Isolamento sociale e salute

L’essere umano ha la necessità di rapportarsi continuamente e in tutte le fasi della sua vita con i propri simili; ciò gli consente di crescere e mantenersi in armonia con il mondo che lo circonda. In questi ultimi due anni abbiamo avuto modo di osservare le conseguenze a cui una “solitudine forzata” possa condurre: il termine “distanziamento sociale” – utilizzato ampiamente dalle istituzioni nel consigliare il mantenimento di una “distanza fisica di sicurezza” tra individui al fine di contenere il dilagarsi di una malattia infettiva a diffusione mondiale – si è rivelato ben presto in tutta la sua essenza, portando ad interruzioni delle relazioni scolastiche e lavorative, quindi amicali ed infine anche familiari. Una distanza sociale che, anche per chi non era ammalato, è diventata un vero e proprio “isolamento”.

Come attestano numerose ricerche, l’isolamento può avere effetti molto nocivi sulla salute fisica (i livelli di stress elevati riscontrati nei detenuti posti in isolamento si associano spesso a patologie cardiache) e, soprattutto, mentale: insonnia, ansia fino al panico, letargia e depressione oppure aggressività e perdita di controllo, ruminazione, paranoia, allucinazioni. L’esperienza dell’isolamento può portare il detenuto a perdere la capacità di interagire con gli altri esseri umani, diventando sociofobico: situazione all’opposto di ciò che i sistemi carcerari formalmente perseguono, cioè la “risocializzazione del reo” (1). Un detenuto può arrivare a gesti estremi, come l’automutilazione o addirittura al comportamento suicidario. Il dossier sui suicidi in carcere nel 2022, redatto dall’associazione Antigone (2), denota un incremento impressionante di casi: già ad agosto le persone che si sono tolte la vita in carcere erano 59, superando così, a due terzi dell’anno, il totale dei decessi dell’anno precedente, ovvero 57. Sembra che almeno 18 dei 59 detenuti deceduti soffrissero di patologie psichiatriche. Vero è che, come denuncia da tempo il personale penitenziario, la presenza in carcere di persone con disagi psichici è molto alta, e le risorse a disposizione per prenderle adeguatamente in carico è insufficiente. L’isolamento può essere un evento che slatentizza o esacerba disagi mentali; nel rapporto “Ecco perché l’isolamento fa male” (3) sono documentati una serie di suicidi in cella di isolamento avvenuti tra il 2004 e il 2016: da tale relazione emerge che l’età anagrafica dei reclusi che si sono tolti la vita è varia (dai 22 ai 50 anni di età), e ci sono stati casi verificatisi sia all’inizio che alla fine della pena detentiva.

Letizia Fattorini

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15/2&2023

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