Infortuni mortali , se non cambiano coscienze e comportamenti degli imprenditori continuerà l’ecatombe

Fatti, eventi, report di ricerca e dati per capire meglio cosa succede nel campo della prevenzione e della salute negli ambienti di vita… e di lavoro.

In questo numero della rubrica affrontiamo il dramma degli infortuni mortali plurimi sul lavoro. Da circa due anni si verificano infortuni gravi e mortali sul lavoro che coinvolgono in unico evento più persone.Sono eventi assai differenti tra di loro, in contesti lavorativi molto diversi ma che hanno la caratteristica di coinvolgere più lavoratori nello stesso luogo e nello stesso momento. Facciamo riferimento alla tragedia di Brandizzo ove una squadra di lavoratori della manutenzione binari sono stati travolti dal treno, ai lavoratori addetti allo spurgo del sistema di depurazione di Palermo, l’esplosione della centrale idroelettrica Enel di Suviana infine l’esplosione nello stabilimento di fusione dell’alluminio di Bolzano che ha coinvolto 5 lavoratori dei quali uno è deceduto a causa delle ustioni. Su ciascuno di questi eventi abbiamo già scritto vedi QUI.

Qualcosa non funziona più nella metodologia di valutazione e gestione dei rischi posta in capo, prima dal Dlgs 626.94 e successivamente dal Dlgs 81/2009 , alle aziende, in primis al datore di lavoro ? Sono in grado la maggioranza delle aziende di svolgere correttamente la sequenza della valutazione e gestione dei rischi e a prendere i provvedimenti organizzativi e strumentali tali da rendere il lavoro e la sua organizzazione sicuri ? Certamente una parte delle aziende strutturate si sono date una metodologia operativa e strutture interne preposte alla valutazione e gestione dei rischi in modo positivo ed efficace. Per l’appunto sono una parte, sono le aziende che realizzano produzioni a medio – alto valore aggiunto e hanno i mezzi e la consapevolezza che spendere in sicurezza è un investimento in produttività e reputazione.

Esiste poi una fascia di aziende che non hanno mai metabolizzato la metodologia proposta dalla norma europea che si basa sull’assunzione della piena responsabilità dell’impresa nella valutazione e gestione dei rischi e hanno interpretato gli obblighi della redazione del DVR, della predisposizione di un piano per la gestione dei rischi, la formazione dei lavoratori come inutili orpelli burocratici.

Questa subcultura aziendale che considera gli strumenti della valutazione e gestione dei rischi come inutili adempimenti burocratici è assai più diffusa di quanto si pensi, in particolare nelle aziende che lavorano in appalto e subappalto in condizioni contrattuali e con capitolati al limite della sopravvivenza economica.

La deregulation e la eliminazione dei diritti dei lavoratori ( Jobs Act, per intenderci) hanno favorito il proliferare di microimprese che al posto della competenza professionale in materia di gestione dei rischi si affidano ad una sorta di organizzazione informale maligna che va dall’uso del personale in nero alla improvvisazione organizzativa del lavoro. L’allungamento della catena dei subappalti in particolare in edilizia ha certamente favorito la presenza su mercato di un’imprenditoria improvvisata e inadeguata a gestire la sicurezza del lavoro. Il problema di fondo non riguarda l’adeguatezza delle norme specifiche in materia di sicurezza del lavoro ma l’inadeguatezza strutturale delle imprese che operano nel subappalto, prive di competenze e capacità a gestire gli stessi rischi specifici delle lavorazioni che svolgono in regime di subappalto.

Vi sono poi casi gravissimi , in particolare nel settore agricolo (vedi il caso della morte di Satnam Singh, bracciante in nero che dopo l’infortunio nel quale aveva perso un braccio è stato abbandonato senza soccorsi…). Ma in questo come in altri casi simili siamo di fronte a comportamenti criminali che non riguardano certo le difficoltà dell’imprenditore normale a gestire i rischi specifici del lavoro.

Controlli e sentenze

Il caso del lavoratore indiano abbandonato come un vuoto a perdere dopo l’infortunio apre a tutto campo il tema dei controlli sulla regolarità del lavoro, sui contratti in essere, sulla condizione di schiavitù in epoca postmoderna che si trovano a vivere migliaia di immigrati nelle zone di raccolta di frutta e verdure. Non c’è giustificazione che tenga: il fenomeno di migliaia di lavoratori e lavoratrici immigrati invisibili è noto da tempo e in qualche misura accettato come il “male minore” rispetto alla sopravvivenza delle aziende e del flusso di merci scontate nella GDO.
Certo ci vogliono i controlli, vanno raddoppiati gli organici degli Ispettori a cominciare dalle ASL (vedi Lettera Coordinamento Regioni).Ci vogliono anche sentenze esemplari (vedi testo). Ma bastano ?

Riportiamo qua il post di Massimo Arvati, già Direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL di Mantova ( che ringraziamo) :

” Ciao a tutti,
Se può essere utile alla causa di Satnam Singh, lavoratore agricolo abbandonato e lasciato morire in seguito a grave ferita da infortunio, ricordo la sentenza della Cassazione di Milano del 18/12/2012 in esito a infortunio mortale del lavoratore agricolo ‘clandestino’ Vijay Kumar del 27/6/2008 a Salina di Viadana.
Notevoli analogie tra i 2 infortuni: anche Kumar, lavoratore agricolo ‘clandestino’ addetto alla raccolta di meloni zucche, ecc. è vittima di un probabile colpo di calore e viene abbandonato scientemente dal datore di lavoro in un fosso, malgrado le proteste dei compagni di lavoro, e muore.
Interessante che il delitto approdi in tutti e 3 i gradi di giudizio e la Cassazione confermi la condanna del datore di lavoro per omicidio volontario in esito a infortunio sul lavoro a ben 17 anni di reclusione e la moglie a 9 anni e 4 mesi.
Sentenza esemplare che ha avuto una certa eco mediatica, ma evidentemente la morte di Kumar non è servita a modificare le coscienze e i comportamenti degli imprenditori agricoli.
Massimo Arvati

Vedi la sentenza  del caso Vijay Kumar 

Per concludere: il cambio profondo è quello delle coscienze e dei comportamenti di una parte degli imprenditori  che è avvenuto in direzione opposta a quella auspicata. Senza l’assunzione della responsabilità primaria da parte dell’imprenditore che  fa impresa e  produce utile d’impresa in condizioni di relazioni umane civili, nel rispetto della vita e della salute di chi lavora,  ci saranno ancora tanti, troppi infortuni gravi e mortali. Un grande ruolo di recupero etico in questo ambito lo avrebbero le Organizzazioni imprenditoriali di settore e di categoria .  Hanno l’intenzione e la volontà di farlo ?

a cura di Gino Rubini

24/6/2024 https://www.diario-prevenzione.it/

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