La deriva dei Pronto Soccorso in Piemonte
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Una giovane dottoressa che lavora in un grande ospedale torinese, pochi giorni fa mi ha raccontato che un paziente, dopo aver vissuto le attese, il sovraffollamento, la promiscuità del Pronto Soccorso le ha chiesto incredulo: “ ma tutto ciò è legale?”
Abbiamo sorriso entrambe, amaramente . Il paziente ci voleva dire che è con noi, dalla nostra parte, ma che qualcuno dovrebbe essere responsabile del disastro di quel luogo.
Forse è proprio questo il punto: siamo dalla stessa parte della barricata. La soluzione che permetterà ai pazienti di avere una sistemazione dignitosa e delle cure tempestive sarà la stessa che consentirà ai medici di lavorare con soddisfazione. E di far tornare il lavoro in Pronto Soccorso, il lavoro più bello del mondo.
Io sono un medico di Pronto Soccorso: ho iniziato centinaia di turni con la testa piena di pensieri, e il lavoro li ha dissolti, in un attimo. Il Pronto ti avvolge e ti travolge, tu non sei più null’altro che un medico d’urgenza, con i suoi pazienti.
Negli ultimi anni però, sempre meno colleghi scelgono questo mestiere. Quasi una borsa di specializzazione in Medicina d’emergenza-urgenza su dieci è rimasta senza titolare. E’ recente la notizia che il concorso bandito dalla ASLTO4 ma valido per altre quattro aziende, per assumere 10 urgentisti, è andato deserto.
E chi invece questo mestiere l’ha scelto, pensa a come andar via. In Piemonte nel 2019 il 3.5% dei medici ospedalieri ha dato le dimissioni . La medicina d’urgenza è tra le specialità da cui si fugge di più.
I turni disagevoli sono troppi, le notti pesano, soprattutto oltre una certa età (e l’ età media dei medici ospedalieri è di 54 anni).
Il rischio di denunce aumenta (il 13% del totale delle denunce è verso il personale dei P.S.) , il rischio di aggressioni anche.
Il sovraffollamento del Pronto Soccorso è costante, e parte dei 25.000 pazienti Piemontesi che aspettano un posto letto in lungodegenza o l’assistenza domiciliare, affolla le sale d’attesa.
Sul totale dei pazienti che si rivolgono al PS, si stima che il 20% abbia un problema assistenziale/ sociale prevalente. I meccanismi di protezione sociale in Italia sono più deboli, in media, rispetto a quelli in atto negli altri paesi dell’Unione, ed il Pronto Soccorse ne gestisce le conseguenze.
In Piemonte la gestione di molti Pronto Soccorso è esternalizzata a cooperative di somministrazione lavoro : medici con discutibili qualifiche, spesso proveniente da altre regioni, coprono una serie di turni , passando da un’asl all’ altra. Come se un medico non avesse necessità di lavorare in equipe, di crescere professionalmente, di migliorare la propria carriera. Ma solo di fare una prestazione. Come se il sistema per funzionare bene avesse bisogni solo di erogazioni.
Clienti ed erogatori, costo e ricavo. Questi sono i termini che prima subdolamente e poi in modo più prepotente, stanno sostituendo quelli di “ diritto alla cura “ .
E se noi cerchiamo di fuggire, i pazienti non possono .
Il pronto Soccorso , nonostante tutto , dà le risposte ai bisogni di salute.
A tutti, tutti giorni e tutte le notti. E’ un servizio gratuito, senza filtri selettivi di accesso e con una discreta diffusione capillare su tutto il territorio nazionale: garantisce dunque universalità, uguaglianza, equità. Ma è al collasso.
E’ necessario creare le case di comunità , come il PNRR prevede e finanzia.
Nelle case di comunità deve essere garantita per 12 ore la presenza dei medici di famiglia, di infermieri, di assistenti sociali e medici specialisti . Serviranno non solo per fare da filtro all’ ospedale, ma per prevenire le patologie acute, evitare la riacutizzazione delle croniche e cercare di agire sui determinanti sociali, che poi sono alla base delle diseguaglianze di salute .
E’ necessario ragionare come se il Pronto Soccorso non fosse un problema nell’ospedale ma come se i problemi del Pronto Soccorso fossero i problemi dell’ospedale . Perchè, alla fine , è così. I pazienti che aspettano un posto letto rischiano ritardi nell’iter diagnostico e nelle cure . Rischiano di cadere dalla barella, rischiano, se anziani, lo scompenso psichico.
La carenza dei medici di DEA obbliga, in molti ospedali, i colleghi dei reparti specialistici a coprire i turni, con crescente insoddisfazione, con aumento del rischio clinico, perché non fanno il lavoro per cui sono formati, ed ulteriore allungamento delle liste d’attesa nei reparti specialistici.
Dunque bisogna aumentare i posti letto, nei reparti ma soprattutto sul territorio, per consentire dimissioni precoci dei pazienti non autosufficienti, a domicilio o in struttura.
Va infine ridotto il disagio e valorizzata la professionalità di chi lavora nei dipartimenti d’ emergenza ed accettazione.
In Piemonte c’è un solo pronto Soccorso privato. Tutti gli altri sono pubblici. E stanno affondando. E’ necessario difenderli perché sono il simbolo del sistema. Il loro collasso è il preludio della strisciante privatizzazione del sistema sanitario pubblico. Che di questo passo sarà povero per i poveri e ricco per i ricchi.
Mentre al contrario, sarebbe giusto che proprio nei posti più poveri venisse costruito un ospedale efficiente ma anche bellissimo, progettato dal miglior architetto del mondo. Come avrebbe voluto fare Gino Strada.
Dott.ssa Chiara Rivetti
Segretaria Regionale Anaao Assomed Piemonte
9/10/2021
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