La guerra di Uber, la rivolta dei driver, la riappropriazione di scienza, conoscenza e tecnologia

Nel febbraio 2021 in Gran Bretagna la Corte Suprema sancisce il fatto che gli ‘autisti’ che esercitano la propria attività coordinati dalla piattaforma di Uber non sono ‘’lavoratori indipendenti’, ma lavoratori dipendenti1. Nel maggio dello stesso anno il governo spagnolo promulga una legge2 – ministro del lavoro Yolanda Diaz che impone alle compagnie delle consegne a domicilio di trattare i lavoratori coordinati dalle piattaforme come dipendenti,  facendo seguito ad una lunga trattiva tra il governo e le compagnie, dopo una sentenza della Corte Suprema che determinava la condizione di un corriere che lavorava per la compagnia Glovo come lavoratore dipendente. Nella trattativa era compreso il diritto delle organizzazioni sindacali di essere informate sul modo di operare degli algoritmi delle piattaforme.

Il 9 dicembre dello stesso anno la Commissione Europea propone al Parlamento ed al Consiglio europeo una direttiva  “relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali3. Secondo la commissione Europea le entrate derivanti dall’economia delle piattaforme nel 2020 nell’UE sono state stimate in almeno 20 miliardi di Euro. Nella sola UE vi sono più di 500 piattaforme di lavoro digitali che raggruppano più di 28 milioni di lavoratori 4. A maggio del 2018 viene formata “Carta dei diritti fondamentali dei lavoratori digitali nel contesto urbano” a Bologna dal Sindaco Virginio Merola e dall’assessore al Lavoro Marco Lombardo, da Riders Union Bologna, dai segretari di Cgil, Cisl e Uil e dai vertici di Sgnam e Mymenu, marchi della nuova società Meal srl5, una tappa importante per il riconoscimento degli obiettivi portati avanti dalle lotte dei riders.

Secondo uno studio dell’INAP 6, nel 2020/21 rientravano in questa categoria 570.000 lavoratori, così suddivisi: 36,2 % consegna pasti a domicilio (i rider), 14% consegna prodotti o pacchi, 4,7% autisti (tipo Uber), 9,2 % lavori domestici, 34,9% attività on line, 1% altre attività). Il 70% dei lavoratori ha tra i 30 e i 49 anni, nell’80 % dei casi questa è la principale fonte di reddito di chi lo svolge (era il 49% nel 2018), solo l’11% ha un contratto di lavoro dipendente. In molti casi, secondo lo studio, si può parlare di “caporalato digitale” con lavoratori “schiavi dell’algoritmo”, che decide del loro futuro in base alle prestazioni o ai giudizi dei clienti. Nel complesso “si tratta di un lavoro povero, fragile […] una nuova precarietà digitale”. L’indicazione del report viene da un articolo, peraltro molto esaustivo, pubblicato in Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe n. 3, Maggio 2022 (pag. 31-36).

Queste prime note sui tentativi di regolare la cosiddetta ‘gig economy’ -assieme ad alcune informazioni sulla sua struttura e dimensione- hanno lo scopo di introdurre all’evento che getta una luce sinistra su uno dei protagonisti dell’economia delle piattaforme i cosiddetti Uber Files, una massa di 124.000 notizie fatte trapelare al Guardian e condivise con il International Consortium of Investigative Journalists7. Ne emerge un quadro di attività che non può essere definita come semplice lobbying quanto piuttosto come una azione di corruzione nei confronti del mondo politico e accademico8, di falsificazione di informazioni nei confronti di polizia e magistratura9 oltre che vera e propria istigazione a sommosse di piazza, il tutto a proprio beneficio.

All’origine di queste rivelazioni – il cosiddetto whistleblower- c’è Mark Macgann10 un lobbista che diresse le azioni di Uber nei confronti dei governi di Europa, Medio Oriente e Africa, vale a dire la regione che nell’organizzazione delle multinazionali è nota come EMEA; a quanto pare preso dal rimorso per un attività prolungata di aggiramento, trasgressione delle leggi, nella quale ebbe una parte di primo piano come membro di un gruppo che coordinava quel tipo di attività, che mirava a cambiare le norme sulle licenze per i taxi, ciò in almeno 40 paesi. MacGann afferma Uber è riuscita a influenzare i livelli più alti dei governi in paesi come Francia, Russia e Gran Bretagna.

Un colpo durissimo è sferrato da queste rivelazioni nei confronti di Macron, quando come ministro dell’economia -tra il 2014 ed il 2016- si attivò per smontare le rigide norme che regolavano in Francia le attività di tax11.

Macron manifestava pubblicamente una straordinaria ammirazione per il fondatore di Uber12.

“L’entusiasmo iniziale di Macron per Uber e ciò che sentiva rappresentasse era assoluto. Nominato nell’agosto 2014, non ha fatto mistero della sua ambizione di abbracciare la nuova economia digitale e scuotere il rigido mercato del lavoro francese nel tentativo di invertire l’aumento della disoccupazione, specialmente dove era più alta – tra i giovani scarsamente qualificati provenienti da ambienti immigrati. Voleva una “nazione startup” e Uber poteva rappresentarla”. Significativa è una intervista a Mediapart13. L’orientamento  di Macron si scontrava con quello di altri membri del governo in particolare il ministro dell’interno Bernard Cazeneuve, il cui ministero era titolare dell’emissione delle licenze per i taxi; mentre Macron mostrava la volontà di aggirare una norma appena introdotta, legge Thévenoud ,restrittiva nei confronti  delle attività classificate come VTC (véhicule de tourisme avec chauffeur) in cui ricadeva la piattaforma Uber.

Un pomo della discordia chiave era il servizio UberPop “da persona a persona” di Uber, che permetteva ai privati di offrire corse nelle proprie auto. Per Uber, questo era il car-sharing; per le autorità francesi si trattava di un servizio di trasporto commerciale non regolamentato, vietato dalla nuova legge Thévenoud e dal decreto del governo locale. Nei confronti questa modalità si scagliò la protesta dei tassisti francesi, sino all’invasione degli uffici della compagnia a Lione e Parigi.

La capacità di Macron di favorire Uber, a quanto pare, fu comunque limitata dai suoi reali poteri in quanto ministro dell’economia e nei rapporti di forza interni al governo. Macron diventerà presidente dopo aver fondato il suo movimento ‘En marche!’ il 7 maggio del 2017.

Thévenoud, autore della legge – apparentemente osteggiata da Macron – che di fatto ha messo fuori legge servizi come UberPop, ha contestato la valutazione delle condizioni di Uber in Francia. Ha accusato il governo di Macron di non aver riconosciuto le decisioni delle più alte corti francesi di riclassificare i conducenti di Uber come dipendenti retribuiti. “Il punto è che oggi il governo francese è probabilmente il governo più pro-Uber nel mondo occidentale“.

Indubbiamente Macron è il personaggio politico più coinvolto dalle rivelazioni di MacGann  anche rispetto all’importanza della sua carica in quanto presidente della Repubblica di Francia appena rieletto. Al suo fianco spicca Neely Koes al tempo vice-presidente della Commissione Europea14.

I dati sembrano mostrare Kroes, che era stato il principale funzionario dell’UE sulla politica di Internet, si offriva di organizzare una serie di incontri per Uber durante il suo “periodo di riflessione” di 18 mesi dopo aver lasciato la commissione. 

Il periodo di riflessione mira a ridurre i conflitti di interesse limitando i posti di lavoro che i commissari possono assumere una volta che si sono dimessi. Nel caso di Kroes è andato da novembre 2014 a maggio 2016, quando è stato annunciato che sarebbe entrata a far parte del comitato consultivo per le politiche pubbliche di Uber. Per questo, è stata pagata $ 200.000 all’anno, suggeriscono i documenti.

La Kroes si è distinta attaccando, mentre era commissario europeo, la decisione di Brussell di bandire l’app, descrivendo la mossa come folle e finalizzata a proteggere il ‘cartello dei tassisti’.

Nel marzo 2015, MacGann ha ammonito un consulente che ha messo il nome di Kroes su un documento: “Quello è stato un errore (understatement)”, ha scritto. “Il suo nome non dovrebbe mai figurare su un documento, sia interno che esterno. Abbiamo un rapporto specifico con Neelie Kroes in questo momento, che è sensibile e altamente confidenziale”.

La documentazione mostra come la sua attività si sviluppò anche nel suo paese in Olanda.

Per quanto riguarda l’Italia, L’Espresso – unico media italiano a far parte del consorzio giornalistico internazionale – rivela che In Italia, Carlo De Benedetti – già azionista di Uber – avrebbe fatto forti pressioni sul governo-Renzi per favorire la multinazionale americana. Nelle mail dei manager americani, Renzi, che all’epoca dei fatti era Presidente del Consiglio in Italia, viene definito “un entusiastico sostenitore di Uber”, ma il leader di Italia Viva – a L’Espresso – spiega di non aver “mai seguito personalmente” le questioni dei taxi e dei trasporti15.

Euronews ha intervistato Dean Starkman, Senior Editor del Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi: “Emmanuel Macron, ovviamente, è un personaggio di spicco. Ma anche Joe Biden, all’epoca vice presidente, e qualcosa come una dozzina di ex collaboratori dell’amministrazione Obama, alcuni dei quali di alto livello, hanno abbracciato il modello Uber, che – per definizione – mette a repentaglio le tutele del lavoro e i diritti dei lavoratori”.

Quando l’allora vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, all’epoca sostenitore di Uber, era in ritardo a un incontro con l’azienda al World Economic Forum di Davos, Kalanick ha inviato un messaggio a un collega: “Ho fatto in modo che i miei gli facessero sapere che ogni minuto di ritardo era un minuto in meno che avrebbe avuto con me”. Dopo aver incontrato Kalanick, Biden sembra aver modificato il suo discorso preparato per Davos nel riferirsi a un CEO la cui azienda darebbe a milioni di lavoratori “la libertà di lavorare tutte le ore che desiderano, gestire la propria vita come desiderano.

Il quadro che emerge da queste rivelazioni mostra in modo eclatante quali siano le modalità di gestione della cosiddetta Gig Economy, quale concentrazione di profitti e potere ne derivino e quali influenza siano in grado di esercitare nei confronti dei governi e delle classi politiche in generale. Il quadro non è scevro di contraddizioni come abbiamo evidenziato anche nelle note iniziali, tuttavia il processo di innovazione e riorganizzazione delle filiere produttive, dei servizi e della logistica tramite l’innovazione tecnologica digitale procede inarrestabile e propone sempre nuove sfide alle istituzioni regolatrici. La Gig Economy interviene nella carne viva della forza lavoro ed è parte della riorganizzazione sociale, relazionale, finanziaria e produttiva che gli oligopoli del digitale producono, realizzando nuove forme di estrazione di valore dalla cooperazione sociale, intervenendo in modo nuovo nel governo complessivo delle società. I protagonisti di questa rivoluzione permanente sono in grado, tramite i capitali accumulati, di produrre svolte drammatiche all’organizzazione sociale, ogni volta che se ne presenti l’occasione, costituiscono un potere privato in grado di determinare svolte strategiche negli assetti sociali.

Nel contesto dell’intreccio delle crisi che caratterizza questi nostri anni -pandemica, climatica, ecologica, geostrategica, finanziaria, alimentare e ed energetica- le strategie di intervento  degli stati a livello regionale e globale devono fare i conti con queste concertazioni di potere tecnologico, finanziario e finanche politico nella loro capacità di influenzare non solo la classe  politica, ma gli orientamenti delle popolazioni, contribuendo alla crisi dei dispositivi democratici e di partecipazione.

Tornando allo specifico, il ruolo delle piattaforme, come strumento di organizzazione del lavoro, della mobilità e delle relazioni, con la loro pervasività, capacità di raccogliere in tempo reale una mole straordinaria di informazioni sui processi sociali nei quali intervengono, mostra quali strumenti le tecnologie mettano a disposizione per il governo delle società, nell’intreccio complesso delle crisi di cui sopra. Nessuna visione ingenua – e sostanzialmente in mala fede- sulla eliminazione di ogni intermediazione, sul potere salvifico in sé delle forme di partecipazione digitale, semmai un riferimento al primato del mondo della vita, della sua complessità, della sua biodiversità, della stratificazione dei suoi tempi contro ogni mistica dell’istantaneità; tuttavia la posta in gioco è l’appropriazione del governo sull’ecosistema  tecnologico, sul dispositivo digitale globale che lo pervade, la rottura degli oligopoli che lo possiedono e governano, la riappropriazione di scienza, conoscenza e tecnologia.

Nessuna ingenuità nel pensare che fare questo sia necessario un intreccio di movimenti globali, radicali e radicati, in ogni territorio e piega delle formazioni sociali.

Roberto Rosso

13/7/2022 https://transform-italia.it

  1. https://www.bbc.com/news/business-56123668.[]
  2. https://www.politico.eu/article/spain-approved-a-law-protecting-delivery-workers-heres-what-you-need-to-know/.[]
  3. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52021PC0762. []
  4. https://ec.europa.eu/eures/public/eu-proposes-directive-protect-rights-platform-workers-2022-03-17_it  https://ec.europa.eu/social/BlobServlet?docId=24991&langId=it.[]
  5. http://www.comune.bologna.it/archivio-notizie/firmata-bologna-la-carta-dei-diritti-fondamentali-dei-lavoratori-digitali-nel-contesto-urbano.[]
  6. Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, “Lavoro virtuale nel mondo reale: i dati dell’Indagine Inapp-Plus sui lavoratori delle piattaforme in Italia”, A cura di Francesca Bergamante, Francesca Della Ratta, Massimo De Minicis, Emiliano Mandrone, gennaio 2022, https://www.startmag.it/wp-content/uploads/Policy-brief_lavoratori_piattaforme_Italia.pdf  https://www.inapp.org/it/inapp-comunica/sala-stampa/comunicati-stampa/04012022-lavoro-inapp-%E2%80%9Caltro-che-gig-economy-8-lavoratori-su-dieci-delle-piattaforme-%C3%A8-una-fonte-di-sostegno-importante-o-addirittura-essenziale%E2%80%9D.[]
  7. https://www.theguardian.com/news/series/uber-files  https://www.theguardian.com/news/2022/jul/10/what-are-the-uber-files-guide   https://www.icij.org/investigations/uber-files/ []
  8. https://www.theguardian.com/news/2022/jul/10/emmanuel-macron-secretly-aided-uber-lobbying-drive-france-leak-reveals https://www.theguardian.com/news/2022/jul/12/uber-paid-academics-six-figure-sums-for-research-to-feed-to-the-media https://www.theguardian.com/news/2022/jul/10/former-eu-digital-chief-neelie-kroes-secretly-helped-uber-lobby-dutch-pm-leak-suggests. []
  9. https://www.theguardian.com/news/2022/jul/10/uber-files-leak-reveals-global-lobbying-campaign.[]
  10. https://www.theguardian.com/news/2022/jul/11/uber-files-whistleblower-lobbyist-mark-macgann.[]
  11. Emmanuel Macron went to extraordinary lengths to support Uber’s lobbying campaign to help it disrupt France’s closed-shop taxi industry, even telling the tech company he had brokered a secret “deal” with its opponents in the French cabinet.[]
  12. https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2022/07/12/uber-files-qui-est-vraiment-travis-kalanick-le-tycoon-au-volant-de-l-uberisation_6134473_4500055.html.[]
  13. https://www.youtube.com/watch?v=2ZWZF0jRslk.[]
  14. https://www.theguardian.com/news/2022/jul/10/former-eu-digital-chief-neelie-kroes-secretly-helped-uber-lobby-dutch-pm-leak-suggests.[]
  15. https://it.euronews.com/2022/07/11/uber-files-de-benedetti-fece-pressioni-sul-governo-renzi-coinvolti-macron-e-biden.[]
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