Insorgiamo. Un anno nuovo, non solo un nuovo anno

Per tanti motivi, probabilmente diversi fra loro, migliaia di persone hanno deciso di trasformare una festa di Capodanno in un presidio di fabbrica. Nessun altra lotta sindacale era mai riuscita ad avere l’attrattività sociale mostrata dall’ex Gkn

Cinquemila, forse settemila. I numeri esatti non possiamo saperli, ma quanto visto il 31 dicembre a Campi Bisenzio è stato sorprendente. È la prima volta nella storia del nostro paese che una festa di Capodanno diventa un presidio davanti a una fabbrica in assemblea permanente insieme ai 185 operai rimasti dopo due anni di lotta dalla chiusura dello stabilimento e con una partecipazione di massa da parte di chi, in quella fabbrica, non ci ha mai lavorato. Persone che nonostante il meteo avverso annunciato erano lì insieme a centinaia di volontarie e volontari che hanno allestito, servito, cucinato, diretto il traffico. Ogni racconto sul 31 dicembre a Campi Bisenzio non può che partire da qui: nonostante le trasformazioni, i logorii e le stanchezze che nelle mobilitazioni sempre si avvicendano, questo luogo dopo due anni e mezzo di lotta promette ancora qualcosa a tanti e tante. 

È stato un altro record, un’altra prima volta segnata dal processo collettivo messo in moto dagli operai dell’ex Gkn. È difficile definire cosa sia stato questo Capodanno perché è difficile definire cosa sia stata, e sia, la lotta di questi lavoratori e lavoratrici negli ultimi anni. Certamente si è trasformata: attraverso gli obiettivi specifici, le sfide, le dinamiche. Ci sono sempre stati più livelli. Non solo quello sindacale e politico, ma anche categoriale e di massa. I cortei, i picchetti, i tour in giro per l’Italia e l’Europa hanno visto protagonisti gli operai del Collettivo di fabbrica ma anche i militanti e le militanti dei movimenti di Firenze e dintorni. E se da sempre si è configurata come lotta territoriale, prima ancora che sindacale, non è certo stata una lotta locale. Organizzazioni nazionali e di altri territori hanno abbracciato, partecipato, preso parola, cercato alleanze in seno all’insorgere che il Collettivo di fabbrica ha subito rivendicato ed evocato. La composizione del 31 dicembre conferma quanto questa sia anche una lotta al di là dei soggetti collettivi: solidali e partecipi non sono stati solo i gruppi politici, ma anche i singoli che non facevano parte di alcun gruppo. Al di là delle analisi e delle valutazioni il dato incontrovertibile è questo: per tanti motivi, probabilmente diversissimi fra loro e non per forza politici, migliaia di persone hanno deciso di passare una festa collettiva lì, in fabbrica. Poche altre lotte – e nessuna vertenza sindacale – fino a oggi erano mai riuscite ad avere una tale attrattività sociale. 

Tanti sono stati gli interventi dal palco: dal movimento No Tav fino ai lavoratori di Mondo Convenienza. Sono state testimonianze di esistenza e resistenza, ma anche desiderio di tirare le fila, di ribadire che le opposizioni sociali ci sono ancora, anche se l’attenzione mediatica cala e le vicende diventano sempre più tecniche e complesse. La presenza di tante e tanti in piazza segnala che se da un lato ci sono gli interessi dei singoli, dall’altro c’è una collettività che, anche se composita e mai omogenea, difende il lavoro come strumento per costruire una società diversa, ecologica, inclusiva e attenta alle esigenze del territorio. Rendita e speculazione da un lato, lavoro e dignità dall’altro. 

Il 31 dicembre doveva essere L’ora X, quella in cui i licenziamenti sarebbero diventati definitivi. Ma questo Capodanno di lotta si è trasformato anche in un Capodanno di vera festa. Festeggiare in primo luogo la decisione del tribunale, arrivata in extremis proprio il 27 dicembre, di accogliere il ricorso per condotta antisindacale presentato dai lavoratori sulla base dell’art. 28 dello Statuto dei lavoratori. Pochi giorni prima il giudice del lavoro si era espresso valutando come non valida la procedura di licenziamento messa in atto da Francesco Borgomeo, l’ex advisor e attuale proprietario della fabbrica. Il 2024 avrebbe dovuto iniziare in un modo e invece è iniziato in un altro. 

Nessun passo però, in Gkn come altrove, è mai l’ultimo. Le sfide sono ancora tante e se non saranno affrontate e superate quello che si rischia non sarà lo stallo, ma la disfatta. La reindustrializzazione della fabbrica sociale integrata con il territorio è tutt’altro che scontata nonostante i 175 mila euro raccolti con il crowdfunding e i 527 mila euro di azioni complessivamente prenotate per l’azionariato popolare della nuova cooperativa. Quello che si augurano i compagni del Collettivo di fabbrica è che gli sforzi d’ora in poi siano in questa direzione: non più e non solo per schierarsi contro, ma per. La pars construens delle rivoluzioni – piccole e grandi – è da sempre la più difficile, perché richiede sintesi e compromesso, accettazione e strategia, lucidità per valutare la strada e raddrizzare il tiro. Perciò il Collettivo si è fatto carico di mettere in campo una mobilitazione per obbligare la Regione a rilevare la proprietà dello stabilimento. Non sarà certo il capitale a far fallire il progetto di una fabbrica pubblica e socialmente integrata, ma il silenzio delle istituzioni e l’incapacità nostra di chiederne conto. Se si vuole salvare la fabbrica, e tutto quello che ha rappresentato, il passaggio c’è ed è obbligato: mettere lo stabilimento a disposizione dell’unico piano industriale esistente, quello elaborato dal basso dagli operai e dai solidali. Ecco perché non sono mancati nel corso della serata gli appelli a tenersi pronti: a insorgere e partecipare anche domani, perché di certo non è finita. 

Il Capodanno in fabbrica non è stato un Capodanno in piazza: non è stato brindisi e panettone, ma manifestazione. Ecco perché pochi minuti dopo la mezzanotte il piazzale davanti al presidio si è liquefatto e ricomposto in un corteo che ha attraversato le strade deserte di una zona che quella sera era vuota e assopita ma che quotidianamente è il cuore pulsante delle attività produttive del centro della Toscana. In cinquemila, in marcia, davanti ai magazzini di Mondo Convenienza, ai cancelli delle industrie Leonardo per gridare, dirci l’un l’altra, che non basta difendere l’ex Gkn: non basta al Collettivo di fabbrica e non può bastare a nessuno di noi. Non può bastare difendere il posto di lavoro in un mondo in cui una popolazione intera è sterminata in Palestina, non può bastare denunciare gli abusi di potere dei padroni e l’incompetenza della classe dirigente se non riconosciamo chi arma Israele. Siamo coinvolti, tutte e tutti. E il corteo della mezzanotte del 31 dicembre è servito a questo: partire dal nostro coinvolgimento per essere una marea che attraversa tutte le lotte. 

È stato un corteo insolito che ha parlato al proprio interno più che fuori proprio perché fuori quella notte non c’era niente se non i capannoni spenti e le insegne ancora illuminate del centro commerciale. Ma in quell’asfalto che connette produzione e consumo è servito sfilare. A cosa? A riacquistare le energie, a stringere le fila e dire che una prospettiva c’è ancora, nonostante le fasi che si susseguono, nonostante le forze in campo siano cambiate e cambieranno. Ognuna delle realtà e delle soggettività in campo possono trovare il proprio modo di stare dentro questo spazio. Nella notte di Capodanno era necessario ricordare che questo spazio c’è ancora e che può essere un’opportunità non per testimoniare che un segmento sociale resiste ma che una classe sociale può cambiare gli equilibri, piegare i rapporti di forza, proprio al di là dei confini di una fabbrica. Non può essere un singolo collettivo di operai da solo a cambiare un intero modo di fare politica. Una fabbrica pubblica e socialmente integrata è un obiettivo, certo, ma anche un mezzo: un punto segnato contro chi ci dice e ribadisce che questo mondo – anche se brucia – è l’unico possibile. Con l’augurio collettivo di aprire un anno nuovo e non solo un nuovo anno. 

Carlotta Caciagli è assegnista di ricerca al Dastu, Politecnico di Milano. Si occupa di movimenti urbani nel capitalismo digitale. È autrice del manuale Movimenti urbani. Teorie e problemi (Mondadori, 2021). 

4/1/2024 https://jacobinitalia.it/

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