Jalta 2.0
Era in corso ancora la seconda guerra mondiale quando Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrarono in Crimea per discutere degli assetti del mondo dopo il conflitto. A dire che per chiudere una guerra occorre preparare la pace.
Di Jalta naturalmente si può discutere. Si possono sottolineare gli aspetti “spartitori” e riflettere su come non impedì che ci fosse poi la guerra fredda. Ma pose le basi per un lungo periodo che consentì uno straordinario sviluppo dopo le devastazioni delle due guerre mondiali. Ebbe a decidere punti importanti. Il primo, la nascita dell’ONU che infatti vide la luce subito dopo. Il secondo, la rinascita dell’Europa. Certo divisa tra i due blocchi, ma per la prima volta non in guerre armate.
L”89 ha posto fine all’ordine di Jalta. I “vincitori” pensarono che ormai il nuovo ordine si sarebbe costruito da sé. Al traino della globalizzazione capitalistica e delle sue “istituzioni”. I vari WTO, FMI, G7/8/20. Che non sia stato così ormai dovrebbe essere evidente. Siamo passati di guerra in guerra, di crisi in crisi. Fino all’attuale binomio pandemia/rischio di nuova guerra mondiale.
Oltre ai fatti sono degenerate le “identità” tra nazionalismi e liberal bellicismo, accompagnati tutti da suprematismi. Il tutto alimentato da revisionismi storici e revanscismo.
Ciò accade mentre dovrebbe essere evidente che assetti unipolari non hanno nessuna corrispondenza rispetto ad una realtà sempre più complessa e che non può essere governata col riduzionismo mercatorio. Dello spostamento dell’asse della Storia da Ovest ad Est parlano tutti. Come delle contraddizioni esplosive dei Sud.
È impressionante che però ciò non venga affrontato se non per la gestione “ordinaria” del grande mercato e quella “straordinaria” delle crisi. Gestioni straordinarie a “geometrie e valori variabili”, cioè appese a rapporti di forza che però sono instabili.
In realtà tutto ciò è “teorizzato” dai “pensatori” delle guerre preventive, permanenti e dei vari suprematismi. Che questi “pensieri” siano connessi alla sopravvivenza del genere umano è però assai discutibile e la profezia marxiana sulla barbarie mai come oggi appare attuale. Per altro ho definito pensatori quelli che sono in realtà ormai una vera oligarchia politica economica trasversale che oggi spartisce domani si sbrana per poi ridefinire le spartizioni. Riccardo Petrella li chiama i dominanti. Sono i signori delle sliding doors, oggi capi politici, domani economici, un altro giorno militari.
Questa gestione del Mondo è come l’orchestrina del Titanic. Sdogana ogni giorno più veleni. Purtroppo la UE ne è parte significativa con la sua “politica” che ha ballato tra la NATO e Gazprom ed ora è a un passo dalla collisione finale. Le retoriche militaresche alzano il volume del frastuono, rendendo sordi, oltreché ciechi, all’arrivo dell’iceberg. In Italia il meglio delle tradizioni di sinistra e cattoliche si trova in piazza, mentre politica e massmedia sembrano tornati al 1914.
Ma, se la questione in campo è fermare subito la guerra trattando la pace, la dimensione dei problemi richiederebbe che finalmente ci fosse anche una nuova discussione globale sugli assetti del mondo, per un nuovo ordine democratico. Ciò che non si è fatto nell”89 quando per altro si lasciò solo Gorbaciov a pensarlo.
Purtroppo non c’erano più i Berlinguer, i Palme, i Brandt a fare si che l’Europa si facesse fulcro e motore di questo nuovo ordine mondiale democratico.
Ora ciò è indispensabile. Una nuova Jalta, non per spartire, ma per condividere. Magari ripartendo dall’ONU che a Jalta fu inventata. Sciogliendo le alleanze militari e affidando all’ONU i compiti di democrazia e sicurezza globali. Magari coadiuvata da Parlamenti Continentali. E da strutture per la cooperazione globale, economica, ambientale, democratica.
Utopia? Di fronte alla guerra solo la pace è realismo.
Roberto Musacchio
9/3/2022 https://transform-italia.it
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