Insicurezza sul lavoro

ancora morti

Siamo in campagna elettorale per il rinnovo del parlamento di questa Europa che conta quasi duecentomila persone morti a causa di malattie, malattie e incidenti sul posto di lavoro.

Inoltre è stati stimato in quasi un milione i decessi correlati al lavoro – circa 500.000 per cancro – tra il 2014 e questi primi mesi del 2019.

Sono i numeri di una guerra contro il mondo del lavoro in Europa in un quadro globale che, secondo i dati dell’Orga-nizzazione Internazionale del Lavoro, registra 374 milioni di persone ferite da infortunio sul lavoro o colpite da una malattia professionale. L’86% delle morti per cause lavorative è rappresentato da malattie professionali, circolatorie 31%, tumori 26%, malattie respiratorie 17%.

IN ITALIA

Uno stillicidio quotidiano che prosegue senza soluzione di continuità, senza che ci sia una controffensiva politica e sociale che vada oltre il dire “Basta”. In 4 mesi del 2019 sono morti oltre 400 lavoratori – calcolando quelli sui luoghi di lavoro (222 al 6 maggio) e in itinere in tutti i settori (dati dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro. L’unico sito in Italia che monitora in tempo reale i morti sul lavoro), mentre gli infortuni registrano un forte aumento del 4,3% con oltre 4.000 infortuni in più rispetto al 1° bimestre dell’anno precedente (da circa 96.100 a 100.300)”.

Aumentano sia gli infortuni sul posto di lavoro (+2,8%) che quelli in itinere (+5,0%), sia maschili (+3,7%) che femminili (+5,5%);oltre all’Industria e Servizi (+2,6%) gli infortuni gravi sul lavoro aumentano fortemente, anche in Agricoltura (+7,4%).

Di fronte a questo tragico stato di cose sarebbe logico ed elementare pensare che gli organi di contro aumentassero le ispezioni di prevenzione, invece il quadro sanzionatorio, pur davanti a dati che parlano del 78,2% delle aziende ispezionate nel 2018 dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro risultate irregolari, pare evidente inefficace come deterrente verso i datori di lavoro, sia pubblici che privati.

Quindi la strage impunita continua sul lavoro, nel raggiungere il posto di lavoro, quando si è colpiti da malattie cancerogene imputabili all’attività e quando si lavora e si vive accanto a luoghi pieni di amianto.

Dai morti in questi primi quattro mesi del 2019 di deduce che a nulla sono serviti i dati del 2018: 641mila lavoratori hanno subìto un incidente, l’84,6% dei quali si sono verificati durante l’attività lavorativa, mentre il 15,4% nel tragitto casa-lavoro. Rispetto al 2017 le denunce di infortuni aumentate di 5.828 (+0,9%), i decessi ancora di più (+10,1%), soprattutto per gli eventi plurimi registrati nel mese di agosto nelle campagne tra i braccianti immigrati. I morti sono stati 1.133 (786 in occasione di lavoro), per cui su ogni mille infortuni sono morti 2 lavoratori.

Sono i numeri di una guerra, sono i numeri ufficiali che non considerano tante altre morti nascoste, specie nell’agricol-tura del caporalato o nelle piccole imprese dove se muore un clandestino basta nasconderne le cause.

Di fronte a questo massacro quotidiano delle domande sono d’oobligo, morale, civile e politico, a chi ha il dovere costituzionale e sociale di intervenire, almeno come forza di mediazione contro la spudorata arroganza dei datori di lavoro che oggi hanno potere assoluto sulle condizioni di vita delle persone.

Perché il lavoro deve annientare la persona, spesso ucciderla? Perché organizzazione del lavoro e sicurezza viaggiano su binari inconciliabili? Chi ne è responsabile? Lo Stato, la Politica, il sindacato, l’amministrazione pubblica, l’Impresa, il Mercato? Chi calpesta la tutela Costituzionale del lavoro? Cosa dobbiamo chiedere: risarcimento, sanzione penale, o prevenzione?

Nelle attuali dinamiche involutive del rapporto di lavoro e delle relazioni professionali, gerarchiche e interpersonali la tutela della salute, intesa come sicurezza psicofisica, nei luoghi di lavoro non è affatto migliorata. Le norme vigenti hanno peggiorato quelle precedenti che di fatto non erano rispettate nella loro integrità; insomma, siamo molto lontani da una reale prevenzione.

Domanda al sindacato: che fare oltre che indignarsi? “In Italia si continua a morire come si moriva 50 anni fa. Come 50 anni fa evidentemente il diritto alla salute sui luoghi di lavoro non è considerato elemento indispensabile di tutta la fase produttiva” ha denunciato Maurizio Landini.

Quindi è urgente abbandonare la concertazione mai favorevole ai lavoratori e ritornare a riproporrere il conflitto sui luoghi di lavoro, per riprendere il controllo sull’organizzazione del lavoro!

Franco Cilenti

Articolo dal numero di maggio del periodico cartaceo Lavoro e Salute http://www.lavoroesalute.org

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