La disinformazione sanitaria in rete
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La prestigiosa rivista The Lancet ha affrontato recentemente un problema dirimente per la salute pubblica, quello, ormai senza freni di sorta, della disinformazione sanitaria sul web, ma sarebbe stato utile anche disegnare, per sommi capi, il retroterra che ha permesso questo diluvio disinformativo. Parliamo delle politiche governative liberiste, in combutta con le multinazionali, che hanno destrutturato non solo i Servizi Sanitari Nazionali, per consentire alle strutture private di appropriarsi dei bisogni di salute delle popolazioni, ma anche l’OMS marginalizzandola fino a farla diventare una agenzia stampa globale.
Quindi, come afferma The Lancet per “Comprendere e modificare le narrazioni che influenzano negativamente le decisioni sulla salute come determinanti motivi della salute è essenziale. Invece di semplificare semplicemente fatti complessi, i governi e i comunicatori scientifici devono impegnarsi per garantire che i messaggi sulla salute pubblica siano pertinenti per l’individuo, non solo per fornire informazioni accurate, ma anche per promuovere un ambiente di fiducia e comprensione e per riconoscere aree di incertezza e incognite. Anche la comunità medica ha un ruolo chiave, attraverso commenti, ricerche e advocacy“. Ci sarebbe bisogno, urgentemente, della ricostruzione di una nuova prospettiva di Servizi pubblici sulle fondamenta che ancora resistono, per merito delle professioni sanitarie che non scappano, per sfiducia o per opportunismo stipendiale, nel privato.
Se si disegna il quadro generale del pensiero economico in ambito sanitario ci si rende conto di tutto il disegno che negli ultimi decenni ha devastato il sistema pubblico, allora avrà un impatto riflessivo la denuncia sulla disinformazione sanitaria, altrimenti non avrà neanche un’attenzione riflessiva in chi la legge, e siccome i comunicati e le analisi di The Lancet hanno una giusta attenzione globale ci permettiamo di considerare una colpa l’assenza di una premessa di retroterra, senza la quale diventa solo una semplice nota che annega nel blob comunicativo, soprassedendo a tutto quello che si è sprecato, inutilizzato, ripetuto, buttato al vento, malversato delle risorse, aspetti che, bene o male, tutti considerano come cause.
L’uso spudorato dei social da parte di soggetti e organismi interessati alla disinformazione sono come ben afferma The Lancet: “La disinformazione sanitaria (dati falsi o fuorvianti condivisi involontariamente) e la disinformazione (informazioni deliberatamente ingannevoli) non sono una novità, ma la pandemia di Covid-19 ha segnato una svolta. Il senso di ansia e urgenza, unito all’aumento dell’uso dei social media e alle interpretazioni politicamente cariche della pandemia, ha favorito la diffusione di una serie di affermazioni fuorvianti sul virus e sulle contromisure mediche. La disinformazione sanitaria è stata trasformata in un’arma di propaganda, sfruttando la paura, minando la fiducia del pubblico e ostacolando l’azione collettiva nei momenti critici“.
Produce maggiore convinzione nelle popolazioni che non c’è più speranza di curarsi se non si è socialmente abbienti perché i contenuti fuorvianti dei social media pervadono le informazioni sulla prevenzione. La disinformazione è diventata uno strumento deliberato per attaccare e screditare scienziati e professionisti pubblici della salute per ottenere vantaggi politici. Gli effetti sono distruttivi e dannosi per la salute pubblica..
Diventa delega a rappresentarci tramite pensieri indotti dalla comunicazione imperante, trova la sua più crudele rappresentazione nel mondo del lavoro di cura e assistenza quando le professioni coinvolte eludono la propria missione sociale contribuendo di fatto ai processi di privatizzazione in atto, ma addebitano al “sistema” la rinuncia di milioni di persone a curarsi adeguatamente. Come di fatto si certifica che la soluzione del problema stia nell’affidarsi al sistema assicurativo e ai fondi sanitari integrativi.
Per affrontare questo diluvio universale della disinformazione ci vogliono volontà alternative nella politica e nelle tante risorse scientifiche che resistano a questo diabolico sistema disinformativo, ma come acutamente afferma The Lancet: “….implica anche affrontare la manipolazione intenzionale e il modo in cui gli algoritmi indirizzano l’attenzione delle persone, lasciando che gli individui si dedichino da soli a un complesso mix di scienza e finzione. I contenuti generati dall’intelligenza artificiale (IA) presentano sfide crescenti, ma l’IA può anche aiutare a segnalare i contenuti senza basi scientifiche, sebbene non possa sostituire l’insegnamento alle persone su come verificare i fatti e identificare fonti credibili. Combattere la disinformazione richiede un approccio sistematico simile a quello di frenare la diffusione di agenti infettivi: trovare e contenere la fonte; identificare proattivamente i più vulnerabili ai suoi effetti e immunizzare la popolazione contro false affermazioni fornendo chiare risorse educative. Non può essere lasciato a sforzi individuali volontari“.
In merito alla IA credo, dopo letture di contributi in altri spazi, che ci sia troppo entusiasmo anche tra i medici, forse inconsapevoli che questo ridefinirà il loro modo di diagnosi e trattamento delle malattie, e la stessa assistenza sanitaria. Fossi in loro mi porrei questa domanda: chi controllerà l’uso improprio dell’intelligenza artificiale, anche considerando interessi commerciali e politici sul lavoro di cura? Archiviano preventivamente la minaccia per la salute e per la loro professione?
Sugli obiettivi collettivi e reali c’è molto da dibattere senza nessuna concessione alla smemorizzazione delle responsabilità politiche, altrimenti che ben che vada si va a ripristinare uno stato di ripresa dei servizi pubblici superficiale che non toccherebbe minimamente, ad esempio, il rapporto con le potenti lobby private, un rapporto corruttivo che ha contribuito potentemente al depauperamento della sanità pubblica.
Le conclusioni di The Lancet “La disinformazione e la cattiva informazione non possono più essere viste semplicemente come un fastidio accademico, ma piuttosto come una minaccia sociale. Solo se riconosciamo questa minaccia e agiamo proporzionalmente possiamo rispondere al pericolo e combattere l’ondata di cattiva informazione e disinformazione che ha il potenziale di minare seriamente la salute pubblica“. Una minaccia sociale ovviamente, però la prestigiosa rivista la cita come minaccia futura, mentre è già all’opera da alcuni decenni con risultati devastanti per la salute pubblica; risultati che parlano di centinaia di migliaia di morti, di disabilità e sofferenze senza speranza in atto..
La privatizzazione della sanità è ormai selvaggia, è solo medicalizzante e non preventiva, è solo rivolta a produzione e consumo di prestazioni e non socialmente utile, solo terapeutica e non curativa, sempre più personale e meno collettiva, programmata sulla base dei costi e non sulle necessità epidemiologiche, solo orientata a un profitto facile e comodo e senza rischiosi e impegnativi vincoli e obblighi sociali, si rivelerà un meccanismo perfetto per generare malattie e profitti. La stessa Intelligenza Artificiale rappresenterà, a nostro pessimistico parere, un veicolo di ampliamento delle diseguaglianze di salute, a prescindere da qualche miglioria tecnologica, che però contribuirà, se non verrà governata dalla comunità scientifica pubblica, sempre più alla disumanizzazione del lavoro di cura e, di conseguenza, a un ulteriore ridimensionamento dell’apporto umano delle professioni sanitarie, con gravi disfunzioni relazionali tra sistema di cura e i malati ai quali verranno sottratti l’umanità, competenze e le capacità umane di quei medici e infermieri ai quali oggi si addebitano le cause senza quasi mai individuare i mandanti che hanno costretto (e continuano a costringere autarchicamente) con la ultraventennale disorganizzazione programmata dalle aziende sanitarie delegate alla gestione e con i fenomeni strutturali della corruzione, diretta e indotta diffusamente anche nel quotidiano lavorativo, a mal lavorare con la vita dei malati.
Franco Cilenti
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