Jovanotti abbellisce il lavoro gratuito.
Gli ideologi del potere atuale non sono dei potenti pensatori, ma spacciatori di pillole. Avvelenano lo stesso, ma in piccole dosi, con un aspeto “smart”…
Jovanotti, cantante simpatia, chiacchiere leggere e ottimismo a buon mercato, ha dato ieri un esempio di cosa voglia dire fare ideologia al tempo del renzismo. Ma ha anche involontariamente aperto uno squarcio sui meccanismi che rendono accettabile l’inaccettabile.
Chiamato all’università di Firenze per parlare di identità e di lavoro, di futuro e scuola ha seminato appunto pillole di buonsenso 2015, sintetizzabili in un “datevi da fare”. Nienete di clamoroso fin quando non è stato interrogato sul lavoro gratis, che va tanto di moda oggi nei discorsi di governanti e imprese. Giudicate voi:
“Ultimamente ho partecipato a diversi festival in America con la mia musica e vedevo tantissimi ragazzi che lavoravano. Ad un certo punto ho chiesto: scusate, ma questi chi li paga? Mi hanno risposto: sono volontari, lavorano gratis, ma si portano a casa un’esperienza. Così mi sono ricordato che quando ero ragazzo anche io lavoravo gratis alle sagre e mi divertivo come un pazzo. Imparavo ad essere gentile con le persone, se mi avessero detto non lo fare, vai in colonia, sarebbe stato peggio. Ma per me quel volontariato lì era una festa anche se lavoravo alla sagra della ranocchia…Mi dava qualcosa”.
Nonostante la sua aria svagata di cinquantenne che deve sembrare un ragazzino (è una chiave del suo successo), Jovanotti non è ingenuo. Così poche ore dopo ci ha tenuto a precisare che lui è personalmente contrario al lavoro gratuito. Dire una cosa e il suo contrario poche ore dopo. Vi ricorda qualcun altro?
Ma anche se la ideologia che spaccia è grossolana, ciò non significa che non sia stata elaborata con sottigliezza. Quindi l’evidente contraddizione tra la prima affermazione e la smentita viene smorzata con un semplice salto logico.
“Non ho detto e non penso sia giusto “lavorare gratis”. Ho solo raccontato la mia esperienza e di quanto sia stato divertente per me potermi confrontare da ragazzino con il mondo del lavoro. Facevo il cameriere alle sagre della bistecca e della ranocchia e mi divertivo come un matto. E probabilmente a me quell’esperienza è servita. Non sono per il “lavorare gratis” e come è ben visibile nel filmato ho solo raccontato una mia esperienza positiva”.
Inutile star lì a confrontarsi su questioni di principio (se il lavoro gratuito sia ammissibile o meno è in effetti un problema di giustizia sociale, di politica economica, di strutturazione del mercato del lavoro, di princìpi costituzionali, ecc), che poi “ci si divide” e ci si scazza anche pesantemente. Mettiamola sull'”esperienza personale”… Io l’ho trovato divertente, a suo tempo, e tanto basta a parlarne bene, A renderlo accettabile anche a chi lo sta a sentire.
Inutile anche star lì a questionare sulle condizioni familiari di Jovanotti ragazzo, che magari non aveva un bisogno urgente di avere un lavoro retribuito o bagattelle del genere. Questa ideologia si sottrae per principio a ogni generalizzazione, soprattutto quando si parla di problemi generali. Non ho detto che debba essere bello per tutti, io l’ho trovato divertente…
Disarmante. Non il suo discorsetto, ma l’effetto che persegue. Naturalmente tende a disarmare la critica al lavoro gratuito (o a qualsiasi altro argomento scabrosamente politico, collettivo, universale), mica la realizzazione di un profitto sfruttando il alvoro gratuito.
Anche l’evocazione delle sagre paesane come “modello esperienziale” è un tantinello lurida. Certo, ci sono feste popolari dove dare volontariamente e gratuitamente una mano è normale. Feste popolari, raccolta di fondi per uno scopo particolare, ecc. Iniziative spesso lodevoli, addirittura da portare ad esempio, in alcuni casi.
Ma non è di questo che si parla, quando si parla – oggi, non quando Jovanotti era adolescente – di lavoro gratis. Oggi se ne parla a proposito di Expo 2015, che non è una sagra di paese ma un “evento” in cui alcune decine di imprese realizzano guadagni da paura. E spesso sono autorizzate dal governo a non pagare chi vi lavora. Si parla insomma di una forma di sfruttamento intensivo resa legale da un governo criminale.
Che possa essere “divertente” per chi ha accettato di subirla ci risulta difficile. L’orario della “prestazione effettiva” è rigido, al contrario che nelle sagre paesane (dove quando si è stanchi si lancia lì un “continuate voi, vado a bere qualcosa e poi torno”). I rapporti gerarchici precisi e duri. Il rapporto col cliente (pardon, il “visitatore”) regolato da un disciplinare, non risultante da un rapporto umano festaiolo.
In definitiva: aiutare una vecchietta ad attraversare la strada o a salire le scale è un gesto di umanità totalmente volontario, che qualunque essere umano dovrebbe fare spontaneamente. Accudire una vecchietta oto o dieci ore al giorno è un lavoro che va retribuito (da un istituto di welfare pubblico). Le due cose si somigliano solo in fotografia (dare una mano a un essere umano in difficoltà), ma descrivono due rapporti opposti (un gesto volontario / una prestazione lavorativa con regole e tempi di durata).
Potremmo andare avanti a lungo. Ma sarebbe inutile. L’ideologo renziano Jovanotti negherebbe persino di chiamarsi come si chiama…
Redazione ControPiano
4/6/2015 www.contropiano.org
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