La “grande guerra” di Renzi all’evasione fiscale? (dal settembre 2016 cancellata la “Black list”)!

 

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Che i Black bloc – quelli che, sostanzialmente indisturbati, operarono al famigerato G8 del 2001 a Genova, come quelli (sempre) presenti in tutte le grandi manifestazioni di piazza del nostro Paese – potessero avere una natura “istituzionalizzata” da collocare, quindi, in un’opaca zona di confine, tra il lecito e l’illecito, piuttosto che esclusivamente tra i manifestanti più facinorosi, è una tesi non peregrina alquanto diffusa e un’ipotesi sostenuta da molti.

D’altra parte, l’imponente documentazione fotografica relativa alle tristi giornate di quel lontano luglio genovese, sembra offrire un validissimo supporto alle tesi di coloro i quali hanno sempre sostenuto che vari e numerosi fossero gli esponenti delle forze dell’ordine ben “introdotti” e a loro perfetto “agio” tra le fila dei manifestanti; tra i più inoffensivi e pacifici, come tra quelli “in nero”.

Nessun dubbio, invece, circa la c.d. “Black list”.

Un termine facente ormai parte delle più comuni conversazioni e, inequivocabilmente, teso a indicare, in termini di elusioni ed evasioni fiscali, l’equivalente degli “Stati canaglia” per il loro sostegno – diretto e indiretto – al terrorismo mondiale.

Che cosa sono – o, meglio – chi erano i paesi della Black list?

Erano quei (numerosi) Paesi verso i quali era richiesto da parte del fisco italiano un maggiore controllo al fine di evitare il fenomeno dell’elusione fiscale.

Per le operazioni relative alla cessione di beni e prestazioni di servizi, nei confronti di operatori economici stranieri appartenenti alla suddetta “lista nera”, le aziende italiane avevano l’obbligo di effettuare al fisco una specifica comunicazione.

In sostanza, era possibile fare “affari” con i suddetti operatori economici solo a patto di comunicarne i costi, all’Agenzia delle Entrate, in una sezione separata della dichiarazione dei redditi.

L’omessa o ritardata segnalazione, da parte dei soggetti obbligati, comportava sanzioni economiche rilevanti.

Tra l’altro, è opportuno evidenziare che, fino al 2014 – prima che s’insediasse l’attuale governo Renzi – le spese sostenute dalle aziende italiane, con operatori di Paesi della lista nera, erano, di norma, indeducibili.

La notizia è che l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 39/E del 26 settembre scorso, in attuazione della legge di stabilità 2016, ha abolito, a partire dal periodo d’imposta 2016, l’obbligo d’indicazione separata – nella dichiarazione dei redditi – delle transazioni con Paesi della Black list.

E non solo.

E’ stato altresì previsto che, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, le spese sostenute dalle aziende italiane con operatori dei Paesi appartenenti alla “vecchia” Black-list, sono resi deducibili!

Evidentemente, il governo del “Rottamatore”, quello destinatoci dalla Provvidenza o, piuttosto, somministratoci dai grandi gruppi di speculatori che sovrintendono alle esigenze e agli interessi (loro) del nostro Paese, ha cambiato idea.

Ne consegue che gli stessi soggetti:

  1. a) demoliscono l’art. 8 dello Statuto e rendono i lavoratori succubi dei nuovi “Donatori di lavoro”, piuttosto che datori,
  2. b) tagliano le pensioni,
  3. c) negano, in sostanza, il lavoro ai giovani

e, contemporaneamente, fanno un altro regalino a quei “furbetti” cui, fino al settembre 2016, era stato impedito – o, almeno, reso più oneroso e complicato – rendersi “complici” di elusioni ed evasioni fiscali.

Renato Fioretti

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

www.lavoroesalute.org

7/10/2016

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