Informazione di guerra: l’arma più letale della Nato
La campagna di disinformazione sui danneggiamenti alle infrastrutture civili presenti in territorio ukraino non conosce sosta da parte di quasi tutti i paesi aderenti alla Nato, con l’Italia in testa. A tenere banco sono, ancora una volta, la diga di Kakhovska e la centrale nucleare di Zaporizhzhia per le quali si addebita ai russi ogni responsabilità per quanto già accaduto o che potrebbe ancora accadere.
Diga di Kakhovska
A dare manforte all’accusa di ecocidio verso la Russia per aver distrutto la diga di Kakhovska, sono recentemente intervenuti il New York Times e Greta Thunberg.
Il più noto quotidiano del mondo si è spinto a scrivere un articolo dal titolo “Perché le prove suggeriscono che la Russia abbia fatto saltare in aria la diga di Kakhovka”1, dove invece che delle “prove” si esibiscono una serie di congetture che dovrebbero avvalorare l’assunto del titolo.
Si comincia con l’affermare che la diga in questione, essendo stata costruita dall’ Urss nel periodo della guerra fredda, fu concepita per resistere a qualsiasi attacco esterno: ergo nessun bombardamento avrebbe potuto abbatterla.
Conseguentemente la sua distruzione non può che essere avvenuta con delle mine appositamente collocate nei punti deboli della diga e siccome il progetto originario era russo, solo i russi possono sapere dove si trovano questi punti deboli che l’articolo del NYT individua nel cunicolo di ispezione del basamento della diga.
Cominciamo con lo smontare l’assunto hollywoodiano che la diga in questione sia stata concepita per resistere a qualsiasi attacco esterno secondo la logica che tutto ciò che si realizzava nell’Urss era ispirato alla guerra: la diga di Kakhovska è più robusta di tutte le altre che insistono sul fiume Dnieper non perché costruita durante la guerra fredda (anche le altre lo furono), ma perché essa racchiude il volume di acqua più grande di tutti e sei i bacini esistenti in territorio ukraino (18 miliardi di m³ di acqua, paragonabili al volume del Lago di Como) e siccome è una diga a gravità deve bilanciare la spinta di questa massa di acqua con il proprio peso e con un volume di calcestruzzo non molto diverso da quello dell’acqua invasabile a monte.
Quanto al fatto che solo i russi – in quanto progettisti dell’opera – conoscono i segreti della diga, è una badiale sciocchezza, non solo perché nel progetto iniziale parteciparono anche gli ingegneri ukraini di Ukrhydroproject, ma soprattutto perché dalla costruzione della diga in poi (anni ‘50 del secolo scorso) l’esercizio della diga e della centrale elettrica passò sotto l’amministrazione ukraina che quindi ha avuto tutto il tempo di conoscerne ogni dettaglio costruttivo.
Infine l’ipotesi (data praticamente per certa) che la distruzione della diga sia stata causata dai russi che avrebbero minato il cunicolo di ispezione.
Questi cunicoli sono concepiti per la sicurezza delle dighe, sia ospitando -in apposite nicchie – una serie di strumenti di misura, sia per consentire ispezioni visive su possibili cedimenti strutturali, infiltrazioni di acqua o crepe non altrimenti rilevabili. Si tratta di camminamenti angusti (1,4 mi di larghezza per 2-2,2 m di altezza)
che hanno un accesso assai impervio (in genere pozzi verticali grandi come un passo d’uomo) ed attraversano tutta la diga in prossimità del piede, avendo intorno e sopra di loro il peso di milioni di tonnellate di calcestruzzo armato con gabbie di ferro molto fitte e spesse.
Praticamente il luogo meno indicato per trasportavi esplosivo e, soprattutto, non il “tallone di Achille della diga” (come sostiene l’articolo del NYT) ma il luogo decisamente più robusto.
Prova ne sia che i casi documentati2 di attacchi a dighe dalla II guerra mondiale in poi, si riducono a 5 tutti condotti dall’esterno e solo in un caso (diga di Peruca -Croazia 1993) si trattò di attacco dovuto a mine poste nel cunicolo di ispezione: ma la diga di Peruca era costruita in rockfill (materiali sciolti, non cemento armato) e quindi facilmente danneggiabile con cariche esplosive interne. Nei restanti 4 casi l’attacco fu portato alla sommità della diga dove è più facile danneggiarne la struttura, peraltro intervallata dalle paratie mobili. Particolarmente efficaci, durante la II guerra mondiale, furono gli attacchi compiuti dalla RAF contro le dighe esistenti in Germania, tra cui quelle di Eder, Sorpe e Möhne, con l’impiego delle cosiddette “roll bombs”.
Se questi erano i risultati raggiunti con gli armamenti della II guerra mondiale, figuriamoci di cosa possono essere capaci i moderni sistema d’arma, forniti all’Ukraina dai paesi Nato.
Infine c’è da considerare (come ho già scritto https://www.labottegadelbarbieri.org/la-distruzione-della-diga-di-kakhovska-ed-altri-misfatti/) che i maggiori danni provocati dall’onda di piena susseguente alla distruzione della diga di Kakhovska si sono avuti nella parte occupata dai russi, mentre ora il danno viene dal fatto che il fiume è praticamente in secca. L’ultima diga operativa sul Dnieper infatti (quella di Zaporizhzhia), è controllata dall’Ukraina che la sta gestendo in modo da provocare quanti più danni possibili ai russi. Per rendersene conto basta confrontare le foto
dove la prima, scattata il 30 giugno scorso immediatamente a valle della diga, fa vedere che la portata del fiume è talmente bassa da far emergere numerose isolette prima sommerse, mentre la figura 6 è del 2005. L’abbassamento del livello del fiume di 4-5 metri, oltre a compromettere seriamente il raffreddamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia (controllata dai russi), impedisce il funzionamento dell’opera di captazione posta a ridosso della diga di Kakhovska
da cui si diparte il grande canale della Crimea, oggi praticamente all’asciutto, che dopo un percorso di oltre 400 km arriva alla città di Kerch, all’estremità orientale della penisola di Crimea.
A questa campagna denigratoria e mistificante del NYT, si accompagna l’atteggiamento di Greta Thumberg la quale, pur non avendo mai preso posizione esplicita contro l’invio di armi in Ukraina nè contro l’energia nucleare -verso la quale si è mostrata possibilista, come quando il governo tedesco procrastinò di alcuni mesi la messa fuori servizio dell’ultima centrale nucleare -, ha sempre sfruttato ogni occasione per accusare Cina e Russia di essere i maggiori nemici dell’ambiente. Subito dopo la distruzione della diga di Kakhovska non ha esistato a far proprie le accuse contro i russi (il 15 giugno partecipò ad una manifestazione di ukraini che protestavano contro la Russia, presso la sede dell’ONU a Bonn) e ad appoggiare la politica di Zelenski, fino a contribuire alla creazione di un nuovo organismo che si occupa dei problemi ambientali creati dalla guerra in Ukraina: l’International Working Group on the Environmental Consequences of War, di cui fanno parte anche Margot Wallström (ex vice primo ministro del governo svedese) e Mary Robinson (ex presidente dell’Irlanda).
Gli obiettivi del gruppo di lavoro sono: la valutazione dei danni ambientali causati dalla guerra, la formulazione di meccanismi per ritenere che la Russia ne è responsabile e l’impegno per ripristinare l’ecologia dell’Ucraina.
In concomitanza della prima riunione del Gruppo di lavoro, tenutasi a Kiev lo scorso 29 giugno, Greta Thunberg ha incontrato Zelensky
e nella conferenza stampa successiva all’incontro, a proposito della distruzione della diga di Kakhovska, ha detto di non ritenere sufficiente la reazione del mondo a questo ecocidio, aggiungendo che “La Russia, con le sue azioni, prende deliberatamente di mira l’ambiente, e agisce contro il sostentamento delle persone. Nessuno di noi dovrebbe ignorare le cose terribili che stanno accadendo in Ucraina, i crimini che la Russia sta commettendo.”3
Centrale nucleare di Zaporizhzhia
Occupata dalle truppe russe ai primi di marzo del 2022, è l’installazione civile che ha sempre destato maggiore preoccupazione a livello internazionale, grazie anche ad una campagna di informazione volta a sostenere che, con l’occupazione dell’impianto, la Russia stava minacciando l’Occidente di una catastrofe nucleare. Nonostante l’ispezione effettuata dall’IAEA nel febbraio 2023, che da quella data mantiene permanentemente suo personale presso l’impianto, questa campagna non ha mai cessato di alimentarsi raggiungendo il culmine fra maggio e giugno 2023.
Il 19 maggio 2023 si è tenuta a Hiroshima la riunione del G7. Nel comunicato finale si legge, tra l’altro: “Esprimiamo la nostra più grave preoccupazione per l’irresponsabile sequestro e militarizzazione da parte della della Russia della centrale nucleare di Zaporizhzhya (ZNPP)”.
Nel mese di giugno 2023 Zelennski ha ripetutamente sostenuto di avere le prove che i russi avevano minato la centrale di Zaporizhzhia, mentre il capo dell’intelligence della difesa ucraina, Kyrylo Budanov, dichiarava che i russi avevano completato i preparativi per un possibile attacco terroristico alla centrale, avendo posto esplosivi su quattro dei sei reattori presenti e che, addirittura, avevano iniziato ad allontanare il personale tecnico dall’impianto nell’imminenza di questo attentato.
Contestualmente negli Usa, il senatore repubblicano Lindsey Graham e il democratico Richard Blumenthal presentavano al Congresso4 una proposta di risoluzione volta a stabilire che qualsiasi uso di armi nucleari tattiche da parte della Federazione Russa, della Bielorussia “o per delega della Russia”, o il danneggiamento di un impianto nucleare che provochi l’ingresso di elementi radioattivi in territorio di paesi membri della NATO causando gravi danni, dovrebbe essere considerato un attacco all’Alleanza atlantica e quindi motivo di attivazione dell’art 5 del trattato (intervento militare di tutta l’alleanza).
A nulla sono valse le dichiarazioni dell’IAEA (presente sull’impianto) che smentivano la presenza di esplosivo (meno che mai le proteste della Russia): i grandi organi di informazione – in primis il servizio pubblico della RAI – le hanno ignorate, preferendo mandare in onda servizi che illustravano come in Ukraina si stanno predisponendo ad affrontare una emergenza nucleare con tanto di distribuzione di iodio alla popolazione ed esercitazioni di decontaminazione.
Fin dallo scorso anno (https://www.labottegadelbarbieri.org/la-guerra-sporca-che-si-combatte-intorno-a-zaporizhzhia/) scrissi che l’occupazione di Chernobil e Zaporizhzhia non aveva uno scopo distruttivo, bensì quello di proteggere questi siti da azioni di sabotaggio e/o di tentativi di uso “improprio” (come la fabbricazione di una bomba sporca) che i russi temono fortemente.
Da dove viene questa preoccupazione? Storicamente dal fatto che l’Ukraina, dopo la Russia, era la repubblica sovietica con più armamenti nucleari dell’Urss e aveva una tradizione di alto profilo scientifico nelle ricerche nucleari, civili e militari: l’istituto di fisica di Charkiv è sempre stato all’avanguardia in questo settore. Operativamente dal fatto che la security nucleare in Ukraina non è affidabile: nel 2014 proprio la Centrale di Zaporizhzhia fu oggetto di un tentativo di assalto da parte di un gruppo armato facente capo al movimento nazista Pravi Sector e nel 2021 un rapporto della OECD ha messo in luce la diffusa corruzione esistente in tutto il settore dell’energia, ivi compreso quello nucleare dove, secondo un rapporto redatto nel 2021 dalla DSA5 (Autorità di sicurezza nucleare della Norvegia) sono state registrate 37 denunce alla IAEA di traffico illecito di materiali radioattivi nel 2017, 26 denunce nel 2018, 35 denunce nel 2019 e 19 denunce nel 2020. Senza contare il precedente del 1994 quando, durante una ispezione dell’IAEA presso l’Istituto Charkiv della sunnominata città, furono rinvenuti 75 Kg di uranio 235 arricchito al 90% provenienti, molto probabilmente, dagli impianti di arricchimento ex sovietici.
Se oggi accadesse che una bomba nucleare sporca contenente modeste quantità di quel materiale (sfuggiti o sottratti ai controlli) esplodesse in Ukraina o in un altro paese della Nato, la colpa ricadrebbe sulla Russia, perché dall’analisi dei contaminanti è possibile risalire all’impianto che ha fabbricato l’U235 che, per le cose dette in precedenza, risulterebbe essere uno di quelli che oggi figurano di proprietà della Federazione russa.
Il rinnovato allarmismo di Zelenski su Zaporizhzhia viene, non a caso, dopo che la campagna di disinformazione sulla distruzione della diga di Kakhovska è riuscita ad addossarne la responsabilità alla Russia: a questo punto il terreno è pronto per montare un “incidente nucleare” che porti la Nato direttamente in guerra. E’ una strada senza ritorno che non si combatte tanto sul piano degli armamenti, quanto su quello dell’informazione, costruendo passo dopo passo l’immagine del nemico assoluto dell’umanità, contro cui ogni azione è legittima.
E’ già successo vent’anni fa quando fu condotta la guerra contro l’Iraq sulla base di false prove dell’esistenza di armi di distruzione di massa.
Stavolta è anche peggio e non possiamo assolutamente permetterci di vedere come va a finire. L’indignazione, la denuncia per l’assenza di obiettività (non oso nemmeno parlare di verità) degli organi di informazione, non bastano più. E’ tempo di mobilitarsi concretamente contro questo regime di falsità e di intimidazione, il cui solo scopo è quello di allontanare la pace e legittimare la guerra.
Note:
1 https://www.nytimes.com/interactive/2023/06/16/world/europe/ukraine-kakhovka-dam-collapse.html?auth=register-google
2 https://www.iwm.org.uk/history/the-incredible-story-of-the-dambusters-raid
3 https://www.reuters.com/world/europe/greta-thunberg-slams-world-response-dam-collapse-ecocide-during-kyiv-visit-2023-06-29/
4 https://www.pravda.com.ua/eng/news/2023/06/23/7408120/
5 https://dsa.no/publikasjoner/_/attachment/inline/7b550a3b-2d29-41c4-abb5-e7e939d8b8e6:2dcbd595ccccfe6ce65c59d2d0f673900ecf2fa8/DSA%20Report%2001-2022%20Ukrainian%20Regulatory%20Threat%20Assessment%202021.pdf
Giorgio Ferrari
4/7/2023
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