Israele. Nuove forme di guerra

A un nemico accerchiato

devi lasciare una via d’uscita.

Sun Zu, 7.31

Non c’è dubbio alcuno. Con l’esplosione sincronizzata, a migliaia, di cercapersone acquistati dalla struttura dirigente Hezbollah e distribuiti ai militanti per i necessari contatti, il governo israeliano ha colto di sorpresa e stupito il mondo intero, seminando il panico nella popolazione, non solo in Palestina occupata ma anche in Libano e Siria. Il giorno successivo, quando i primi commenti si incrociavano incerti, alla stessa ora, le 15, la strage si è ripetuta: questa volta si trattava di walkie talkie o altre apparecchiature comandate a distanza. Ogni oggetto di uso comune diviene potenzialmente uno strumento di morte, l’insidia produce inevitabilmente terrore, intacca qualsiasi rete di rapporti sociali. Questa è la risposta del governo israeliano all’indignazione sollevata dai massacri quotidianamente perpetrati nella striscia di Gaza, al crescere delle critiche, alle accorate richieste di tregua; una risposta che prelude all’esecuzione di un programmato sterminio.

Ci troviamo di fronte a un cambio di passo. Funzionari anonimi, specializzati in singoli segmenti di attacco criminale, operano in equipe, ben celati agli occhi della popolazione, e colpiscono a distanza, senza partecipare al combattimento sul campo. Come gli addetti finanziari pigiano sulla tastiera le mosse di compravendita capaci di creare o distruggere patrimoni (al tempo stesso modificando l’esistenza di soggetti a loro sconosciuti per i quali provano solo indifferenza) così i tecnici del Mossad, segretamente, elaborano, su commissione politico-militare proveniente dall’estrema destra colonialista al potere, progetti idonei a sopprimere vite umane. Probabilmente questi assassini in camice bianco neppure odiano i loro bersagli; semplicemente cercano di fare al meglio il lavoro che viene loro assegnato, evitando inutili domande. Certamente la deriva teocratica (con la crescita costante di Hamas e della estrema destra sionista) ha giocato un ruolo importante nel conflitto; o forse, al contrario, è stato il sabotaggio della pace, pervicacemente messo in opera dall’occidente democratico in questo secolo, a creare le condizioni che hanno consentito il successo dei fondamentalisti in entrambi i fronti. Se sia nato prima l’uovo o la gallina non lo sapremo mai, dunque poco importa. Quel che conta è la scelta del governo israeliano, oggi: vogliono imporsi con la forza, prendersi i territori, allargare i confini. A qualsiasi costo. Disposti a tutto, sordi a qualunque richiamo da parte di chi invita al buon senso.

Israele probabilmente non ha avvisato gli Stati Uniti di quel che aveva in mente di fare, così ha evitato sia discussioni fastidiose sia di mettere in imbarazzo il principale sostenitore. Comunque vadano le elezioni americane di novembre possono contare sull’appoggio di entrambi i candidati, sulla continuità del veto sempre apposto nel Consiglio di Sicurezza a qualunque deliberazione non gradita. La mossa preparata e attuata dal Mossad presuppone una rete spionistica in grado di superare i confini degli stati senza interferenze ostruzionistiche; l’uso della tecnologia insieme all’elaborazione dei complotti non ha (per lo meno: non ha ancora) alcun equivalente paragonabile negli stati e nei movimenti politico-militari di parte araba. Ove mai ci fosse una risposta bellica che facesse prevalere la supremazia dei corpi lo Stato d’Israele appare pronto ad usare la bomba atomica (quella c.d. tattica). A fianco del ricatto atomico si cala oggi la strage mediante cercapersone. Il soldato nemico viene trasformato in una sorta di mina umana che colpisce proprio la comunità che lo ha spinto ad indossare la divisa, a combattere per la propria terra; una mina pronta ad esplodere alle 15,30 in un mercato, in una scuola, in un ospedale, in autobus, sulla strada, alla partita di calcio. Chi vive nei territori occupati vede ora come potenziale pericolo lo scaldabagno, il televisore, la piastra per cucinare; dunque riceve il messaggio di andarsene per non essere annientato. I commenti della stampa europea e occidentale a questo cambio di passo, a questa nuova forma di guerra mai usata prima di oggi e vietata dalle norme internazionali lasciano intravedere un misto di ipocrisia (lasciare il dubbio che l’autore sia il Mossad) e di riduzione della strage a un semplice colpo inflitto all’avversario con indubbia maestria. Fingono tutti di non capire la portata di questa vicenda, l’innovazione bellica che una volta introdotta farà inevitabilmente scuola, negli anni a venire, provocando conseguenze che oggi nessuno si azzarda ad esaminare; sembrano non rendersi conto del fatto che le conseguenze ad Israele oggi semplicemente non interessano perché sono concentrati solo sulla vittoria, sull’annientamento di tutti coloro che si oppongono all’annientamento dei palestinesi (o al loro definitivo esodo). Tutti parlano della bomba atomica in mano a Putin (che non vuole usarla) e incautamente lo provocano (perché la usi); al tempo stesso tacciono delle bombe atomiche in mano alla coppia Netanyahu-Ben Gvir, pur consapevoli che costoro (specie il secondo) non si farebbero scrupoli a trasformare Beirut o San’a’ in una novella Hiroshima, pur di raggiungere il loro scopo.

Un filo sottile lega l’esplosivo nascosto dal Mossad nei cercapersone acquistati da Hezbollah e l’arsenale atomico distribuito nel pianeta; è il legame fra l’uso del terrore quotidiano, capace di esasperare le comunità, e l’esplosione nucleare, capace di eliminare una comunità. Non solo Israele, fra i piccoli, possiede l’arma atomica; per giunta si possono anche vendere a terzi, in caso di bisogno. La rinunzia americana al ruolo di gendarme innanzitutto del proprio alleato non è segno di forza, ma di debolezza; se non mostra di essere capace di tenere a bada un Ben-Gvir qualunque finisce con il promuovere un rivoltoso malumore fra i propri sudditi. E che spesso sia un malumore di destra non dovrebbe rassicurare né Harris né Trump.

La tecnologia è poco capace di custodire a lungo i propri segreti; è fragile, è per sua natura esposta alla riproduzione. Questo vale sia per l’uso tradizionalmente commerciale, sia per il suo detournement militare-terroristico. Mi si perdoni un inciso commemorativo: come ci manca Guy Debord a commento di questo complotto israeliano di guerra! In tempo di Intelligenza Artificiale l’esplosione sincronizzata di cercapersone potrà essere acquisita prima dagli apparati statali (grandi o piccoli), poi dalla criminalità, e ancora dalle organizzazioni per qualsiasi motivo ribelli (di qualunque etnia o tendenza). Le metropoli sono bucate, piene di falle; la globalizzazione ha travolto i confini, non bastano i nazionalismi a identica riedificazione, ci sono ancora, ci saranno, ma diversi. Soprattutto non fermano la tecnologia. Israele ha scoperchiato il vaso di Pandora; l’uso del micro-esplosivo può essere esportato non solo a mezzo di droni, ma in qualunque oggetto. E la conseguente disarticolazione sociale avvicina la tentazione di ricorrere all’atomica. L’errore strategico di Israele (accecato dal nazionalismo colonialista e dalla frenesia di potere) è di non indicare alcuna via d’uscita, continuando solo a massacrare. Così però prima o poi si va a sbattere, come osservava Sun Zu nell’esergo.

Gianni Giovannelli

22/9/2024 https://effimera.org

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