La battaglia di Silvia contro Terna è la battaglia di tutti
Abbiamo intervistato Silvia Ferrante, attivista abruzzese citata in giudizio da Terna Spa, che le chiede un risarcimento di 16 milioni di euro per aver lottato contro la costruzione dell’elettrodotto Villanova-Gissi, parte di un’opera che dovrebbe congiungere il Montenegro con Pescara. Lunedì 1 febbraio si è svolta, presso il tribunale di Lanciano, la prima udienza del processo amministrativo. Tantissimi gli attivisti che hanno manifestato solidarietà nei confronti di Silvia durante il processo.
Silvia, da alcuni mesi sei al centro di una vicenda inquietante quanto paradossale, visto che sei stata citata in giudizio dalla Terna Spa, che ti chiede un risarcimento di 16 milioni di euro per aver rallentato, insieme ad altri attivisti, i lavori di costruzione dell’elettrodotto Villanova-Gissi. Raccontaci com’è maturata questa vicenda.
Per comprendere bene la vicenda devo innanzitutto raccontare un pezzo della mia vita recente, che parte da quando, insieme al mio compagno ed al mio piccolo figlio, ho deciso di ritornare in Abruzzo, nella mia terra d’origine, dopo aver vissuto per tanti anni in altre città. Siamo tornati con un obiettivo preciso, quello di dare vita ad un progetto di agricoltura sociale sostenibile, attratti dall’immagine che avevo della mia terra nel momento in cui sono partita, ossia quella dell’Abruzzo verde. A distanza di pochi mesi dal nostro trasferimento, mentre stavamo muovendo i primi passi per la nostra attività, sono venuta a conoscenza di un progetto di elettrodotto, che avrebbe completamente modificato il paesaggio. Immediatamente ci siamo informati dei rischi che correvamo dal punto di vista della salute, noi ma soprattutto nostro figlio, visto che uno dei piloni dell’opera sarebbe passato a circa 80 metri da casa mia.
Consci delle nocività che l’elettrodotto avrebbe portato in tutto il territorio, sia rispetto al dissesto idrogeologico sia rispetto all’inquinamento elettromagnetico, abbiamo iniziato a relazionarci con altri proprietari ed abitanti della zona, che avevano da poco costituito un comitato contro la presenza della grande opera. Abbiamo iniziato subito ad informare tutta la cittadinanza, sia nel nostro comune che in quelli limitrofi, ed in breve tempo siamo stati in grado di costruire mobilitazioni con grandi numeri e molto incisive.
In tanti si sono iniziati ad interessare alla questione specialmente dopo che il progetto è stato definitivamente approvato ed è nato anche un coordinamento “No elettrodotto”. Tanti proprietari, oltre alla questione legata ai rischi ambientali e di salute, lamentavano anche i bassissimi risarcimenti economici per i terreni espropriati. L’atteggiamento di Terna Spa, proprietaria dell’elettrodotto, è stato fin da subito molto aggressivo, come dimostra l’uso violento della forza pubblica nei confronti degli oppositori dell’opera avvenuto lo scorso 8 luglio a Sant’Onofrio (contrada di Lanciano ndr). In quella giornata tanti attivisti “No Elettrodotto” sono intervenuti a fianco della proprietaria di un terreno nel quale sarebbero dovuti entrare i tecnici di Terna per il passaggio dei cavi dei tralicci già in costruzione.
Dopo alcuni mesi di mobilitazioni arriviamo al novembre dello scorso anno, quando mi arrivano a casa delle buste verdi all’interno delle quali c’erano le 24 citazioni dove Terna Spa mi chiedeva da 630.000 euro a 900.000 euro, per un totale di 16 milioni di euro. All’inizio, come puoi immaginare, sono rimasta sbigottita e sconvolta. Mi è crollato il mondo addosso non solo per l’assurdità della richiesta, ma proprio perché una multinazionale mi chiedeva un risarcimento per aver difeso la salute di mio figlio. Immediatamente però mi è arrivata la vicinanza e la solidarietà da parte di tutte le persone che hanno intrapreso questa lotta insieme a me e non mi sono mai sentita da sola.
Oltre alla parte politica, che ci hai raccontato benissimo, si apre adesso una battaglia giudiziaria durissima contro a Terna SpA, che lunedì 1 febbraio ha avuto il suo primi step presso il Tribunale di Lanciano. Quali sono le tue sensazioni in merito?
Il 1 febbraio c’è stata la prima udienza del processo civile. In realtà, dal punto di vista giudiziario, l’udienza non è stata molto significativa perché gli avvocati di Terna hanno chiesto, ed ottenuto, il rinvio al 16 maggio. E’ palese che la strategia processuale di Terna è quella di posticipare la discussione in aula il più possibile, almeno fino a quando non si saranno risolti i contenziosi con gli altri proprietari. Lascia ben sperare il fatto che la giudice che presiedeva l’udienza ha espresso la volontà di non rimandare ulteriormente il dibattimento.
C’è anche un’altra cosa, a mio avviso forse più significativa, che mi lascia la giornata del 1 febbraio. Fuori dal tribunale c’era tanta gente accorsa per portarmi solidarietà e vicinanza. Credo che, in processi come questo, dove chiaramente emerge il carattere politico dei contenziosi, il fatto che a rispondere sia un’intera comunità è la cosa più importante. Solo in questo modo possiamo fermare chi cerca di reprimere il dissenso contro le grandi opere inutili attraverso attacchi politici individuali, mascherati da procedure penali ed amministrative.
Questa cosa mi spinge ad andare avanti, sia nella mia battaglia in aula contro Terna, sia soprattutto nella battaglia comune contro l’Elettrodotto e tutte le grandi opere.
4/2/2016 da GlobalProject
(immagine di copertina tratta dal profilo facebook Io sto con Silvia)
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