Javier Milei, un film già visto. Finale già scritto
Dopo quasi due mesi di governo Milei un paio di cose sono chiarissime: lui è un ganza, un cazzaro, un incidente della storia, l’ennesima dimostrazione che sul suffragio universale bisognerebbe fare una seria riflessione. E la seconda è sul livello dell’informazione in Italia.
Milei, un ganza al governo
Definire Javier Milei come un oppositore dei poteri forti vuol dire non aver capito niente. Nel suo governo c’è mezzo governo Macri. Il Ministro delle finanze è Caputo, pragmatico e soprattutto uno che piace molto al FMI. Il famoso decreto Ommibus, un decreto dove c’era tutto, pure la classifica finale del Campionato argentino, è stato simpaticamente svuotato. Tutta la parte economica è sparita. Perché è sparita?
Perché in Argentina senza il consenso dei Governatori non vai da nessuna parte ed inoltre Milei non ha un suo gruppo parlamentare, i suoi sono poco più di una decina, che è un dettaglio non secondario.
Infatti nel decreto aveva anche messo che il Parlamento avrebbe dovuto dargli potere assoluto su ogni decisione. Anche questo provvedimento evaporato. È andato a Davos e non se l’è filato nessuno, probabilmente nemmeno le escort presenti in zona. Fa del cabaret, gli fanno dire quattro scemenze ma lui non conta niente.
L’Argentina per l’ennesima volta fa da laboratorio per le politiche più reazionarie del FMI. In realtà qualcosa gli hanno fatto fare: ha svalutato il peso, manderà all’aria le piccole medie imprese, sono saliti i prezzi, potere d’acquisto disintegrato.
Gli argentini ricchi i soldi li hanno portati all’estero da tempo, gli altri è già tanto se mettono insieme il pranzo con la cena. Livello di corruzione alle stelle, un sindacato che sembra più una formazione paramilitare che altro, e lui ad attirare l’attenzione con i suoi cani clonati, la relazione molto particolare con la sorella, la sua accidenti di motosega, i deliri sulle Malvinas.
Uno così lo trovi nel primo bar a caso a Buenos Aires, il classico tipo che sa sempre tutto, il tuttologo da osteria, Milei vanta un curricula da economista ma non è condizione sufficiente per non dire fesserie. Farlo passare come una cosa seria, dipingerlo come una novità politica, come il paladino delle masse contro i poteri forti non fa onore a chi lo scrive.
E non corrisponde alla verità. Milei è funzionale alle solite politiche di macelleria sociale, in Argentina un classico. La cosa curiosa è come sia possibile che il popolo, quindi chi lavora e vive di stipendio, o chi lo stipendio non ce l’ha, abbia potuto votarlo. L’affluenza al voto in Argentina è stata molto alta.
È anche vero che in Italia molti percettori di reddito di cittadinanza sono andati a votare per chi voleva abolirlo e non hanno votato chi qualche soldo in tasca glielo aveva messo.
Insomma l’elettorato ragiona spesso in modo curioso. In Italia, da Repubblica al Corriere, articoli che raccontano un Milei che non esiste, una vera novità politica, si pongono persino la domanda se un Milei possa mai nascere in Italia, come se non ne avessimo già abbastanza di macchiette al comando. Fiumi di inchiostro per dare credibilità al nulla cosmico. Perché lo fanno? Sempre il solito motivo.
È vero che ormai i giornali non li legge più nessuno, ma questa narrazione potrebbe spingere qualcuno a credere davvero che un turbo capitalista, qualunque cosa voglia dire, come Milei sia davvero la risposta ad una politica che non fa più gli interessi delle masse, ma solo di oligarchie e potentati economici.
Il Milei di turno diventa uno strumento di distrazione di massa, anestetizza il dissenso e permette ai soliti di fare quello che hanno sempre fatto. La macchina del consenso crea i nuovi mostri e l’elettore distratto si fa incantare. Film già visto. Finale già scritto.
Enrico Zerbo
2/2/2024 https://www.kulturjam.it/
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