INVALSI: strane sigle e assai poca accessibilità (e i BES non esistono più…)
Fanno discutere, in questi giorni, le nuove modalità di somministrazione delleprove INVALSI [Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione, N.d.R.] per la terza classe della scuola secondaria di primo grado, in particolare per i rischi di regressione sul fronte dell’inclusione e dei diritti degli alunni con disabilità.
Cominciando da questioni lessicali, ma non banali, colpisce che l’INVALSI, chiami «diversamente abili» gli alunni con disabilità e si inventi anche la sigla DVA. Si tratta infatti di una licenza che potrebbe essere considerata veniale (ma fino a un certo punto), per un istituto scolastico qualsiasi, ma che fa un certo effetto se usata dall’INVALSI, l’Istituto Nazionale di Valutazione di diretta emanazione del Ministero dell’Istruzione.
Ciò che però colpisce assai di più è la mancanza di accessibilità delle nuove prove svolte al computer. O forse, per dirla come piace a loro, semplicemente «Diversamente Accessibili»!
Da quest’anno le prove INVALSI di terza classe della secondaria di primo grado e di seconda classe del secondo grado sono proposte su computer (CBT – Computer Based Test); non avverranno in simultanea in tutte le scuole, ma ci sarà un intervallo di alcuni giorni duranti i quali, in base a turni definiti dalle scuole, i ragazzi si recheranno a gruppi in un’aula attrezzata, entreranno nel sito INVALSI, si identificheranno e troveranno la loro prova da sostenere. Non più la stessa per tutti, come gli altri anni.
E gli alunni con disabilità? Per le superiori le procedure per loro non sono ancora ben definite, ma per la terza media sono state rese pubbliche in questi giorni. E i problemi non mancano. Prima di tutto, appunto, l’accessibilità.
Un ragazzo cieco, abituato a usare sempre il computer in tutte le sue attività scolastiche, potrà sostenere la prova INVALSI come gli altri? No, per lui arriverà obbligatoriamente unaversione cartacea in Braille.
Non solo: l’INVALSI dice anche, senza nessuna spiegazione, che in questo caso non rilascerà la certificazione di competenza prevista per legge. Non sarebbe stato per nulla complicato predisporre una prova CBT accessibile con display Braille, direi quasi banale per le prove di italiano e inglese, mentre per la matematica si sarebbero dovuti fornire probabilmente dei disegni a rilievo e curare meglio la rappresentazione delle formule, ma nulla di trascendentale.
Ho chiesto a un amico non vedente di testare l’accessibilità di una delle prove di italiano disponibili per esercitazione nel sito dell’INVALSI, e mi ha confermato che con lo screen reader [applicazione che interpreta un testo tramite un sistema di sintesi vocale o di display Braille, N.d.R.] un utente esperto riesce a navigare, disegni a parte, ma che nessuno degli accorgimenti possibili è stato messo in atto per rendere più fruibile la prova a chi accede in questo modo. Accorgimenti ovviamente necessari, se i destinatari sono ragazzi ciechi di terza media, non necessariamente “super smanettoni”.
Va anche peggio per chi vede poco e non usa il Braille: il testo si ingrandisce poco e male, neppure si ricompone su più righe e bisogna scorrere il riquadro verso destra per leggere tutto. Anche i disegni rimangono tagliati e non è neppure possibile visualizzarli a tutto schermo; e ancora, nessun ingrandimento è disponibile per i pulsanti di navigazione (ad esempio per passare alla domanda successiva), né tasti di scelta rapida.
Ma la cosa curiosa è che l’INVALSI non ha previsto una versione cartacea ingrandita, analoga al Braille per i ciechi totali, ma solo la modalità al computer, per cui per i ragazzi ipovedenti questa prova può davvero risultare del tutto inaccessibile, non solo disagevole.
Per i ragazzi sordi il problema riguarda essenzialmente la prova di inglese, che prevede un esercizio di comprensione da ascolto. Si tratta in sostanza di esonerarli da una parte della prova e non si capisce perché anche in questo caso l’INVALSI non rilasci la certificazione delle competenze, come prevista per legge.
Nel regolamento INVALSI del 21 febbraio si legge infatti: «La certificazione di competenza INVALSI (articolo 9, comma 3, lettera f del Decreto Legislativo 62/17) non è rilasciata nei casi di esonero o lo svolgimento in formato per sordi o Braille di una o più prove INVALSI».
E c’è infine la questione BES (Bisogni Educativi Speciali). Dalle indicazioni per le prove INVALSI emerge ormai chiaramente il piano di restaurazione in atto sulla questione degli alunni con Bisogni Educativi Speciali, individuati dalla scuola: finora avevamo solo degli indizi, a cominciare dal già citato Decreto Legislativo 62/17 sulla valutazione, che li ignorava completamente, ma la Nota Ministeriale n. 2936 del 22 febbraio scorso scioglie ogni definitivo dubbio: «Si ricorda inoltre che le alunne e gli alunni con bisogni educativi speciali non certificati né ai sensi della Legge n. 104/1992 (alunni con disabilità) né ai sensi della Legge n. 170/2010 (alunni con disturbi specifici di apprendimento), svolgono le prove INVALSI standard al computer senza strumenti compensativi». La stessa cosa varrà anche per gli esami e, probabilmente, anche per le altre prove INVALSI, della scuola primaria e secondaria di secondo grado.
In sostanza: le poche tutele che erano state inserite negli anni scorsi, a partire dalla Direttiva del ministro Profumo del dicembre 2012, per gli alunni con BES, ma senza certificazione di disabilità o DSA, vengono abrogate, ma nessuno al MIUR si è mai degnato di spiegare perché.
I BES non esistono più, abbiamo scherzato, e torniamo indietro di cinque anni: o le famiglie portano a scuola un certificato medico, ma quello “giusto” non uno qualsiasi, o la scuola è autorizzata a trattare tutti nello stesso modo.
Sono gli effetti dei Decreti Attuativi dello scorso anno, non solo il 62/17 sulla valutazione, come abbiamo visto, ma anche il Decreto 66/17, che impropriamente si chiama «Sull’inclusione scolastica», ma che, dopo avere enunciato all’articolo 1 che l’inclusione scolastica «risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno», al successivo articolo 2 dice che tutto il resto del Decreto si applica esclusivamente agli alunni «con disabilità certificata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104». Ai «DVA», per dirla con l’INVALSI…
Evviva l’inclusione!
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