In Piemonte si organizza il fronte contro la privatizzazione della sanità

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COMITATO A DIFESA DELLA SANITÀ PUBBLICA – ASL TO5

Nel 2023 i cittadini italiani stanno assistendo al massacro finale del Sistema Sanitario Nazionale, a 45 anni dalla sua istituzione. Questo sistema di sanità pubblica universale ed egualitario mirava a realizzare specificamente la tutela della salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art. 32 della Costituzione).

Nel corso di questi 45 anni, il Sistema Sanitario Nazionale era arrivato a essere uno dei migliori al mondo, in quanto garantiva a tutti cure adeguate, sostanzialmente finanziate attraverso la fiscalità. Ciò evidentemente contrastava con l’interesse di chi, invece, vuol trarre lucro privato letteralmente da qualsiasi bene, compresi i beni comuni come sanità, istruzione, trasporti, l’acqua ecc. Governi nazionali e poi anche giunte regionali di ogni colore hanno via via snaturato il progetto originario integralmente pubblico, trasformando le unità sanitarie in aziende obbedienti a una logica privatistica, di risparmio e profitto; riducendo via via le prestazioni totalmente gratuite con l’introduzione di ticket; consentendo a istituti privati di sostituirsi al sistema pubblico attraverso le convenzioni; soprattutto, bloccando la crescita del sistema pubblico mediante i tagli, la chiusura di reparti e interi ospedali, le mancate assunzioni di personale medico e paramedico e le condizioni di lavoro sempre più indegne e insostenibili imposte a tutti gli operatori.

La pandemia ha messo ulteriormente in luce le carenze in cui è costretto a operare il Sistema Sanitario sempre meno pubblico e sempre meno nazionale, ma i nostri governanti, anziché invertire le politiche devastanti degli ultimi decenni, hanno approfittato della sciagura per ulteriori manovre vantaggiose per il privato, che sta subentrando perfino nel servizio di pronto soccorso, mentre la pressione sul personale ospedaliero è stata aumentata, al fine di spingere gli operatori a dimettersi e trovare impiego in strutture private, non tanto per lo stipendio quanto per gli orari e le condizioni di lavoro.
Questa politica è gradita anche ai nostri padroni esteri, sia comunitari (che ci hanno imposto il patto di stabilità limitando la nostra possibilità di spesa sociale), sia statunitensi (da decenni oltreoceano si auspicava che gli Europei riducessero le spese del welfare per aumentare quelle militari: e finalmente, “grazie” alla guerra in Ucraina, anche l’Italia si è allineata e sta marciando verso uno scenario sociale simile a quello americano, dove chi ha un buon posto di lavoro ha diritto a cure mediche attraverso assicurazioni private, mentre tutti gli altri devono raccomandarsi alle istituzioni religiose, filantropiche ecc.)

ALCUNI DATI SULLA SITUAZIONE LOCALE E NAZIONALE – NELLA NOSTRA ASL TO5

Medici di base
Nel recente bando per l’ingaggio di nuovi medici di base, all’ASL TO5 sono stati assegnati solo 7 medici sui 20 necessari.

Ematologia
Attualmente, dopo la chiusura del reparto di Ematologia di Chieri, in tutta l’ASL TO5 non esiste un servizio di Ematologia.

Risonanza magnetica
Nella ASL TO5 non c’è un servizio pubblico di risonanza magnetica; per eseguire un esame di questo tipo, occorre rivolgersi alle strutture private convenzionate (completa esternalizzazione del servizio).

Pronto soccorso e chirurgia
Per far fronte alla carenza di posti in pronto soccorso, inizialmente ben 8, ora 4 letti del reparto Chirurgia sono statti convertiti in letti per i pazienti del Pronto Soccorso in attesa di ricovero, con conseguente allungamento dei tempi per chi è in lista d’attesa per subire un intervento.
Per smaltire tali liste di attesa chirurgiche, è stata stipulata una convenzione pari a 150.000 euro con la Clinica San Luca (privata), per pazienti che erano stati valutati dai chirurghi dell’ASL TO5.
Analogamente l’ospedale S. Croce di Moncalieri ha “risolto” la carenza di posti letto in psichiatria “prendendone in affitto” 15 per 18 anni (da ottobre 2023) nell’adiacente complesso sanitario “VILLE RODDOLO” di proprietà della Cooperativa Assiste. Il costo previsto è di €.3.870.000.

Consultori
Nell’ASL5 rispetto a quanto necessario, mancano 7 consultori (3 a Chieri, 2 a Carmagnola e 2 a Moncalieri) e parallelamente sono stati stanziati ben 400.000 euro per il sostegno alla maternità nell’ambito del progetto “Vita nascente”, di cui 26.000 per il centro previsto a Moncalieri; è un’operazione antiabortista che lede l’autodeterminazione delle donne nell’interruzione volontaria della gravidanza, assegnando irrisori bonus a chi rinunzia all’aborto.

C.U.P., punti prelievi e uffici prenotazioni locali
Come avviene in tutta Italia, osserviamo anche sul nostro territorio tempi di attesa per esami diagnostici e visite specialistiche inaccettabili. Il cittadino che necessita di accertamenti urgenti si scontra con liste di attesa infinite e agende spesso chiuse, anche in caso di patologie che richiederebbero rapidità nella diagnosi. È evidente che in questa situazione la prevenzione delle patologie, che ridurrebbe anche i costi a carico della collettività, è gravemente ostacolata.
Con il pretesto della pandemia, nel 2020 sono stati chiusi alcuni punti prelievi e uffici prenotazioni dislocati nei Comuni lontani dagli ospedali. Non tutti sono stati poi ripristinati: per esempio a Poirino il servizio è rimasto chiuso, costringendo la popolazione (oltre 9.000 abitanti, in prevalenza anziani) a spostarsi per effettuare gli esami del sangue.

Esternalizzazione dei servizi amministrativi
A Chieri dal 1° gennaio 2023 sono stati appaltati a una cooperativa anche i servizi del Centro Unico Prenotazioni (CUP). Gli orari di apertura e il numero degli sportelli sono stati ridotti creando notevole disagio ai cittadini, costretti ad attendere il loro turno per ore, talora venendo rimandati al giorno successivo.

IN ITALIA

Infermieri
In Italia abbiamo 5,8 infermieri ogni mille abitanti contro una media OCSE di 8,8
(ad esempio la Norvegia arriva a 17,7, e la Svizzera 17,2). Mancano circa 300.000 infermieri.

Medici
Per quanto riguarda i medici in attività l’Italia ha visto una riduzione del 20% dell’organico dal 2010 al 2020, contro un aumento del 23% in Germania e del 15% in Danimarca.
In considerazione dell’elevata età anagrafica del personale medico (il 56% della categoria ha più di 55 anni – fonte OCSE 2022), nel prossimo futuro, senza nuove assunzioni, la carenza di organico non potrà che accentuarsi.
Non può che preoccupare, quindi, la recente proposta della Lega di inserire nel decreto milleproroghe 2023 la possibilità per i medici di andare in pensione a 72 anni. È un espediente che non risolve le carenze di organico, presenti soprattutto in settori non coperti dal personale anziano, quali i pronto soccorso. Al momento mancano 6.000 medici di urgenza ed emergenza (fonte Paese Reale).

Tra il 2020 e il 2024 andranno in pensione circa 21.000 medici di base e ne saranno rimpiazzati solo 6.000.
I rimanenti si troveranno così a gestire più di 2.000 utenti cadauno, proprio in un momento in cui, per il progressivo aumento della popolazione anziana, sarebbe opportuno ridurre il numero degli assistiti di ciascun medico di medicina generale dagli attuali 1.500 (Regolamento Regione Piemonte) a 1.000 pazienti.

Ospedali e Pronto Soccorso
Tra il 2010 e il 2020, in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 113 Pronto soccorso. Sono stati tagliati 37.000 posti letto e, nonostante le assunzioni per far fronte al Covid-19, nelle strutture ospedaliere mancano all’appello ancora oltre 29.000 professionisti, di cui 4.311 medici (Fonte Fed. CIMO-FESMED -09/22)

Tagli finanziari
Nella legge finanziaria 2023 sono stati stanziati per la sanità 124 miliardi e 211 milioni di euro (di cui €.1 miliardo e .400 milioni per far fronte ai soli rincari energetici) determinando una diminuzione pari a € 3 miliardi e. 250.000.000 milioni rispetto a quanto previsto dalla manovra finanziaria del precedente governo Draghi.

COSA “BOLLE IN PENTOLA” – LE ULTERIORI MINACCE CHE PENDONO SUL SERVIZIO SANITARIO

A fronte della necessità emersa durante la pandemia di distribuire omogeneamente sul territorio presìdi sanitari dotati di posti letto e con una regìa nazionale, l’attuale governo sta accelerando il processo, già iniziato dal governo Draghi con un disegno di legge delega, dell’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, che interesserà in primis la sanità, con criteri che premieranno le Regioni che presentano bilanci floridi, incrementando così le già alte differenze di qualità del servizio sanitario tra le Regioni .
Apparentemente potrà sembrare utile che il decreto ministeriale 77 del 23/5/22 abbia destinato 2 milioni di euro per realizzare 1.350 case di comunità e un milione di euro per 400 ospedali di comunità, utilizzando i fondi del PNRR.

In merito il piano regionale straordinario della Regione Piemonte ha disposto la messa in opera di:
91 case di comunità www.regione.piemonte.it/web/sites/default/files/media/documenti/2022-02/case_di_comunita.pdf,
29 ospedali di comunità www.regione.piemonte.it/web/sites/default/files/media/documenti/2022-02/ospedali_di_comunita.pdf
43 centrali operative www.regione.piemonte.it/web/sites/default/files/media/documenti/2022-02/centrali_operative_territoriali.pdf

Tutti questi nuovi presìdi sanitari in teoria dovrebbero sostituire guardie mediche e in parte anche i pronto soccorso: necessiterebbero però di personale medico e infermieristico adeguato; peccato però che non vi sia invece alcuna programmazione del personale per attivare queste strutture e che, utilizzati i suddetti fondi del PNRR per la realizzazione, serviranno risorse attualmente non previste per gestirli.

Un primo esempio è la situazione in Val Seriana (Bergamo), dove una di queste strutture è già stata inaugurata, ma è inutilizzata da mesi per carenza di personale (Servizio di REPORT) : https://www.bergamonews.it/2022/12/06/bergamo-il-viaggio-di-report-nelle-case-di-comunita-i-medici-speriamo-ci-saranno/563770/
Con queste premesse è lecito supporre che, così come avvenuto in questi anni, le Regioni optino per l’assegnazione ai privati di queste strutture, determinando aumenti dei costi per lo Stato e per gli utenti.
Sono poi in corso processi che prevedono la sostituzione di alcune strutture sanitarie locali con centri ospedalieri “di eccellenza”: il timore è che in tal modo le aree periferiche vengano private di strutture sanitarie di prima accoglienza, senza peraltro dotare i territori di piani di trasporto adeguati alle esigenze di un’utenza sempre più anziana e spesso priva di mezzi di trasporto autonomi.

È l’esempio dell’ospedale di Verduno, in provincia di Cuneo, e sarà il caso del PARCO DELLA SALUTE DI TORINO, che a fronte della chiusura dal 2010 di 8 ospedali istituirebbe una struttura sanitaria sostitutiva dell’attuale complesso “CITTÀ DELLA SALUTE”: questa scelta vuole unire e centralizzare molti presìdi sanitari, riducendo di fatto i posti letto disponibili con il solito intento apparente di diminuire i costi, mentre in realtà si tratta di un business per privatizzare la sanità torinese mediante il Partenariato Pubblico-Privato (PPP).
In proposito è significativo che, nella stessa legge finanziaria 2023, sia stato previsto uno stanziamento annuo per questa struttura pari a € 100.000 per 3 anni, fondi che serviranno unicamente a retribuire un Commissario incaricato dal Governo per la progettazione e per l’appalto dell’opera.
Ed è altrettanto emblematico che per sopperire all’inadeguatezza e alla vetustà di alcune strutture ospedaliere dell’ASL TO5, quale ad esempio l’ospedale S. CROCE di Moncalieri, assistiamo da anni a una “battaglia” tra i Comuni interessati a ospitare il nuovo ospedale unico.
Appare evidente che le reali necessità dell’utenza stanno diventano sempre meno importanti rispetto all’incremento di immagine che un Comune acquisirà nell’ospitare il nuovo ospedale; è altresì preoccupante che i criteri di individuazione dell’area trascurino la necessità, per una popolazione sempre più anziana e spesso non automunita, di raggiungere questa nuova struttura ospedaliera utilizzando un trasporto pubblico che già ora presenta molte carenze.
In assoluta buona fede, gran parte del personale sanitario è favorevole all’ospedale unico per evitare i trasporti di pazienti da una struttura all’altra, a causa delle carenze degli ospedali presenti nel territorio, privi di determinati reparti o attrezzature. Il modo in cui la politica sta gestendo il progetto, tuttavia, fa temere ai firmatari di questo documento che si voglia, ancora una volta, fare di questo progetto l’ennesima mangiatoia, nonché un mezzo per tagliare costi e posti letto.

CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE
In realtà tutte le politiche messe in atto in questi decenni, tramite ripetuti interventi legislativi (Amato, Bindi, Renzi), sono state rivolte a tornare verso il privato (alle “mutue”, nell’era del lavoro povero e precario) attraverso i due processi di aziendalizzazione e regionalizzazione. Un’azienda infatti deve far profitti, quindi l’ASL ha questo scopo, non più la tutela della salute; allo stesso modo, una Regione deve evitare o subire i piani di rientro. Di conseguenza, la figura del “manager” corrisponde a questa realtà: il suo compito è il taglio dei costi, ed opera in un quadro fatto appunto di tagli ed esternalizzazioni.
Il sistema delle ASL è diventato profondamente verticistico, con decisioni calate dall’alto, raramente discusse e quasi mai condivise. Il dissenso è punito severamente e il personale è costretto a subire senza possibilità di esprimere parere contrario. Questi “manager” spesso trattano materie di cui nulla conoscono e men che meno si informano, in genere sono sempre gli stessi da decenni che si scambiano i posti con una gestione sempre uguale a se stessa con l’aggravante dell’esasperato autoritarismo.

Inoltre, la legislazione attuale prevede che i medici di PS (Pronto Soccorso) leghino la loro attività professionale a queste strutture per tutta la vita; il lavoro in PS è estenuante, intenso, rischioso, facile fonte di stress e di conseguenza trovare medici disposti a farlo è sempre più difficile, soprattutto a fronte di una retribuzione non adeguata.
Risulta perciò necessario consentire ai medici un’alternanza del tempo passato in PS con altrettanto tempo passato in un reparto di degenza, in modo da differenziare la tipologia di impegno e consentire di acquisire un bagaglio internistico completo.
Le liste d’attesa che impediscono ormai di fatto la fruizione del servizio pubblico sono l’immagine del disastro, frutto di una privatizzazione senza scrupoli del sistema, che costringe l’utenza a rivolgersi a cliniche specialistiche private.

Vogliono abituarci a questo stato dell’arte, come ci hanno creato assuefazione ai tickets, rispetto ai quali le prestazioni private sono addirittura competitive: ma invece i tickets non dovrebbero esistere, perché il Servizio Sanitario noi lo paghiamo già con le tasse.
Basterebbe un fisco veramente progressivo (art. 53 della Costituzione), per far funzionare il sistema: al contrario, da un governo all’altro, fino a Draghi e Meloni, le aliquote IRPEF sono state ridotte dalle 32 del 1974 alle 4 del 2022, come se in questi cinquant’anni le differenze di ricchezza tra la popolazione fossero diminuite anziché aumentate a dismisura. (L’attuale sistema di finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale è peraltro basato sulla capacità fiscale regionale – corretta da misure perequative – e vi concorrono l’IRAP, l’addizionale regionale all’IRPEF e la compartecipazione all’IVA.) E tutto ciò proprio quando la crisi in corso già riduce il nostro reddito e peggiora brutalmente le nostre condizioni di vita. Come appunto negli U. S. A. per chi non ha l’assicurazione sanitaria, alla fine anche qui chi non avrà più neanche il reddito di cittadinanza potrà crepare per strada. Bisogna ribellarsi!

Pertanto se da un lato, per concretezza, elenchiamo anche in dettaglio i punti di criticità nel sistema e le nostre proposte specifiche (in appendice), dall’altro però ribadiamo che per risolverli occorre una controffensiva alla controriforma di questi anni.

PASSARE ALL’AZIONE
Per poter affrontare ognuno degli aspetti critici occorre una mobilitazione generale e popolare, che deve unire le esigenze di tutto il personale a quelle dell’utenza, proprio con l’obiettivo unificante di un rinnovato servizio pubblico. Tornando, cioè, alla legge del 1978, che istitutiva il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) come istituzione unitaria, egualitaria, universale, non certo differenziata a seconda della ricchezza delle Regioni.

Sottolineiamo che per garantire un servizio sanitario pubblico è necessario entrare nell’ottica che bisogna dare più vita agli anni e non più anni alla vita (cit. Rita Levi Montalcini).
Per farlo, contribuendo alla rinascita civile del Paese, si dovranno abbandonare i processi di privatizzazione del sistema sanitario, per avere una sanità pubblica accessibile da tutte le fasce sociali e omogeneamente dislocata sul territorio, centralizzandone la gestione.
E noi vogliamo spingere in questa direzione a partire dal nostro territorio !

Cominceremo a farlo vigilando sul nuovo ospedale unico di zona, ora previsto a Cambiano (novità del gennaio 2023), perché osservando le pantomime degli ultimi 20 anni su questo tema, siamo dubbiosi che questa scelta risolva in tempi ragionevoli le necessità del territorio. Analogamente siamo fermamente convinti che insostenibile che questo ospedale unico nell’ASL5, sostituisca gli esistenti ospedali, privando così la cittadinanza di strutture ospedaliere di prossimità e conseguentemente di posti letto.

Perciò noi intanto faremo di questo allarme un elemento di dibattito pubblico, alla luce di quanto abbiamo scritto in questo nostro “manifesto di presentazione”.
Lo faremo dalla parte dell’utenza ma cercando l’unità con chi in sanità ci lavora, davanti ai luoghi del servizio sanitario pubblico e privato del territorio. Beninteso: secondo noi, chi lavora in quella sanità privata dovrebbe poter lavorare nell’unico servizio sanitario: quello pubblico.
La salute non è una merce: il privato convenzionato, semplicemente, non dovrebbe esistere, perché è il “cavallo di Troia” della privatizzazione.

Come ci ricordava Gino Strada, chi fa impresa in campo sanitario lo deve fare a spese proprie, non con i nostri soldi. L’applicazione di questo semplice principio cambierebbe già da sola le carte in tavola.
A presto : “ribellarsi è giusto” !

COMITATO A DIFESA DELLA SANITÀ PUBBLICA – ASL TO5

Via Avezzana 24 – CHIERI – https://comitato.aslto5@gmail.com

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