittore. Collaboratore di Lavoro e Salute
Recensione pubblicata sul numero di novembre del mensile Lavoro e Salute
In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-novembre-2020/
Il tempo e l’acqua Andri Snaer Magnason – Iperborea 2020
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