Integrazione scolastica: Il Tribunale di Torino conferma il pieno diritto ai servizi
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Andrea Ciattaglia Csa – Coordinamento sanità e assistenza e della Fondazione promozione sociale
Due pronunce positive per gli utenti: le prestazioni agli alunni con disabilità contenute le Piano educativo individualizzato devono essere garantite. Le risorse vanno trovate dall’ente pubblico
Con due fondamentali pronunce delle ultime settimane, il Tribunale di Torino ha ribaltato la preoccupante deriva contro i diritti degli alunni con disabilità imboccata dal Consiglio di Stato con la sentenza 7089 del 12 agosto 2024, che aveva avallato la limitazione dei servizi in un caso di integrazione scolastica, ritenendo legittima la riduzione delle ore per l’assistente all’autonomia ed alla comunicazione da parte di un Comune nei confronti di un alunno con disabilità, sulla base di una carenza di risorse disponibili.
I Comuni avevano colto da allora la proverbiale “palla al balzo” e in molti casi ridotto le ore di loro spettanza nei servizi di integrazione scolastica. Non aveva fatto eccezione il Comune di Torino. Costretto ora alla marcia indietro, perché il 15 ottobre scorso, il Tribunale di Torino con una ordinanza, a seguito di un giudizio incardinato con un procedimento d’urgenza, ha intimato alla Città l’immediata cessazione della condotta discriminatoria e l’esatto adempimento del Piano educativo individualizzato di un alunno con disabilità (non udente) deliberato dal Gruppo di lavoro operativo (cui devono partecipare i referenti scolastici, ma anche la famiglia e gli altri operatori coinvolti in servizi, anche esterni alla scuola). In particolare, il Tribunale ha intimato al Comune di attivare tutte le 36 ore di assistenza alla comunicazione Lis, che erano state ridotte a 10 per presunta carenza di fondi.
Alcuni passaggi del pronunciamento del Tribunale meritano un approfondimento. Intanto, il Tribunale ordinario si è dichiarato competente sulla materia, respingendo la richiesta del Comune di Torino di rimandare la questione al Tar Piemonte, cioè al giudice amministrativo. Per i giudici torinesi, le controversie afferenti alla fase successiva rispetto alla formazione del Pei sono devolute alla giurisdizione del Giudice ordinario, atteso che, con la predisposizione del Pei, l’amministrazione si pone un auto-vincolo da cui discende il suo obbligo di garantire l’attuazione del piano, con conseguente esaurimento del potere amministrativo discrezionale.
Come è stato puntualmente osservato dal Centro Studi Giuridici di HandyLex riprendendo passaggi dell’ordinanza “una volta approvato il piano educativo individualizzato, tale piano obbliga l’amministrazione scolastica a garantire il sostegno all’alunno con disabilità per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili; conseguentemente, la condotta dell’amministrazione che non appresti il sostegno pianificato si risolve nella contrazione del diritto della persona con disabilità alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, la quale, ove non accompagnata dalla corrispondente riduzione dell’offerta formativa per gli alunni “normodotati” concretizza discriminazione indiretta, la cui repressione spetta al giudice ordinario”.
Così il Tribunale ha cassato la condotta tenuta dal Comune di Torino, che non ha garantito al ragazzo con disabilità l’assistenza alla comunicazione in Lis per tutte le ore di permanenza a scuola. I Giudici hanno aggiunto le fondamentali valutazioni sulle risorse economiche. Ancora HandyLex: “Il limite delle stesse non coincide con il limite delle risorse assegnate a un certo servizio (nel caso di specie, il servizio disabilità sensoriali), aspetto su cui ha argomentato il Comune di Torino, omettendo, invece, di dimostrare di non poter accedere ad altri fondi per garantire l’assistenza richiesta dalla parte ricorrente ovvero di non poter utilizzare strumenti per rivedere la determinazione delle risorse e il bilancio”.
Al riguardo, il Tribunale ha ricordato quanto affermato dalla Corte Costituzionale, secondo cui “è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione. La sostenibilità non può essere verificata all’interno di risorse promiscuamente stanziate attraverso complessivi riferimenti numerici. Se ciò può essere consentito in relazione a spese correnti di natura facoltativa, diverso è il caso di servizi che influiscono direttamente sulla condizione giuridica del disabile aspirante alla frequenza e al sostegno nella scuola (Corte Cost. 275/2016)”.
Nell’accogliere il ricorso, il Tribunale ha anche condannato il Comune di Torino a rifondere 50 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine emesso con il decreto a settembre 2024, oltre alle spese del procedimento.
Pochi giorni dopo, con provvedimento del 28 ottobre, il Tribunale di Torino, ha condannato il Consorzio Intercomunale Servizi Socio Assistenziale (Cissa), costituito dai Comuni di San Gilio, Venaria Reale, Givoletto, Alpignano, La Cassa, Pianezza, Val della Torre e Druento), a rispettare il Pei, disponendo la cessazione della condotta discriminatoria, assegnando immediatamente all’alunno destinatario di tale servizio le 14,5 ore di assistente all’autonomia e comunicazione, a dispetto delle sette ore riconosciute. Un dato, tra l’altro, che fa supporre che i servizi, senza valutazione del caso singolo – peraltro già eseguita in sede di redazione del Pei – decurtino “d’ufficio” della metà le prescrizioni dei Piani.
Il provvedimento è molto rilevante anche perché riguarda una condizione di disabilità grave con autismo che dall’inizio dell’anno scolastico della primaria, con le poche ore assegnate “era peggiorato in modo drammatico”, come attestato da una relazione redatta opportunamente dal consiglio di classe. “Il giudizio – segnala la Federazione italiana rete sostegno e tutela – First, che ha seguito il caso – è stato lungo e articolato, con il coinvolgimento in fase di acquisizione di documenti anche delle testimonianze dei referenti dell’amministrazione pubblica, che hanno sempre sostenuto la posizione delle scarse risorse disponibili, mentre è stato dimostrato che le risorse c’erano e che sono state utilizzate “per sostenere spese voluttuarie e facoltative”. Il Giudice torinese ha così riconosciuto il principio cardine della Corte Costituzionale, sentenza 275 del 2016 “che è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio e non l’equilibro di questo a condizionarne la doverosa erogazione”.
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