La Bolivia abolisce le sementi transgeniche introdotte dai golpisti
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Una notizia è passata in sordina, ma molto molto importante. A fine aprile il Presidente socialista Luis Arce ha annunciato l’abrogazione del decreto approvato durante il governo golpista filostatunitense della autoproclamata Áñez (2019-2020), che sarebbe stato applicato alle colture di mais, frumento, soia, canna da zucchero e cotone, considerate la matrice alimentare principale della Bolivia. A darne notizia è l’agenzia stampa cubana Prensa Latina.
“Abbiamo eliminato gli abusi del precedente governo golpista, che aveva introdotto con un decreto e senza vergognarsi, l’intera catena dei transgenici nel nostro Paese, nel grano, nel mais, in tutto”, ha dichiarato Arce.
La decisione ha generato polemiche con i grandi mezzi di informazione da sempre dichiaratamente anti-governativi e filo-opposizione, dando voce ai grandi produttori di Santa Cruz, la regione più ricca del Paese e da sempre feudo delle destre, che hanno affermato che altre nazioni come Argentina, Brasile e Paraguay utilizzano semi geneticamente modificati da più di un decennio.
Al contrario, gli agricoltori indigeni, insieme a varie istituzioni, hanno rifiutato l’uso dei semi transgenici prodotti dalle multinazionali ed hanno ricordato che, nel caso del mais, la nazione andino-amazzonica conta più di 77 varietà naturali, fonte di cibo per i suoi oltre 11 milioni di abitanti e l’introduzione delle sementi transgeniche e il loro utilizzo su larga scala li metterebbe a rischio di contaminazione oltre a gettare sul lastrico i piccoli coltivatori di prodotti naturali secolari.
L’anno scorso persino la Rete Ecclesiale Panamazzonica (Repam) aveva criticato l’approvazione, da parte del Governo golpista, delle coltivazioni transgeniche in un comunicato in cui si leggeva: “Abbiamo visto con preoccupazione l’approvazione di norme che consentono l’uso di semi transgenici di soia, grano, mais e cotone”. Una scelta che potrà avere “conseguenze irreversibili, non solo per danni ambientali o sfruttamento irrazionale della terra o conseguenze nella salute umana. La presente normativa ha lo scopo di aprire un’attività di esportazione a vantaggio di un settore privilegiato che continuerà sistematicamente a promuovere la deforestazione e la perdita di foreste native, la contaminazione dell’acqua e la perdita di capacità di produzione del suolo”. La nota proseguiva dicendo: “La visione a breve termine dell’attuale Governo di transizione è preoccupante nel momento in cui, con queste misure, i piccoli produttori vengono trascurati e totalmente violati insieme alla loro economia agricola familiare, che è la base della nostra sicurezza alimentare e sovranità, ed è discutibile che le autorità nazionali promuovano e incoraggino l’uso dei transgenici con la conseguenza dell’espansione della frontiera agricola. Questa visione estrattiva e industriale prima o poi porterà via il territorio degli indigeni e dei contadini, costringendoli a migrare verso le città”.
Secondo gli esperti infatti per aumentare la produzione agricola attraverso la coltivazione intensiva transgenica, sarebbe necessario abbattere moltissimi alberi. Non a caso secondo il Centro di Documentazione e Informazione, il tasso di deforestazione è di 300.000 ettari all’anno.
Il difensore civico, Nadia Cruz, ha messo in guardia sull’equilibrio necessario tra la Madre Terra e gli esseri umani e, al di là di un dibattito esclusivamente scientifico, “deve esserci un dibattito sulla visione del mondo dei popoli e sullo stile di vita della popolazione che abbiamo in Bolivia”.
La Cruz ha aggiunto che, nonostante la necessità di adeguarsi alla modernità, in Bolivia ancora sopravvivono questi valori e il tentativo di mantenere un equilibrio con Pachamama, frutto di antiche saggezze ancestrali.
L’anno scorso nei Paesi in via di sviluppo, sono aumentate in modo spropositato le pressioni economiche delle multinazionali e dei grandi impresari, tanto da riuscire, come in Bolivia con il governo golpista, a piegare leggi ed normative ai propri interessi, a scapito del benessere e dello sviluppo collettivo.
La Costituzione dello Stato Plurinazionale di Bolivia vieta la produzione e la commercializzazione di organismi geneticamente modificati e di elementi che danneggiano la salute e l’ambiente, stabilendo che è obbligo dello Stato “garantire la sicurezza alimentare attraverso un’alimentazione sana, adeguata e sufficiente per l’intera popolazione”. Quindi formalmente, anche grazie a sei leggi, un protocollo internazionale, 2 decreti ed una risoluzione amministrativa, l’utilizzo delle sementi OGM in Bolivia è vietato. Purtroppo già il governo di Evo Morales, con la promulgazione della “Legge di Rivoluzione Produttiva, Comunitaria Agropastorale” il 26 giugno 2011, con Decreto Supremo 3874, iniziava un processo per autorizzare l’ingresso della soia transgenica in Bolivia, trovando l’indignazione e il dissenso di molte organizzazioni contadine ed indigene sostenitrici del suo governo.
Però, ciò che è successo con l’approvazione del Decreto Supremo 4232 del governo golpista è che l’utilizzo delle sementi transgeniche si è esteso anche per la produzione di mais, cotone, canna da zucchero, frumento e altre varietà di soia, vedendo nascere una forte opposizione dalle organizzazioni di base.
Parlando al canale di stato Bolivia TV, l’analista ambientale Andrés Frías ha assicurato che i semi transgenici costituiscono “una minaccia per la storia dei vari prodotti del Paese perché inquinano l’ambiente anche attraverso l’uso intensivo di altri pesticidi”, sottolineando che l’abrogazione del decreto supremo 4232 è una decisione che “protegge il patrimonio genetico agricolo naturale boliviano”.
In America Latina, Perù, Ecuador e il Venezuela Bolivariano sono gli unici Paesi che hanno chiuso le porte all’utilizzo ed importazione di sementi transgeniche.
Come ha scritto l’anno scorso Margherita Tezza, cooperante italiana in Bolivia, sui semi transgenici:
“I semi sono organismi che detengono il potere della vita. Sono gli organi più complessi che le piante producono e sono in grado di produrre ed offrirci alimenti. Fin dalle epoche più remote nelle più antiche civiltà, i semi erano consideravano sacri e venivano celebrati con feste e rituali alla Pachamama con il fine di propiziare raccolti ricchi ed abbondanti.
Attualmente esistono 300.000 specie di piante commestibili sul nostro pianeta, delle quali solo sette coprono il 75% della nostra dieta. Si stima inoltre che il 75% della biodiversità coltivata sia andata perduta negli ultimi 100 anni. Ciò significa che ogni giorno perdiamo circa 5 varietà. Questi sono gli effetti del nostro sistema alimentare moderno: poche e grandi imprese che controllano quello che mangiamo e di conseguenza quello che produciamo, arrivando perfino ad avere il controllo sulle sementi, le vere responsabili di questo meraviglioso ciclo.
La grande minaccia è la logica di mercato che ha permeato la nostra tavola: la diffusione di sementi ibride o transgeniche promuove una produzione di grande scala, omogenea e pronta per il mercato, promuovendo solo un numero molto ridotto di varietà, minacciando perciò l’incredibile biodiversità che il nostro pianeta possiede. I semi geneticamente modificati, inoltre, non hanno la capacità di riprodursi, caratteristica che rende gli agricoltori dipendenti non solo delle sementi, ma dell’intero pacchetto di insetticidi e fitofarmaci.” – e ancora – “Salvare i semi autoctoni significa salvare l’agro-biodiversità, la cultura e l’identità di un popolo o di una comunità, garantendo la loro sovranità e rafforzando l’economia locale, la produzione agro-ecologica e l’alimentazione sana. I semi creano legami tra le comunità e ci chiamano a tornare alle pratiche ancestrali di aiuto reciproco, rispetto per la Madre Terra e conservazione delle nostre tradizioni ed identità. Infine ci invitano a tornare a considerare un alimento, una pianta ed un seme come un essere vivo, e non come un oggetto di mercanzia.”
Per approfondire:
https://www.unimondo.org/Notizie/Bolivia-Morales-apre-gli-Ogm-allarme-delle-associazioni-contadine-e-indigene-131006
https://www.agensir.it/quotidiano/2020/5/14/bolivia-repam-con-via-libera-del-governo-ai-semi-transgenici-conseguenze-irreversibili-su-salute-e-deforestazione/
http://www.cevi.coop/la-necessita-di-salvare-le-sementi-tradizionali-in-bolivia/
Lorenzo Poli
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
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