Il tribunale di Modena si è specializzato nella repressione di lavoratori e attivisti
Sono quasi 600 tra lavoratori e attivisti coloro che sono finiti sotto processo a Modena negli ultimi dieci anni. Ben 520, ovvero quasi tutti, sono stati imputati per reati legati a vertenze e rivendicazioni di maggiori diritti sui luoghi di lavoro, ma non mancano gli attivisti accusati di reati politici e sociali e persino 13 procedimenti a carico di giornalisti che hanno scritto articoli accusati di essere diffamatori sulle vicende processuali, nonché accuse a semplici cittadini colpevoli di aver scritto commenti critici sui social network. Si tratta di «un’anomalia giudiziaria modenese» secondo il sindacato Si Cobas, che ha accusato «lunghi anni di udienze e subito talvolta aspre condanne» anche a fronte di scioperi pacifici e distribuzione di volantini. Il sindacato ha inoltre organizzato per sabato 25 un convegno dal titolo “L’anomalia giudiziaria modenese”, ottenendo l’appoggio dell’ex presidente della Regione Lanfranco Turci e di due avvocati che, insieme alla deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari, hanno denunciato un “attacco al diritto allo sciopero” ad una conferenza stampa alla Camera.
Secondo Si Cobas, il motivo «sta nell’intreccio fra potere economico, politico e giudiziario che domina la città». Il sindacalista Tiziano Loreti ha dichiarato: «Solo a Modena, insieme a Piacenza, sono stati creati i teoremi contro le nostre lotte contro chi sfrutta i lavoratori pagandoli poche euro grazie a false cooperative, a partire dal caso di Aldo Milani [coordinatore Si Cobas assolto nel 2019 dalle accuse di estorsione che lo portarono anche in carcere] fino a quella lunghissima di Italpizza [che vide accolta la richiesta di risarcimento di almeno 500.000 euro], e ogni volta che lanciamo un picchetto veniamo subito repressi». Alle accuse si aggiunge anche il collega Marcello Pini, secondo cui la premeditazione nei confronti del sindacato da parte delle forze dell’ordine e della magistratura sarebbe dimostrata «da quanto avvenuto fuori da una ceramica della bassa modenese, quando un “caporale” mise una pistola alla tempia di un nostro iscritto e, alle nostre proteste, la polizia ha preso solo i nostri documenti».
La vicenda ha avuto l’appoggio anche della deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari, che ha indetto una conferenza stampa di presentazione martedì alla Camera e ha dichiarato: «Ci sono troppe denunce contro chi ha scioperato, ha distribuito volantini o partecipato a una manifestazione e stride con l’immobilismo” nei confronti di altri reati gravissimi, come il caporalato o l’abuso del contratto Multiservizi». Proprio il contratto Multiservizi (che prevede circa 6,80 euro all’ora) è recentemente stato al centro di un’altra protesta portata avanti sempre da Si Cobas e durata oltre 160 giorni. Tra le denunce c’erano orari di lavoro da 12 ore per 5 turni a settimana, straordinari non pagati e l’indennità di trasferta non riconosciuta.
La deputata, contattata da L’Indipendente, ha poi aggiunto: «Con queste azioni non si vuole intralciare il lavoro della magistratura, ma mettere l’attenzione sulla condizione di lavoratori e sindacalisti che sia a Modena che a livello nazionale vengono spesso sanzionati e minacciati di licenziamento proprio quando esercitano il diritto costituzionale allo sciopero. Penso per esempio a casi di mancato inquadramento contrattuale, mancato riconoscimento di ferie, malattie e straordinari, discriminazioni e ricatti in casi di richiesta di permessi con punizioni non scritte come l’appesantimento delle mansioni e condizioni di sicurezza non idonee. Tutto questo questo deve portare all’attenzione la dignità del lavoro e la liceità di scioperare per avere garanzie migliori e per contrastare un fenomeno altamente diffuso nella nostra regione quale il caporalato industriale».
Alla conferenza stampa c’era anche l’avvocato Marina Prosperi, che ha parlato di «un attacco al diritto allo sciopero» e ha aggiunto che «picchettaggi e azioni non tradizionali di sciopero vengono percepiti come criminali». Infine, insieme alla collega Tatiana Boni, ha aggiunto che «non è possibile una mediazione istituzionale: buona parte della magistratura ha denunciato la criminalizzazione della solidarietà, il nostro convegno vuole creare una risposta dal basso che può portare a una reazione a catena e cambiare una situazione insostenibile».
Roberto Demaio
23/11/2023 https://www.lindipendente.online/
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