La campagna diffamatoria del discorso degli Oscar dimostra che mentire a favore di Israele è una buona mossa per la carriera
di Jonathan Cook,
Jonathan Cook substack, 12 marzo 2024.
Il discorso di ringraziamento del regista Jonathan Glazer è diventato virale. Ma i leader della comunità ebraica sanno che non ci saranno danni professionali per aver travisato le sue parole.
Il regista Jonathan Glazer ha sollevato un vespaio con il suo discorso di accettazione questa settimana, quando ha vinto l’Oscar per La zona d’interesse, un film sulla famiglia del comandante nazista di Auschwitz che viveva pacificamente all’interno di un giardino recintato, isolato dagli orrori che si trovavano dall’altra parte.
Glazer dice che lo scopo del film non è semplicemente quello di dare una lezione di storia. Non si tratta di “dire: ‘Guardate cosa ci hanno fatto allora’. Piuttosto, ‘Guardate cosa facciamo noi adesso’”.
Non potrebbe esserci sintesi più tagliente della differenza tra l’impulso morale universale che si trova in ebrei come Glazer e l’impulso sionista particolarista che si trova nelle persone che affermano rumorosamente di parlare a nome della comunità ebraica – e a cui le istituzioni occidentali danno prontamente un megafono per farsi sentire.
Il primo gruppo dice: “Mai più”. Il secondo gruppo grida: “Mai più, a meno che non serva agli interessi di Israele”.
Dato il desiderio pluridecennale di Israele di espropriare i palestinesi della loro intera terra, quel secondo “mai più” è praticamente inutile. I palestinesi hanno sempre rischiato di essere cancellati – non solo territorialmente, come è accaduto nel 1948 e nel 1967, ma anche esistenzialmente, come sta accadendo ora – da uno stato che si dichiara ingannevolmente ebraico.
Etica universale messa in secondo piano
La supposizione di molti era che l’Occidente non avrebbe mai tollerato che un altro genocidio fosse fatto in suo nome.
Come era mal riposta quella certezza! L’Occidente sta armando e finanziando il genocidio a Gaza e gli fornisce copertura diplomatica alle Nazioni Unite. Il suo impegno nell’aiutare Israele a compiere massacri di massa è tale che molti stati occidentali hanno congelato i finanziamenti all’agenzia di aiuti delle Nazioni Unite UNRWA, che ha il compito specifico di mantenere in vita e nutrire i palestinesi di Gaza.
Gli osservatori hanno sottostimato quanto le cose siano cambiate. Nel corso di molti decenni, un’etica universale che si rifaceva alle lezioni dell’Olocausto – e che si è consolidata nel diritto internazionale – è stata intenzionalmente minata, messa in disparte e sostituita da un’”etica” sionista e particolarista.
Questo riaggiustamento è avvenuto con la connivenza attiva delle potenze occidentali, che non avevano alcun interesse ad applicare le lezioni universali della storia recente. Per il loro interesse, hanno preferito l’agenda particolarista del sionismo. Si sposava facilmente con l’insistenza dell’Occidente affinché i suoi privilegi continuassero: il diritto di fare guerre e di rubare le risorse altrui, la possibilità di calpestare le popolazioni indigene e il potere di distruggere il pianeta e altre specie.
Ideologia per tempi bui
In realtà, il sionismo non è mai stato incentrato su Israele. Si tratta di un’ideologia molto più ampia, radicata nella tradizione occidentale e fatta su misura per i tempi bui in cui stiamo entrando, in cui il collasso dei sistemi – delle economie, della stabilità climatica, dell’autorità – pone nuove sfide ai poteri occidentali.
Il sionismo nasce secoli fa come dottrina cristiana e fiorisce in epoca vittoriana tra i politici britannici. Vede gli ebrei soprattutto come veicolo per promuovere una brutale redenzione finale in cui essi devono essere le principali vittime sacrificali.
Anche se oggi in modo meno evidente, il sionismo cristiano plasma ancora il clima in cui operano i politici di oggi, come testimonia il gran numero di “Amici di Israele” in entrambi i principali partiti americani. Il sionismo cristiano è anche l’opinione autoproclamata di decine di milioni di evangelici di destra negli Stati Uniti e altrove.
Sia nelle sue incarnazioni cristiane che in quelle ebraiche, il sionismo è sempre stato una dottrina del “potere che è giusto”, della “legge della giungla”, che si rifà alle idee veterotestamentarie di prescelta, di scopo divino e di razionalizzazione della violenza e della ferocia. Si sposa fin troppo bene con lo sterminio dei palestinesi a Gaza.
Non c’è disonore né vergogna
I leader e gli influencer ebrei in Occidente che sostengono un maggiore, e non minore, genocidio a Gaza non devono affrontare né disonore né vergogna. Non vengono disprezzati per aver applaudito politiche che finora hanno comportato il massacro, la mutilazione e l’orfanizzazione di almeno 100.000 bambini palestinesi. Perché? Perché stanno articolando una versione incentrata su Israele di un’ideologia che si adatta perfettamente alla visione del mondo delle istituzioni occidentali.
Per questo motivo, gli influencer ebrei non hanno perso tempo a diffamare Glazer come un ebreo che odia se stesso, travisando il suo discorso – letteralmente modificando le parti che non si adattavano alla loro agenda particolarista e anti-universale.
Riferendosi alle vittime del 7 ottobre e a quelle dell’attacco di Israele a Gaza, Glazer ha detto al pubblico degli Oscar: “In questo momento siamo qui come uomini che rifiutano che la loro ebraicità e l’Olocausto siano sequestrati e sfigurati da un’occupazione che ha portato a una guerra così tante persone innocenti”.
Così dicendo, si opponeva espressamente al fatto che il suo essere ebreo venisse strumentalizzato a sostegno di un genocidio. Si è distinto da molti leader e influencer della comunità ebraica che hanno strumentalizzato il loro essere ebrei per giustificare la violenza di Israele contro i civili. Ci stava ricordando che la lezione dell’Olocausto è che le ideologie non devono mai prevalere sulla nostra umanità, non devono mai essere usate per razionalizzare il male.
Tutto ciò rappresenta un’enorme minaccia per coloro che, all’interno della comunità ebraica, per anni hanno utilizzato la loro ebraicità per fini politici, al servizio di Israele e del suo progetto pluridecennale di allontanare il popolo palestinese dalla sua patria storica.
Il vero marcio morale
In un momento di pura proiezione mentale, ad esempio, il rabbino Shmuley Boteach, definito dai media “il rabbino più famoso d’America”, ha criticato Glazer per aver, a suo dire, “sfruttato l’Olocausto” e per aver banalizzato “la memoria dei 6 milioni di vittime grazie alle quali lui ha trovato gloria a Hollywood”.
A quanto pare, Boteach non riesce a capire che è lui, e non Glazer, a sfruttare l’Olocausto – nel suo caso, per decenni, per proteggere Israele da qualsiasi critica, anche ora che commette un genocidio.
Nel frattempo, Batya Ungar-Sargon, opinionista di Newsweek, ha infranto tutte le norme giornalistiche per travisare completamente il discorso di Glazer, accusandolo di “marciume morale” per aver, a suo dire, sconfessato la sua ebraicità. Piuttosto, come Glazer ha chiarito fin troppo bene, egli stava rifiutando il modo in cui la sua ebraicità e l’Olocausto venivano dirottati da apologeti del genocidio come Ungar-Sargon per promuovere un’agenda ideologica violenta.
La redattrice di Newsweek sa che il discorso di Glazer è stato il momento più ascoltato e discusso degli Oscar. Sono pochi coloro che hanno letto il commento di Ungar-Sargon su Twitter che non abbiano sentito di persona ciò che Glazer ha detto nel suo discorso, piuttosto che la disinformazione che lei ha diffuso al riguardo.
Mentire sui commenti di Glazer avrebbe dovuto essere un atto di autolesionismo professionale. Avrebbe dovuto essere una macchia sulla sua credibilità giornalistica. Eppure Ungar-Sargon ha lasciato orgogliosamente intatto il suo tweet, anche quando ha ricevuto l’umiliante nota a piè di pagina di X “aggiunta dai lettori”, che ha svelato il suo inganno.
Lo ha fatto perché quel tweet è il suo biglietto da visita: la presenta non come una giornalista talentuosa o attenta, ma come qualcosa di molto più utile: una che farà tutto ciò che è necessario per fare carriera. Come il rabbino Shmuley, stava proiettando su altri la sua figura – nel suo caso, con l’accusa di “marciume morale”. Come coloro che hanno mentito sulle armi di distruzione di massa in Iraq, non ci sarà alcun prezzo da pagare per queste mancanze fin troppo visibili, o per aver promosso una catastrofe per un popolo la cui vita e il cui destino non hanno alcuna importanza per l’Occidente.
Shmuley e Ungar-Sargon sono determinati a rafforzare il giardino recintato, proteggendoci dalle sofferenze e dai terrori inflitti dall’Occidente appena fuori dalla nostra vista.
Questi cortigiani e ciarlatani devono essere svergognati ed evitati. Dobbiamo invece ascoltare chi, come Glazer, cerca di abbattere il muro per mostrarci la realtà esterna.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
12/3/2024 https://www.assopacepalestina.org/
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!