Italia, terra di schiavitù e corruzione. I cor­rut­tori hanno scal­zato i cor­rotti nell’assunzione delle cari­che poli­ti­che. Expo, milioni di tangenti e lavoratori gratis

Come hanno già scritto nei giorni scorsi Livio Pepino e Paolo Ber­dini su que­sto gior­nale, non ci si può stu­pire né scan­da­liz­zare più di tanto di fronte alle nuove rive­la­zioni sulle maxi­tan­genti pagate per l’Expò. Ma con­ti­nuare ad indi­gnarsi sì. Se la sta­gione di tan­gen­to­poli è finita in vacca e gli stessi mec­ca­ni­smi si ripro­du­cono al qua­drato, è anche per­ché l’opinione pub­blica, all’inizio scossa e indi­gnata, si è acquie­tata di fronte al cam­bio della guar­dia. Solo che in quella occa­sione, agli inizi degli anni Novanta, furono per­se­guiti solo i cor­rotti, poli­tici o fun­zio­nari che fos­sero, molto meno o niente affatto i cor­rut­tori. Così il sistema del malaf­fare è rima­sto in piedi, solo scal­fito, ma non com­pro­messo nella sua cri­mi­nale efficacia.

I cor­rut­tori hanno scal­zato i cor­rotti nell’assunzione delle cari­che poli­ti­che. Quella bor­ghe­sia così priva di spi­rito webe­riano ha spaz­zato via ogni media­zione poli­tica ed ha deciso di rap­pre­sen­tarsi diret­ta­mente da sé stessa. Così è comin­ciato ed è pro­se­guito il lungo ven­ten­nio ber­lu­sco­niano. Così, dopo la paren­tesi dei Monti e dei Letta, prende il volo il periodo renziano.

Era stato cal­co­lato che la cor­ru­zione della pub­blica ammi­ni­stra­zione e del potere poli­tico, da noi malat­tia antica e finora incu­ra­bile, costa al nostro paese più di 60 miliardi all’anno. Più dello scia­gu­rato fiscal com­pact, che qua­lora non venisse abo­lito, peserà sul bilan­cio circa 50 miliardi ogni anno per venti anni a par­tire dal 2016. Un costo spa­ven­toso, ma che ha un altro riflesso deva­stante: quella di inge­ne­rare una sfi­du­cia cro­nica dei cit­ta­dini nell’efficienza del set­tore pub­blico ed è quindi per­fet­ta­mente fun­zio­nale alla pro­pa­ganda in favore della eli­mi­na­zione dell’intervento pub­blico diretto in eco­no­mia e delle pri­va­tiz­za­zioni, cui l’attuale governo nuo­va­mente si accinge per tenere fede ai vin­coli europei.

Ma c’è un altro risvolto della fac­cenda. A fine luglio dello scorso anno venne fir­mato tra Expò 2015 e i sin­da­cati con­fe­de­rali e di cate­go­ria, un accordo che tra le altre cose pre­vede l’uso mas­sic­cio di “volon­ta­riato” (18.500 unità lavo­ra­tive) per la durata dell’esposizione. Il com­pito di que­sti volon­tari non è certo quello di assi­stere per­sone in dif­fi­coltà, ma di svol­gere le clas­si­che fun­zioni acco­glienza dei visi­ta­tori della mostra e degli ope­ra­tori eco­no­mici. Un “agire comu­ni­ca­tivo rela­zio­nale” indi­spen­sa­bile per mani­fe­sta­zioni di que­sto genere e facente parte a pieno titolo della catena della for­ma­zione del valore. Solo che non è pagato. E’ lavoro ser­vile. Tale accordo è stato pre­sen­tato come un modello da gene­ra­liz­zare per tutti i grandi eventi. Se così fosse si aggiun­ge­rebbe, come ulte­riore chance a dispo­si­zione dei datori di lavoro, alla distru­zione del diritto del lavoro e dei diritti dei lavo­ra­tori con­te­nuto nel decreto Poletti appena votato dalle Camere a colpi di fiducia.

Impos­si­bile a que­sto punto non sta­bi­lire un rap­porto di reci­proca cau­sa­lità tra i due fatti: il lavoro non pagato e le maz­zette distri­buite. Vi è solo da chie­dersi se è a causa del milione e 200mila euro – ma è solo uno dei tanti pos­si­bili esempi – che stando alla cro­naca l’imprenditore vicen­tino Enrico Mal­tauro, e chissà quant’altri, ha dovuto ver­sare alla “cupola” dei soliti noti, che poi ven­gono a man­care soldi per pagare i lavo­ra­tori, oppure se è la cer­tezza di potere con­tare sul lavoro ser­vile che aumenta i mar­gini eco­no­mici per pagare laute tan­genti. Entrambe le cose, ver­rebbe da dire.

Alfonso Gianni

17/5/2014 www.ilmanifesto.it

 

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