Il veleno di Bibbiano
Nessuno parla di Bibbiano. Tutti parlano di Bibbiano. La formuletta retorica del «silenzio assordante» per una volta sembra l’unica adatta a restituire l’effetto straniante di un fiume di parole inversamente proporzionale alla quantità di dati fattuali a disposizione di media e opinione pubblica. Una cacofonia di accuse, testimonianze shock e teorie che ha stremato tanto l’audience che gli esperti del settore, ormai in preda a un parossismo che, ancor prima che si chiudano le indagini, ha bruciato le tradizionali tappe del processo mediatico.
A meno di un mese dalla scoperta dei mostri è già iniziata la marcia forzata verso la demostrizzazione, triturando e mescolando nel mezzo una sventagliata di scenari apocalittici di vario genere. Prima tutti colpevoli, ora, dopo la scarcerazione di Claudio Foti del centro Hansel e Gretel, il “capofila” dei presunti manipolatori di bambini, tutti in odore di accanimento giudiziario.
Come è potuto accadere? Se lo domandano i crociati del complotto (e allora il Pd? E allora il gender?) convinti che in Emilia si sia consumato un pizzagate nostrano senza nessun mr Q a rilasciare briciole rivelatorie, e gli sparuti garantisti alle prese con un delirio indignatorio frutto del matrimonio incestuoso tra giustizialismo e moral panic.
Se il punto di non ritorno è stato abbondantemente superato con Salvini che a Bibbiano ha scambiato il codice penale per le regole del gioco dell’oca, promettendo di far «pagare doppio» chi ha sbagliato sulla pelle dei bambini, gli effetti perversi di un fenomeno, Bibbianopoli, che ha riportato in auge, con upgrade a livello pro, il fu giallo dell’estate, sono difficilmente prevedibili.
Possiamo immaginare che saranno devastanti, per le presunte vittime, gli indagati, il sistema degli affidi, le cosiddette “famiglie arcobaleno” di cui si è chiesta la schedatura e quelle che da Finale Emilia in poi hanno subìto dallo stato inimmaginabili soprusi, ma nessuno di noi è in grado di mettere nero su bianco quanto.
Meglio ammettere di sapere di non sapere e riavvolgere il nastro alla ricerca del momento esatto in cui tutto è iniziato ad andare storto, trasformando un’inchiesta modello Veleno nella più colossale della caccia alle streghe degli ultimi anni.
La puzza di forconi era percepibile già ai primi lanci di agenzia, in cui si tuonava di bambini strappati alle famiglie e affidati nientemeno che a «titolari di sexy shop», cioè, con ogni evidenza, soggetti privi di etica nonché dei requisiti morali minimi per prendersi cura di minori. Ma perfino io, che cavalco il drago della cronaca pulp da un po’, mi sono stupita nel ritrovarmi nel giro di pochi giorni di fronte a una campagna contro la «distruzione sistematica della famiglia tradizionale» a opera di operatori sociali al soldo contemporaneamente del Pd e della lobby Lgbt e ovviamente coperti dai soliti poteri forti con una impenetrabile «cortina del silenzio» mascherata (ah la furbizia!) da una pioggia battente di meme stile «perché nessuno pensa ai bambini?!».
Col senno di poi questa deriva, che ha già restituito nella sua risacca residui altamente tossici a malapena sommersi da precedenti ondate di panico morale, come la reintroduzione del reato di manipolazione mentale, appare del tutto coerente con una inchiesta portata all’attenzione del pubblico con il suggestivo titolo di Angeli & Demoni.
Un format che evoca sette segrete e complotti (come nell’omonimo romanzo bestseller di Dan Brown) e foraggia fantasticherie da fine del mondo, fondendo due ingredienti chiave della narrazione di nera: i bambini («i nostri piccoli angeli») ovvero il bene supremo e il male supremo, nella veste di una non bene identificata minaccia diabolica. Elementi che di norma si ritrovano in casi di accertata paranoia collettiva, vedi «l’asilo degli orrori» di Rignano Flaminio o il processo ai Bambini di Satana.
Il primo campanello di allarme che, in maniera inconsapevole e proprio per questo irrimediabile, avrebbe dovuto e potuto denunciare la stortura fondativa di una narrazione che si è piegata troppo presto e troppo in fretta a manipolazioni scandalistiche perché esse erano già presenti, in potenza, al suo interno, come le mutazioni del Dna che preparano il terreno alle metastasi tumorali.
Per denunciare i cacciatori di demoni, così presi dalla loro missione, se non da un interesse personale ed economico, da andarseli a cercare e inventare in famiglie con l’unica colpa della povertà e della non rispondenza ai canoni della rispettabilità, si è scelto di colpirli con le loro stesse pistole, ancora calde e fumanti. La formula perfetta per un disastro annunciato, l’ironia, senza niente da ridere, di un’attenzione verso il denunzificio degli abusi intrafamiliari, maturata anche grazie a un capolavoro di giornalismo investigativo, quello di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, ma deragliata verso l’isteria complottista e la manipolazione a fini politico-elettorali.
Per settimane e mesi in questo paese non si è parlato d’altro che di Veleno, ma non è bastato, come non basta oggi con il “Caso Bibbiano” a interiorizzarne i presupposti, i punti di forza e la metodologia, ovvero a riprodurne il risultato più incredibile, spazzare via per sempre da Finale Emilia l’ombra del satanismo e degli abusi rituali sui bambini. Un risultato ottenuto grazie a una serie di elementi di natura umana, professionale e produttiva legati tra loro in maniera indissolubile, al punto che il venire meno di solo uno di loro avrebbe pregiudicato gli altri. Studiare le carte per settimane, mesi, anni, sottoporre ogni informazione a verifiche incrociate, trovare fonti di prima mano attendibili, rinunciare all’effetto scoop privilegiando la rielaborazione a freddo, non perdere mai di vista la dimensione collettiva della storia.
Ma soprattutto mai partire con l’idea di andare alla caccia di un cattivo, di farsi paladini di una crociata per la verità, possibilmente una guerra-lampo, da consumare entro qualche serata in prime timecon uno share da paura, come certi titoli sul lavaggio del cervello degli angeli.
Veleno ha saputo esorcizzare l’ossessione satanista perché non si è appiattito sull’ennesimo format giornalistico usa e getta. Nata come «nuova inchiesta Veleno» la versione mediatica di Angeli & demonine ha replicato gli aspetti superficiali, sacrificandone la sostanza, tentando la via, surreale a dir poco, dell’uso dei forconi per scacciare i forconi, trasformando l’attesa per la crociata essa stessa in una crociata vuota, da riempire con la fantasia.
E così oggi ci ritroviamo invischiati in un doppio fronte, da un lato il panico morale, dall’altro pure. La criticità del sistema degli affidi e la mancata applicazione della Carta di Noto nei suoi punti strutturali, a partire dalla incompatibilità tra il ruolo dello psicoterapeuta e dell’esperto nel procedimento giudiziario, ridotte a sfondo sbiadito dell’ennesima storiaccia a base di mele marce e schegge impazzite, così perfetta per giocare a colpevolisti vs innocentisti sotto l’ombrellone, così inutile ad affrontare la complessità dei problemi reali che ogni giorno viviamo.
Selene Pascarella
* Selene Pascarella ha una laurea in Scienze della comunicazione e una specializzazione in narrazione seriale televisiva. Giornalista e criminologa, unisce la passione per il piccolo schermo a quella per la cronaca. Ha scritto di serie tv per Carta, Speechless, Urbanfantasy.it e Horror.it ed è autrice del libro Tabloid Inferno (Alegre Quinto Tipo, 2016).
25/7/2019 https://jacobinitalia.it
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