In Molise si muore. Mobilitazioni fra emergenza sanitaria ed estrattivismo
Sentirmi dire che «Il Molise non esiste» mi ha sempre fatto sorridere. Da molisano, ci ho anche scherzato su: «Sono una prova dell’esistenza», ho risposto talvolta. Due pensieri ho sempre avuto a riguardo. Il primo è legato al quel confuso sentimento di appartenenza e identificazione comune a chi, come me, è da tempo lontano dal Molise e da quel flusso della vita tanto distante e quieto, quanto lontano, escluso, tormentato.
Il Molise esiste e forse, ho sempre pensato, rinnegarne l’esistenza accomoda e facilita il “progetto dello scarto”, la costruzione simbolica ma altrettanto reale del margine, della zona d’ombra liminare.
Il secondo pensiero negli ultimi mesi si è rivelato sempre più vero e si rivolge alle forme dell’estrattivismo contemporaneo. «Il Molise non esiste» è diventato un attrattore, un dispositivo del marketing territoriale. Detesto altrettanto l’espressione «Il Molise ha tanto da offrire», perché risponde alla medesima provocazione: il Molise che si fa mercato, che si vende, pur di dimostrare che esiste.
Con l’emergenza pandemica il Molise ha conosciuto un significativo impulso del fenomeno turistico. In particolare la scorsa estate, quando oltre al Molise pareva che la Covid-19 non esistesse nemmeno. La regione a contagio 0 si è ben prestata a essere la meta ideale per trascorrere le vacanze estive, attraendo migliaia di viaggianti ed esploratori, senza che nessuno avesse pianificato le loro giornate, senza un piano di contenimento e di accoglienza adeguato.
Da Regione Resistente per lunghi mesi, il Molise prende consapevolezza della Covid-19 solo verso la fine dell’anno, nel modo più drastico e drammatico. Non si può dire che non fosse prevedibile.
Molisani, Meridionali, Marginali – quelli delle 3M – dicevano da tempo «è una fortuna che il virus non è ancora arrivato. Negli ospedali, qui si muore!».
Il nostro umile apparato sanitario è commissariato da oltre un decennio e tra tagli e ridimensionamenti conta oggi poche decine di posti in terapia intensiva (39 secondo i suoi amministratori; solo 12 destinati a pazienti Covid). Le strutture sanitarie private hanno preso il sopravvento operativo in regione, favorite da quella strategia di riduzione del debito che pesa come un macigno sulla sua spesa pubblica: circa l’80% è destinato a ripagare le speculazioni del passato.
Ciascun molisano sa bene che, anche solo per accertamenti e visite di routine è sufficiente prima un’impegnativa del medico di base, poi una telefonata all’amico dell’amico – un favore che prima o poi si è costretti a ricambiare – per accelerare i tempi di attesa presso una delle sue eccellenze specialistiche. Private ovviamente. Quelle stesse che, a fronte della generalizzata consapevolezza del danno, fanno schizzare le statistiche sull’attrattività sanitaria regionale.
In Molise il diritto alla cura non è assolutamente garantito a tutti e tutte, specie se non si hanno agganci forti e contatti coi potenti, se non si è sussunti alla logica del favore, del consenso e del ricatto. Se prima la barca vacillava a tenerci tutti denti, figuriamoci con Covid.
Negli ultimi mesi le dighe di contenimento sono tracimate. Manca l’ossigeno e i posti letto sono finiti. Intanto i contagi aumentano a dismisura (ne abbiamo parlato ai microfoni di radio ondarossa).
Abbiamo deciso di incontrarci e riunirci, organizzandoci per far fronte all’attacco che quotidianamente, da decenni, subiamo. Abbiamo creato una pagina Facebook e lanciato una petizione, che inviamo a sottoscrivere e far circolare. Una richiesta di sostegno e solidarietà, un SOS per salvare il Molise dalla sua estinzione.
Mirco Di Sandro
1/3/2021 https://www.dinamopress.it
Tutte le immagini dalla pagina Facebook di Qui si muore – Sos Molise
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